Oggi Malta è uscita dal medioevo: un referendum ha finalmente cancellato l’anomalia di essere l’unico Paese europeo e uno dei pochissimi al mondo a non avere il divorzio. Ma la battaglia è stata durissima contro una chiesa cattolica, che ha tentato di tutto per evitare questo passo di civiltà anche da un punto di vista finanziario (a proposito di “fate molto per tanti”) , per di più appoggiata dal primo ministro, Lawrence Gonzi (nomen homen) interessato al voto dei cattolici che a Malta sono il 72% della popolazione. Una situazione che qualcosa ce lo ricorda.
Molti sacerdoti si sono lasciati andare ad evangelici insulti contro i promotori del referendum e contro chi avesse votato a favore. Si è arrivati addirittura a negare la comunione e l’assoluzione a fedeli non allineati con la campagna antidivorzista della Chiesa. Tutte cose che secondo quanto riferisce oggi Deustche-Welle, hanno finito per irritare anche gli incerti e gli indecisi, svelando un volto inedito e sgradevole dietro i paramenti. Peccato che il Vaticano non abbia spedito a malta un po’ di quei vescovi emeriti così bravi a delirare indisturbati da noi.
Ma si sa che la Chiesa è capace di pentirsi. E sebbene ciò avvenga di norma dopo secoli, questa volta il ravvedimento è stato rapidissimo, anzi guarda caso è arrivato un’ora prima della chiusura delle urne: si il vescovo di Malta ha chiesto scusa in tempo perché la notizia fosse diffusa a urne ancora aperte. Del resto con i giornali on line era inevitabile che questo accadesse.
Però non è servito, il divorzio ha vinto lo stesso. Oddio, sapete, non mi parrebbe vero di sentire le scuse di Bagnasco o chi per lui del decennio di berlusconismo che anche la chiesa e le sue organizzazioni hanno ipocritamente appoggiato in tutti i modi. Ma la chiesa di Malta è piccola, quella italiana è come le banche internazionali, troppo grande per fallire, ma anche per chiedere scusa.