Fuori dai denti!

Creato il 25 novembre 2011 da Conflittiestrategie

1. Riporto subito il link di un articolo di Festa, buono ma non esaltante; serve solo come innesco ad un discorso di scarsa diplomazia.

http://www.ilgiornale.it/interni/quella_trappola_svendere_finmeccanica/finmeccanica/22-11-2011/articolo-id=558225-page=0-comments=1

Tutti coloro che manifestano contrarietà rispetto all’attacco che sta subendo l’Italia tendono a “scartare di lato”. O mettono al centro del discorso l’islamismo che sta espandendosi (certamente allora affiora anche qualche critica ad Obama, ma senza andare a fondo del problema) o si scatenano oggi contro la Germania, o puntano l’obiettivo contro quelli che vogliono impadronirsi, per puri motivi economici (purezza economica solo presunta), dei bocconi prelibati italiani: com’è la Finmeccanica e, appunto, l’Eni. Nessuno affronta il centro della questione: il tentativo di ristrutturazione dei rapporti internazionali, in cui l’offensiva spetta da sempre – dal crollo del sedicente socialismo e dell’Urss – agli Usa. In un primo tempo, essendo però convinti di essere ormai entrati in un lungo periodo monocentrico, oggi accettando che siamo in una situazione di tendenziale multipolarismo, senza dubbio assai imperfetto data l’ancora netta superiorità (e non solo militare, ci si convinca di questo) degli Stati Uniti.

La strategia che continuerò a definire del caos e della “balcanizzazione” mira a far fronte alla nuova situazione. Caos non significa agire a tentoni e a casaccio; si hanno sempre precisi progetti in testa. Ed esiste perfino una matematica del caos. Comunque, simile strategia, in termini non matematici, l’ho imparata a nemmeno 10 anni, gettando acqua in un rete di canalicoli (scavati in lastre di marmo di un pavimento) e cercando di dirigere la più gran parte della sua massa verso un lato del pavimento (almeno un po’ inclinato e versando quindi l’acqua nel lato che aveva “la supremazia”, era cioè più alto). Ci si può riuscire, ma con rischi di perdita del controllo dello scorrimento acqueo e accettando in ogni caso che una parte del liquido prenda strade diverse; si tenta però di dirigerne la quota maggioritaria verso la direzione prescelta, ammettendo una certa dispersione in direzioni non volute. Così pure “balcanizzazione” significa solo un’esasperazione della politica del divide et impera, così da risparmiare l’impiego delle proprie forze in attacchi diretti, utilizzando invece i sicari, mettendoli anche in contrasto, più o meno sordo e latente o invece rumoroso e aperto, fra loro. Spesso ci si serve non di semplici sicari, ma di “soggetti” tesi ad una propria affermazione, per la quale si scontrano in date aree con altri di più o meno pari forza.

L’attacco alla Finmeccanica e all’Eni – come residui di settori strategici, o comunque assai proficui, già smantellati in buona parte nella prima operazione di asservimento del paese (“mani pulite”, nel ’92-’93, e successivi), sempre ad opera di quella che è stata falsamente definita “sinistra” mentre era semplicemente un’ammucchiata di rinnegati e traditori, ormai proni, anche perché ricattabili, alla un tempo nota “manina d’oltreoceano” – ha la sua importanza nel ridurre l’Italia a paese “complementare” ad un sistema socio-economico (e politico-militare) predominante, quello che ha il suo vertice negli Usa. E’ solo uno dei mezzi, ma ha comunque una sua efficacia. L’atlantismo, di cui tali attacchi sono parte, non è altro appunto che l’accettazione della predominanza degli Usa quale supremo arbitro e possibile centro regolatore dell’area che ad essi si subordina. Con il corollario che detta subordinazione ha effetti di impoverimento di (di trasferimento di risorse da) tale area, concomitante tuttavia ad un rafforzamento (ed arricchimento) di gruppi subdominanti con una serie di strati sociali “di contorno”, rappresentanti indubbiamente una quota minoritaria della popolazione; minoritaria ma non marginale, soprattutto se comprende gran parte del ceto intellettuale e se i suddetti subdominanti  controllano i mass media.

