[...] Quell’estate fu una delle più torride della mia vita. Avevo trentotto anni ed ero, sulla carta, una donna appagata. Un marito tranquillo, un lavoro tranquillo, due figli tranquilli, per quanto lo si possa essere a cinque e sette anni. Vivevamo in una villetta di proprietà dei miei suoceri, un giardino curato, le tende immacolate alle finestre, un arredamento sui toni del beige. Pochi soprammobili, molti libri. Tutti i fine settimana erano impegnati a distribuire visite a genitori e parenti, nel tentativo, non sempre riuscito, di incastrare i tempi, rispettare gli accordi e mantenere gli equilibri, cercando di incasellare alla perfezione i tasselli di un mosaico familiare che gli altri non esitavano a definire quanto più prossimo alla perfezione. Le mattine lavoravo come segretaria d’azienda nella ditta di import-export di un amico di famiglia. Un impiego senza infamia e senza lode, mentre i figli erano uno all’asilo e l’altro a scuola. I pomeriggi correvano veloci tra compiti, giochi, incombenze domestiche. Un’esistenza in linea con le aspettative di tutti. Le mie, per prime. Da sempre mi ero immaginata così. O, meglio, non avevo mai immaginato nulla di diverso. Avevo costruito un ménage familiare in perfetta assonanza con un’educazione rigida che faceva del rispetto delle regole la propria ragion d’essere.[...]
[...] E il corpo stava parlando per me. Iniziai a dimagrire velocemente, mentre a ogni ciclo mi contorcevo dai dolori, tanto che una volta dovetti andare al Pronto Soccorso. Semplice cistite, dissero. Provavo un malessere diffuso, non riuscivo a tenermi in piedi, facevo fatica a uscire di casa e non sapevo più come giustificare le sempre maggiori assenze ai pranzi domenicali. Un affronto insostenibile. Quando, per compiacere mio marito, e per mantenere una parvenza di normalità, mi costringevo a una frequentazione forzata, soprattutto per le feste comandate, tornavo a casa in preda agli spasmi della nausea, dovuti all’aver trascorso ore intere intontita dal cicalare volgarotto dei parenti e dal ripetersi maniacale di formalismi retorici, intervallati da portate pantagrueliche, ostentate con il chiaro intento di sottolineare la mia incapacità di fare altrettanto. [...]
Tratto da REALE VIRTUALE di Viviana Picchiarelli
a cura di Costanza Bondi