Magazine Arte
In collaborazione con Galleria Michela Rizzo
Scatolabianca è lieta di annunciare la prima mostra personale della giovanissima Sofia Silva, Padova 1990.
Il lavoro pittorico di Sofia Silva parte da un’indagine introspettiva altamente individuale che sconfina in onde vaghe e altalenanti, in una zona liminale in cui tutto è permesso e l’ambiguità si esprime per gesti e pennellate sapienti e al contempo ancora perfettamente immature. La sua crescita è veloce come la sua costanza nel guardare attenta una realtà che l’occhio consegna immediatamente a zone della mente e del cuore con fiammate e contraddizioni che sfiniscono tanto quanto attraggono. Il titolo della mostra è anch’esso irrisolto concettualmente trattandosi di un ossimoro catturato da Silva da un titolo di Vladimir Nabokov. Ciò che contiene la sua pittura è certamente una temperatura caldissima e un’ipotesi di redenzione da colpe che appartengono all’essere umano come dimensione atavica e profonda. La superficie pellicolare delle sue tele rimuove attraverso contrasti cromatici, intrusioni di generi, mescolanze e seduzioni, una noia che possiedono latente i soggetti rappresentati. Tale operazione salvifica è un tentativo di sguardo sul mondo, una presenza costante che l’artista esercita con ossessiva passione e pratica necessaria. I suoi dipinti posseggono un’indipendenza che Silva rincorre di continuo e che in realtà possiede anche senza esserne consapevole.
Espressionista contemporanea, Silva intervalla tratti violenti a campiture estese e l’immaginario rimbalza tra il grottesco e la suggestione più profonda con una determinazione che appartiene solitamente a retaggi esclusivamente personali. La realtà oggettiva diventa, sotto le sue mani, un corpo o un paesaggio che sono frutto di un sogno psichico tanto lontano da collocarsi in una zona ignota. Sta di fronte all’uomo Sofia Silva e di fronte a se stessa con una necessità priva di qualifiche, ombreggiata da oppressione e perenne perdita di sollievo. Dalle sue tele è assente ogni elemento inessenziale, ogni orpello retorico. Le forme sono tutto e niente e mentre lo sguardo si fa opaco l’esaltazione delle differenze tra i colori forti ci parlano di uno straniamento di confine, laggiù, dove la mente è più forte della verità. La loro invadenza, il loro eccesso, trasmettono una storia di pittura altamente concettuale, talmente allusiva e simbolica, dilatata ed abnorme, da approntare uno spazio vero dove le presenze scorrono istantanee sotto i nostri occhi. Le immagini con cui questa giovanissima artista ci sovrasta pretendono un’esclusiva che spaventa. E l’ipotesi è che annichiliscano anche il loro portatore, che l’artista rimanga nascosto sotto gli eventi che crea serrato tra il suo personalissimo itinerario lirico e la persuasione del suo sogno. In ogni rappresentazione trapelano le percezioni che accompagnano la sua vita d’artista e di essere umano consentendogli di recuperare, nel proprio atteggiamento fantastico, il rapporto ripetitivo e costante con il mondo esterno. Il suo segno sulla tela ripropone la sua cifra stilistica in completa evidenza, sia che si tratti di tracciare il profilo di una casa, di una montagna, di un bambino o di una donna. Freud dice che “gli istinti sono i nostri miti”. Per Sofia Silva vale l’opera, il quadro, in cui l’istinto si esprime detenendo in sé tutte le interrogazioni e l’atto del vivere.
In mostra è presente una stampa fotografica con adesivo incollato su vetro, opera che per l’artista rappresenta l’inizio del passaggio determinante dalla fotografia alla pittura.
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