Riparleremo comunque in ulteriori scritti di questa tendenza alla formazione di un centro predominante con una serie di scherani subdominanti, tendenza in atto soprattutto nell’area detta “occidentale” (europea e in parte asiatica, soprattutto il Giappone per lunga tradizione, a partire dalla sconfitta nella seconda guerra mondiale). Qui mi interessa mettere in luce l’ipocrisia dell’attacco ai settori di possibile uso per una propria maggiore autonomia dal centro a base di accuse di corruzione, fondi neri per influenzare la politica, ecc. Intanto, diciamo che appartengo ad una famiglia medio-industriale e ho lavorato un quinquennio nell’azienda paterna (scomparsa da molto tempo) pur avendo già compiuto la mia scelta comunista. Una media azienda come quella aveva sempre fondi particolari per evenienze che tentano di non sottostare alle meravigliose regole della smithiana “mano invisibile”. I liberisti, imbroglioni “patentati”, non rivelano mai che ciò è normalissimo, a qualsiasi livello dimensionale dell’impresa; ma certamente diventa essenziale e dirimente per le grandi concentrazioni imprenditoriali. Tali personaggi non sono fessi, sanno bene, e spesso per esperienza diretta – consigli di amministrazione, collegi dei sindaci, organismi vari di controllo delle “regole”, che ogni tanto colpiscono i trasgressori, altre volte non trovano prove, altre volte ancora fanno apposta a non trovarle, ecc. ecc. – come si comportano le aziende; quindi mentono sapendo di mentire.

Che “professoroni” come quelli messi al governo attualmente, mediocri in tutti i sensi e soprattutto come uomini, insegnino balle ai loro studenti (salvo quando poi li cooptano al loro seguito), è normale; ai giovani è bene creare qualche illusione sul mondo in cui vivranno, poi “la vita” insegnerà loro la realtà. Sfuggono alla lezione della vita quei pochi che riescono a cacciarsi nella scuola e Università (solo però quelli che insegnano materie dette umanistiche), i quali, poveretti, restano generalmente dei fessi; non tutti per la verità, a volte qualche trucco lo imparano pure loro. In realtà, le regole devono essere infrante; esse però servono mirabilmente quando qualche gruppo ha perso quota e si indebolisce politicamente, venendo allora punito duramente per avere eluso la “legalità”. Guai se non c’è quest’ultima. Come infatti si può ingannare il “poppolo” circa il fatto che i perdenti vengono eliminati soprattutto politicamente dai vincitori, mentre il mercato è l’apparenza “oggettiva” che copre la realtà? Elementare Watson: si trovano negli ormai destinati a perdere tutte le magagne possibili. Perché quando le si vuol trovare, si trovano immancabilmente, magari perfino con qualche invenzione; basta che sia mediaticamente ben supportata e riesca a durare il tempo necessario a far fallire quella o quelle determinate aziende, poi talvolta si può anche ripristinare la “verità”.

Tanto per fare un esempio che conosco, minimo in realtà ma pur sempre rappresentativo dell’insieme, ricordo nel periodo del boom (attorno al 1960) un contenzioso durato qualche anno in merito all’alcool denaturato rigenerato. Evitando le imposte che gravavano sull’alcool buon gusto, venivano fabbricate alcune bevande alcoliche (ad es. vermut) a costi più bassi, battendo sui prezzi chi non si fidava ad usare il rigenerato (o, soprattutto, non aveva le stesse protezioni per non essere “beccato”). Così alcuni contadini arricchiti, divenuti industriali con forti appoggi “cattolici” (leggi democristiani), costruirono una parte almeno della loro “accumulazione originaria”, mentre industriali vinicoli di più antica tradizione, che confidavano nell’ancor notevole presenza nei Ministeri (in tal caso quelli dell’Industria e Commercio e dell’Agricoltura) del vecchio personale direttivo degli anni ’30, speravano di poter strappare una diversa legislazione, atta a scoprire e punire i truffatori. Le leggi sono però fatte in Parlamento dove i Dc dominavano; quindi anche nei Ministeri ci si adattava ai nuovi “padroni”. Non se ne fece nulla e chi doveva arricchirsi si arricchì (e qualcuno veniva anche a casa mia ed è oggi ben noto; ma nomi non se ne fanno, per carità), e gli altri dovettero chiudere o ridurre i loro guadagni e la loro potenzialità produttiva: sempre per il “favoloso mercato”, ovviamente, dove infatti, se esiste concorrenza, ci si batte a suon di costi più bassi e prezzi più favorevoli. Solo che non si dice come tutto ciò venga spesso ottenuto; non sempre con innovazioni tecnologiche.

