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FUORI STRADA: Angelo Fiore – Il supplente

Creato il 02 febbraio 2012 da Viadeiserpenti @viadeiserpenti

FUORI STRADA – Rubrica di approfondimento della piccola e media editoria “extra-capitolina”: ISBN – Milano

Recensione di Rossella Gaudenzi

«“Dicono che lei sia come un albero senza ombra. Io però non ci credo”».
Un albero che non è in grado di fare ombra è una ricchezza non sfruttata, può perdere di utilità, tanto più in una regione, la Sicilia, che di ombra nella stagione estiva ne ha estremo bisogno. Simile a un albero senza ombra è la sopraffina intelligenza di Attilio Forra, il protagonista de Il supplente, primo romanzo del palermitano Angelo Fiore (1908-1986), restituita ai lettori da Isbn, a quasi cinquant’anni dalla prima edizione della Vallecchi nel 1964.
Il quarantenne siciliano Attilio Forra è dotato di inquietudine e acuta intelligenza, qualità che spesso vanno a braccetto; nell’immediato dopoguerra decide di lasciare un impiego presso l’Anagrafe di un centro siciliano non meglio identificato per imbarcarsi nel ruolo di supplente d’inglese presso un piccolo paese dell’isola – nel romanzo viene chiamato B. – sfidando sé stesso, la società e soprattutto l’umanità che lo circonda: «“Qui non sono abituati a un metodo come il suo, a una cultura come quella da lei posseduta; infine, non sono abituati alla sua maniera di fare. Una preparazione seria. Un soffio vigoroso. Si vede che ha studiato con profondità e con passione; soprattutto si vede che ha una grande onestà”». Umanità gretta, invidiosa, incattivita, malpensante che porterà il supplente a soccombere e alienarsi, cosicché l’impresa diverrà una battaglia contro i mulini a vento. Quello di Forra è un quotidiano scontro con un mondo retrogrado popolato da individui meschini, come il preside Leone e il collega Grippa, e l’eccezione di un paio di personaggi illuminati dei quali a fatica manterrà la stima: «“Nessuno le darà ascolto: né gli adulti né gli imberbi. Non capiscono, né vogliono capire; sono sordi, inerti; ma tutti si reputano idonei alla vita. La loro vita ricorda l’atteggiamento di quelli che al cinematografo appoggiano i piedi con le scarpe sudice sulla poltrona davanti: non pensano che altri avrà fatto o potrà fare lo stesso con la poltrona in cui stanno seduti”».
Ma Attilio Forra vive nella costante attesa dell’evento metafisico che tutto travolgerà e sconvolgerà, anche dopo l’abbandono del paese di B. e il rientro al centro natio. Dietro la scelta del ruolo di supplente come anticamera di un’agognata autorealizzazione va letta la metafora del supplente come di colui che non trova il proprio ruolo nella vita e collocazione nel mondo, oltre che nella sfera lavorativa. A poco a poco lo straniamento del protagonista prenderà il sopravvento andando a ledere la sua sanità mentale. Forra inizierà a sentire, notte e giorno, delle voci: «Alcune delle voci prevalevano, e la continuità e costanza delle medesime teneva viva l’attenzione di Forra; egli cominciò a distinguerle, e la terza notte già le aveva familiari». Sono le voci degli “invisibili”, una cricca di depravati dediti a pratiche erotiche estreme: incesto, sodomia, pedofilia, attraverso immagini degne delle più cruente scene di Novecento di Bertolucci. Gli invisibili dapprima parlano tra loro, in seguito iniziano a interagire con il protagonista divenendo i suoi unici compagni di vita: «A Forra piace comandare. Un’ambizione inacidita; non potendo far altro, si contenta d’impartire ordini alle ombre. Il deluso, il fallito si rivale a questo modo».
Il linguaggio di un romanzo degli anni ’60 non può che essere desueto: «anfanare» per ciarlare, «ruminare» per meditare, «se ne impipano» per se ne infischiano, ridere «squacheratamente», per citare alcune espressioni.
Un romanzo d’esordio robusto, quello di Angelo Fiore, nel panorama letterario siciliano del dopoguerra. Si fa strada una letteratura in cui il realismo cede il passo a una narrazione claustrofobica e allucinatoria. Se volessimo cercare qualche illustre parentela, la troveremmo in Tozzi, Pirandello, Musil e persino Kafka, ha affermato Geno Pampaloni. Per poi concludere: «Se Angelo Fiore non è scrittore di prima grandezza, io ho sbagliato mestiere».

Nota sull’autore
Angelo Fiore (1908-1986), palermitano, lavorò come impiegato statale e come insegnante d’inglese presso alcuni istituti tecnici. Scrisse vari romanzi, tra cui Il lavoratore (1967), L’incarico (1970) e Domanda di prestito (1976). La sua ultima opera è L’erede del Beato (1981).

Angelo Fiore, Il supplente
Isbn, 2010
pp. 251, euro 15


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