di Michele Bernelli
Milano centro. Entro in uno dei negozi più rappresentativi di una nota catena libraria e mi accingo a cercare uno dei nostri titoli. Fingo di cercarlo, in realtà so già che non lo troverò, ma penso così di convogliare su di me l’attenzione di uno dei commessi, che immagino pronto al consiglio. Mi sbaglio: non arriva proprio nessuno. Già (mi dico) come se alla Coop (paragone calzante, visto che la catena in questione ha fama sinistrorsa) un addetto si intromettesse nel mio maneggiare conserve sullo scaffale, intento a comparare etichette, per darmi le sue preferenze.
Lo cerco io, il commesso, trincerato dietro un monitor che fissa senza, ancora, apparente motivo. Gli sottopongo la mia richiesta; lui continua a scrutare impersonale, senza scarti di attenzione, lo schermo, e attimi dopo mi comunica il responso: “Mi spiace, ma non ci risulta”. Beh, nessun problema, lo vorrei prenotare. “Guardi, non ha capito, non posso proprio aiutarla, il libro non è nell’elenco generale”. Elenco di cosa, gli chiedo. “L’elenco di tutti i libri disponibili” risponde tautologico (in realtà, l’elenco di tutti i libri a loro disponibili). Guardi che è pubblicato, gli rispondo, ho visto una pubblicità (non posso dire che l’abbiamo pubblicato noi, non ho d’altra parte con me il codice ISBN che certifica l’esistenza commerciale del libro), le do il riferimento del sito dell’editore. “Beh, ma se lo conosce le conviene rivolgersi direttamente all’editore; è un servizio che noi non le possiamo fare”. Strano, mi dico: ma non era il più tipico dei servizi di una libreria, cercare e procurarsi un libro non presente sugli scaffali o in magazzino?
Esco schivando le casse, sostengo lo sguardo di un vigilante che si interroga con tutta evidenza se posso aver l’aria di un ladro di libri, ripasso sotto la storica insegna. E ripenso a quello che in tanti ci hanno raccontato, in questo anno uno della nostra vita da editori, sulla fine dei piccoli librai indipendenti, messi in ginocchio dalla forza del marketing e dalle dimensioni di scala di catene come questa.
Ci pensate, voi che appartenete – solo per il fatto di leggere queste parole – a una nicchia di lettori istruiti e fuori dal coro? Cosa ne pensano, mi chiedo, i 371 nostri amici di Facebook (ogni settimana se ne aggiunge qualcuno, e finché sono così pochi, relativamente pochi, mi piace scorrere le loro faccine, “mostra tutti gli amici”, e immaginarmi le loro storie)?
Cosa ne pensano le comunità dei lettori che si moltiplicano in rete? Leggo i consigli che si scambiano, scorro la loro biblioteca ideale, le loro ultime stroncature (e che palle! alla fine sono sempre gli stessi autori, gli stessi gran maestri della scrittura, lo stesso cartello di editori… mai qualcuno che consigli dove e da chi comprare, giusto il dilemma filosofico se è meglio il libro cartaceo o quello digitale).
Perché non parlarne un po’ più spesso, tra di noi? Giusto per non fare quelli che quando si parla di letteratura, è sempre per parlare della Letteratura con la elle maiuscola e mai di noi e di voi, e di quello che ci lega.
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