2. Ho citato solo un piccolo esempio. Sappiamo comunque come Mattei si vantasse pubblicamente di pagare tutti i partiti, della maggioranza e delle due opposizioni (Pci e Msi). Tra la fine degli anni ’60 e l’inizio ‘70 – in anni pre-berlingueriani e pre-compromesso storico, quando ancora il Pci poteva considerarsi in larga misura oppositore, soprattutto non ancora teso al passaggio di campo (filo-atlantico, pur mascherato in varia guisa per i tonti della “base”, e venuto apertamente in luce solo dopo il crollo dell’Urss) – ebbi la ventura o fortuna di conoscere alcuni retroscena dell’amministrazione piciista. Non ne parlo se non genericamente perché ho solo i miei orecchi ed occhi come testimoni. Critico però innanzitutto gli ipocriti del centrodestra, che hanno sempre strombazzato i finanziamenti al Pci da parte dello straniero e per di più nemico (Unione Sovietica e altri paesi “socialisti”). Si tacciano, per favore; sono stati finanziati in tutte le salse dagli Usa, anche per provocare scissioni di partiti e creazione di sindacati “gialli”; e altro ancora. La smettano pure di cianciare di organizzazioni “parallele” del Pci o del “terrorismo” brigatista; proprio loro, che hanno all’attivo la Gladio e i settori Nato sempre pronti a “scattare” ove non ci fosse stato il passaggio di campo piciista già menzionato.

Comunque, il “Partito” aveva rapporti soprattutto con le grandi banche e con tutta l’industria pubblica e privata; a volte vi erano pure certi ottimi rapporti di tipo personale tra dirigenti politici e quelli imprenditoriali, ecc. Il sottoscritto, m-l e maoista, mai si sognò di criticare per questi rapporti – del tutto sacrosanti nella mia visione relativamente concreta di come si mantiene un’organizzazione complessa, se vuole contare qualcosa – i settori del Pci con cui avevo qualche contatto e che erano, fra l’altro, appartenenti alla cosiddetta “destra migliorista”; mentre la polemica era invece netta dal punto di vista della politica del partito e dei “principi”. Figuriamoci, comunque, che cosa accadde dopo il 1972 e soprattutto dopo il 1976 (“compromesso storico”) e il 1978 (viaggio “in Merica” per nuovi rapporti, ecc.). Sono perciò rimasto inorridito (e tuttavia perfino un po‘ divertito) all’epoca di “mani pulite”; ho capito subito di che operazione si trattava (e perché, ad es., Tiziana Parenti, che pensava di coinvolgere nella tangentopoli il Pci, fu drasticamente estromessa dal “pool” di Milano, pur se il miliardo di Gardini era stato seguito fino alla portineria di Botteghe Oscure n. 4; ma “ai piani superiori”, guarda un po’, “potevano non sapere”).

Quando scrissi il mio pezzo nel Teatro dell’assurdo (1994-95; l’altro lo scrisse Preve, ed è di tipo culturale), non ho giocato all’indovino. Non sapevo ancora nulla del Panfilo “Britannia” e di altre cosucce varie; inoltre, una parte della devastazione compiuta nei confronti dell’industria pubblica, ecc. è stata realizzata successivamente, sull’onda di quella svolta. Comunque, capii subito il tenore e gli scopi della manovra detta “di giustizia” (per porla in atto, si attese non a caso il crollo dell’Urss). Sostenni immediatamente che la “sinistra” non era veramente tale, bensì un’ammucchiata di laidi rinnegati. Dunque, non ebbi dubbi nell’indicarla come il cancro di questo paese e subito sostenni che sarebbe stato necessario operare al più presto chirurgicamente; e non soltanto nei confronti di ristretti vertici, poiché il ceto medio semicolto che ne costituisce la base sociale è altrettanto disgustoso e pericoloso, e dunque meritevole di drastica punizione. Certamente, però, mi rendevo conto che gli Usa erano ormai l’unica potenza rimasta e avrebbero sostenuto questi rinnegati, i più docili e anche violenti e faziosi lacchè che potessero trovare.

Tuttavia s’intromise, indubbiamente per ragioni proprie e senza alcun intento di autonomia dagli Usa, l’ometto che sappiamo. I rinnegati, presi alla sprovvista, costruirono immediatamente il Mostro, che ha condizionato la vita del paese per poco meno di vent’anni (e non credo che la farsa sia ancora finita del tutto). Resto convinto vi siano stati alcuni settori, probabilmente inseriti almeno in buona parte nell’economia “pubblica”, decisi ad appoggiarlo; tuttavia molto nascostamente. La loro debolezza si è resa negli anni sempre più evidente e penso non siano nemmeno riusciti ad assumere le posizioni di vertice nelle imprese pubbliche strategiche; non sono stati comunque in grado di sostituire appena possibile il poco appropriato leader, assai pauroso come dimostrato non appena gli Usa di Obama gli hanno trasmesso, sempre a mio parere, il famoso “consiglio che non si può rifiutare”. Così il Mostro – molto differente da quello di vero spessore creato dalla penna di Mary Shelley – ha dimostrato d’essere, come da me più volte ricordato, una sorta di “malattia autoimmunitaria”, che alla fin fine non contrasta gli effetti dell’agente patogeno.

