Nel corso della sua lunga e scoordinata militanza, un pezzo di strada insieme a loro la ‘povna l’ha condiviso (lo ha già detto). E – anche se (pure questo l’ha ripetuto spesso) ha imparato a diffidarne, da vari punti di vista – aveva conservato, fino a oggi, il rispetto per un modo di vedere (e, dunque, di fare) la politica che ha portato alla società (civile, ma anche no) un sacco di conquiste. Nonché la consapevolezza che pochi come loro sanno davvero intendere – nelle sue ragioni attuali, non meno che storiche – il concetto di laicità dello Stato.
La storia recente, dopo quel referendum, aveva poi fatto il suo corso. E la ‘povna si era trovata, con loro, spesso in disaccordo. Ma questo non le aveva impedito di sostenere Emma in regione, all’occorrenza. E nemmeno di lasciare loro convintamente, volta dopo volta, la sua firma: perché era convinta che – se le parole “diritto di tribuna” conservano un proprio e grande senso – questa possibilità, in Parlamento, potesse spettare soprattutto a loro.
Per questo, prima di ogni elezione, la ‘povna (che pure non li ha votati mai – e certo non comincia adesso) si è recata a cercarne i banchetti: “Eccomi qui: vi aiuto volentieri per la presentazione delle liste, anche se poi la mia preferenza è altrove”.
Prima di ogni elezione, meno questa. Perché vi sono affermazioni che travalicano la presunzione di buon senso: e la scelta di presentarsi con Storace, in nome di un sedicente accordo “tecnico” è tra queste. E la ‘povna non parla soltanto dei deliri di Pannella. Perché quelli, per chi conosce il movimento, sono da tempo e solo prevedibili (e, per favore, astenersi da considerazioni su fame, sete e carceri, che sono cose serie). La ‘povna si riferisce ai tentativi (imbarazzanti) di giustificazione del Tesoriere radicale, di professione arrampicatore sugli specchi. Oppure alla protesta di Mario Staderini, di professione sedicente segretario. Perché un segretario che si dichiara contrario a una mossa di una tale pregnanza politica, e per di più porta con sé metà partito, ma poi conclude impunemente: “Ma comprendo anche le ragioni opposte alle mie e credo che sia un momento duro per i compagni che devono decidere su questa situazione. Sia chiaro, però, i Radicali rimarranno sempre loro stessi, non cambieranno certo per un apparentamento tecnico”, per prima cosa rivela nei fatti di non avere autonomia decisionale nemmeno su quanto zucchero possa versare nel caffè di mezzogiorno, e dunque dovrebbe dimettersi; e in secondo luogo conferma una vocazione al caudillismo di una ‘dirigenza’ che di politica ha soltanto l’autoconsapevolezza. Mentre, nei fatti, continua a ripetere le parole dell’anziano totem come un mantra, confondendo la cosa pubblica con una partita di Dungeons&Dragons.
Per fortuna esiste la scuola, e la ‘povna ci va ogni giorno. Perché questo solo, e uno sceneggiatore compiacente, le ha impedito fino a oggi di esercitare quello che riteneva un suo dovere civico. La ‘povna dunque ancora non ha firmato niente. Né firmerà qualcosa, questo è certo.
Perché i Radicali sono ai suoi occhi, oggi, fuori da tutto. Dalla politica, dal consiglio regionale, dal Parlamento, dalle scatole, dalla loro stessa testa.
E dunque lei sceglie di dedicare queste 60 ore del suo tempo prima della chiusura definitiva (21 gennaio) delle liste a convincere un numero di persone il più possibile alto a NON firmare per la presentazione, ovunque, di quelle radicali.