FUORI STRADA - Rubrica di approfondimento della piccola e media editoria “extra-capitolina”
Lo scorso anno, 2012, si è tenuta la prima edizione di Bookcity. Un paio di settimane dopo c’è stata anche la prima edizione di Writers, festival di scritture e di scrittori ai Frigoriferi Milanesi, centro nevralgico della creatività milanese, dove, tra gli altri, trova posto l’editore “volutamente” piccolo Marcos y Marcos. In quell’occasione, incontrai Gianni Biondillo, scrittore noir milanese che spesso capita tra Pordenone, Mantova, Torino… mi ha detto: «C’era gente l’altra volta a Bookcity, c’è un sacco di gente adesso a Writers. Si vede che questo genere di manifestazioni la città le voleva».
Era vero. Quest’anno, la seconda edizione di Bookcity è stata ancora più grande – e faticosa. “650 eventi”, quasi il doppio dello scorso anno, “1200 ospiti, centotrentamila presenze, 182 sedi, 200 editori, 950 classi di scuole. E + di 100 poesie lette”. Così twitta, orgoglioso, il @ComuneMI, l’account del Comune di Milano, che organizza la manifestazione. Non si sa, quest’anno, con quanta soddisfazione da parte dei cittadini. Due risposte di due utenti della manifestazione la dicono lunga sul festival: “E il vuoto totale”, scrive@miaenne, “il mio bookcity sabato scorso l’ho passato in libreria del mondo offeso, mica a far pubblicità all’expo” replica polemico @igggy1427. Cinguettii a parte, è chiaro che una manifestazione del genere era ciò di cui aveva bisogno Milano per ricordarsi di essere la città dell’editoria.
Non si può parlare di Bookcity in generale, perché per ragioni di grandezza dell’evento, di distanze e di stanchezza fisica del week end è molto difficile seguirlo per intero. Perciò ognuno parla del proprio Bookcity, di come ha vissuto individualmente un evento collettivo, che riporta i milanesi in uno dei luoghi-simbolo della città tra i meno frequentati dai suoi cittadini – come il Duomo, anche il Castello Sforzesco è frequentato prevalentemente da turisti e pochissimo da milanesi.
Il Castello Sforzesco, centro nevralgico degli eventi legati alla manifestazione era davvero addobbato a festa: luci blu e psichedeliche si riflettevano dentro e fuori; nel frattempo, alcuni attori di Campo Teatrale, i cosiddetti “uomini-libro”, leggevano ai passanti brani da libri più o meno noti, muniti soltanto di una minitorcia per leggere, fermando ignari passanti.Il mio Bookcity è stato abbastanza defilato, salvo che per un evento in Sala della Balla al Castello Sforzesco, nel quale seguivo l’associazione con cui collaboro da tempo, PoesiaPresente. Dome Bulfaro, accompagnato dalla chitarra di Francesco Marelli, leggeva stralci di Milano Ictus, il crollo del Duomo di Milano immaginato in un’opera teatrale; ha interpretato le poesie di ZibaKarbassi, poetessa iraniana che grida la propria indignazione contro la violenza perpetrata nei confronti delle donne, nella sua terra d’origine; e poi è stata la volta del libro in versi per bambini di Patrizia Gioia, che leggendo Tita su una gamba sola ha dato voce a una bambina alle prese con i suoi piccoli, grandi problemi quotidiani in una Milano ormai perduta, quella delle case di ringhiera e dei giochi in cortile.
L’altro evento, per me significativo, soprattutto perché con il lavoro attuale non posso più partecipare attivamente, è stato l’aiuto che ho potuto dare nuovamente a quel bellissimo laboratorio di idee e di creatività che è La Grande Fabbrica delle Parole, voluto da Francesca Frediani e Barbara Martelli di Terre di Mezzo. Nel corso dei laboratori, che si svolgono da qualche anno, si fa scrivere a ogni bambino partecipante un finale a un libro scritto tutti assieme. Sia questo finale scritto, disegnato o anche solo immaginato, il risultato è sempre che ognuno dei piccoli partecipanti, attraverso una ferrea organizzazione che prevede un editore dietro le quinte a stampare e a rilegare fogli, si porta a casa un libro. A significare che la cultura non è qualcosa di altro, di lontano dal proprio mondo, ma di vicino e di “creabile” con la propria testa e le proprie mani. Ospiti di questo appuntamento sono state due sorelle straordinarie: le autrici proprio del libro che ha dato il titolo al laboratorio, La grande fabbrica delle parole, Valeria Docampo e Noelia Blanco. Valeria ha disegnato, in tempo reale e dipingendolo con brillanti tempere, bellissime illustrazioni, per la gioia dei piccoli partecipanti.Infine, l’ultimo incontro che ho seguito nel corso di Bookcity è stato quello con Andrea Vitali, che durante una merenda informale con i lettori, tutti molto interessati e interattivi, ha raccontato l’aneddotica che gli si presenta di continuo nel suo mestiere di medico condotto in provincia di Como, e che gli ispira i suoi libri. Tutto intorno, nel raccolto spazio Logan, nei pressi del castello, la mostra I gatti di Merk, con le illustrazioni feline, bellissime, del fratello Giancarlo Vitali, poi pubblicate sull’omonimo libro edito Cinquesensi, per la collana iVITALI. Una chiacchierata divertente, intellettuale, ricca di stimoli.
Questa è la Bookcity che vorrei: piccola, raccolta, informale, divertente, leggera. Speriamo che anche il prossimo anno si moltiplichino eventi come quelli che ho vissuto e vi ho appena descritto.