La (falsa) sinistra, produttiva di cancro e metastasi, avrebbe dovuto trovare ben altra risposta, una risposta di chirurgia o chemioterapia intensiva. Tuttavia, una simile soluzione è resa impossibile ove si lascino prevalere i gruppi subdominanti, interessati a creare condizioni di mera complementarietà subordinata rispetto al sistema socio-economico-politico predominante, che funziona da centro regolatore dell’insieme; un centro, l’ho già rilevato, la cui politica mira – mediante l’utilizzazione sempre più spregiudicata e arrogante della propria superiore potenza – ad ottenere imponenti trasferimenti di risorse (ivi compreso il lavoro, in specie intellettuale, di ricerca scientifico-tecnica, ecc.) dai paesi subordinati verso se stesso, lasciando però in genere quote non indifferenti di reddito nelle mani degli strati predominanti nella “periferia” (dunque subdominanti nel sistema complessivo centro/periferia).

Tutte le pantomime sul Debito insostenibile, sulle imposte da elevare o invece sulle spese da ridurre – per non mantenere ceti sociali “improduttivi”, meglio detto inutili e parassitari, frutto ed esito lungo della concertazione e del compromesso storico (alcuni propongono però addirittura di attaccare perfino i diritti acquisti) – possono avere un senso soltanto se le misure da prendere vengono inquadrate in una politica che cessi di fingersi cooperativa e ampiamente europea (gli organismi UE sono irreversibilmente soggiacenti agli Stati Uniti), mettendo in conto un lungo periodo di austerità e durezze al servizio dell’azione di sganciamento da finte alleanze (con i più vicini che ti accoltellano per emergere quali subdominanti privilegiati rispetto ai predominanti) e di allargamento delle stesse in nuove direzioni, giocando sui conflitti geopolitici in fase (storica, dunque media o lunga) di accentuazione sempre più accelerata.

In realtà, dopo ben più di mezzo secolo di subordinazione ai “liberatori” americani (che, con i loro diritti umani e la loro democrazia, vessano e opprimono gli altri più minuziosamente dello stesso nazifascismo), dopo che si è accettato supinamente e perfino favorito (anche da parte di quei rinnegati e servi detti “eurocomunisti”) il collasso del “socialismo”, che tale non era – finiamola con gli inganni e autoinganni – ma comunque si opponeva più nettamente al predominio mondiale dei soltanto prepotenti (privi di cultura e di capacità egemoniche, soltanto capaci di schiacciare e uccidere), non si vede emergere nel nostro continente una forza in grado di intraprendere la dura e faticosa via dell’autonomia reale. Quest’ultima non potrà mai essere conquistata con “dolci maniere”. Ci sono gruppi subdominanti, quelli che chiamo “cotonieri”, con la loro cintura di protezione costituita da un ignobile ceto detto intellettuale e da alcuni strati sociali di puri parassiti, che dovrebbero subire una punizione più sanguinosa di quella ricevuta dai loro “simili” (molto alla larga, ben s’intende) nella guerra civile americana. Lì vinsero gli indipendentisti, qui continuano ad imperversare i servi.

Nessuno pretende certo che possiamo “fare gli americani” (come Alberto Sordi in un gustosissimo film o come nella canzone di Carosone). Tuttavia, se non ci si attrezza a tempi duri e se non si riesce a mettere in piedi un politica assai energica e radicale, con le dovute azioni di forza e gli scontri da mettere in conto con la finta sinistra dei rinnegati e i loro “padroni” (in realtà, subpadroni), di risultati concreti non se ne vedranno. Dovremo sorbirci le solite lagne dei liberisti (o invece dei “moderati statalisti”), degli europeisti o scemi o finti ingenui (in realtà ci vogliono succubi degli Usa, in particolare di quelli di questi ultimi anni), e via dicendo. E’ necessario non demordere e continuare nell’opera di demistificazione; ben sapendo la difficoltà di comprendere appieno che cosa si sta svolgendo oggi, perché sono convinto che nemmeno i promotori delle attuali politiche abbiano le idee completamente chiare. Alcune direttrici di massima li orientano, ma non sono per tutti le medesime. Bisognerà abituarsi a molti slalom e preparare il nostro stomaco a eventi particolarmente orridi e ignobili come quelli di quest’anno.


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