Magazine Cultura

FUORI STRADA: Cristiana Alicata – Verrai a trovarmi d’inverno

Creato il 15 febbraio 2013 da Viadeiserpenti @viadeiserpenti

 

Recensione di Caterina Di Paolo

FUORI STRADA: Cristiana Alicata – Verrai a trovarmi d’inverno
Una delle scene più celebri del film Tutto su mia madre è l’accorato monologo di Agrado sul significato di “autenticità”: la prostituta transessuale elenca le operazioni che ha dovuto subire per avere un corpo femminile e conclude dicendo che «una è più autentica quanto più assomiglia all’idea che ha sognato di sé stessa». È una scena decisamente almodovàriana: affronta con decisione e intelligenza un argomento spinoso legato alla sessualità, e insieme è chiassosa e sfacciata come è il regista.
C’è un personaggio in Verrai a trovarmi d’inverno che rimanda immediatamente ad Agrado: si tratta di Liz, massaggiatrice transessuale che vive a Pantelleria, un luogo silenzioso e isolato che sembra il palcoscenico minimo per un personaggio così teatrale. Il romanzo, però, non è chiassoso e sfacciato: ai lustrini e ai colori, che si potrebbero ricollegare a una certa – più stereotipata – immagine del mondo queer, si aggiungono voci e personaggi diversi, a sfaccettare la realtà molteplice dell’identità sessuale. Tutto nasce da Elena, protagonista ombrosa di una vicenda familiare contorta. Sua madre muore di parto come nella peggiore delle favole, e il padre Aldo apre una trattoria insieme all’amico Giovanni, abbandonato dalla moglie con un figlio piccolo a carico. Elena e Mattia crescono insieme, come fratelli atipici in una famiglia atipica basata sull’abbandono e sui rapporti come scelte del destino e delle persone. La rabbia della fine inspiegabile è un legame silenzioso tra i componenti della famiglia di Elena: alla morte improvvisa di Giovanni, il padre di Mattia, i tre stringono i denti silenziosamente e senza melensaggini, come chi ha già conosciuto l’oscurità e ha messo una scorza dura pur cercando di restare umano.
«Il babbo al funerale stava, alto e grosso, accanto a Mattia. Con le enormi spalle piegate in giù come fossero una ruga d’espressione. Io me ne stavo seduta dietro Mattia e ogni tanto gli prendevo la pelle della nuca e la stringevo forte: poteva sembrare il gesto dispettoso di una sorella maggiore, invece era il mio modo di abbracciargli il dolore.»
A fare da sfondo a queste vite sbilenche che si fanno forza a vicenda, Roma come unico panorama possibile: tentacolare, caciarona e materica, la città è descritta con gli occhi abituati e affezionati di Elena, che ormai grande la percorre in motocicletta e ne ha fatto una casa rumorosa e inevitabile. Tutto questo fino all’esplosione: Elena ha un grave incidente, finisce dritta contro le Mura di San Lorenzo. Uno schianto troppo clamoroso, sospetto per una come lei, pilota esperta. Dopo l’incidente la scelta inspiegabile di lasciare il proprio mondo per un’isola sperduta, dove le case si chiamano dammusi e i giardini sono sempre d’inverno, dove l’inverno è il simbolo dell’amore e dell’arresa a una vita lontana da tutto.
Una scelta che sente la risacca della fine ingiusta di tanti rapporti, come di un amore che nessuno pare capire, nemmeno la diretta interessata: la bella Viola che tiene Elena appesa a un filo senza voler dare un nome ai baci e alle notti passate insieme, come fosse una distrazione, uno svirgolìo rispetto a quello che una ragazza dovrebbe volere. E Mattia che confonde l’amore fraterno per Elena come l’amore tout court, e Aldo che vive nel ricordo di una moglie scomparsa troppo presto e dell’unico amico per cui si è permesso di piangere. Elena prende un aereo per Pantelleria senza che nessuno capisca perché e lì si rifugia, conosce persone simili e così diverse a quelle che ha avuto accanto per una vita, guarda una natura ostile e sbalordisce di fronte alla facilità di viverci accanto.
Verrai a trovarmi d’inverno è un romanzo densissimo. L’identità sessuale, come ogni altra parte dell’identità, cresce insieme agli eventi che toccano in sorte a ognuno. C’è chi ha parole per le emozioni e chi preferisce agire, e chi non vuole trovare parole per le proprie azioni. La morte e l’abbandono si mescolano alla crescita di una ragazza che nel dolore resiste abbastanza da alzare la testa dal pelo dell’acqua, e seguire quello che ama, anche se è fuori dal comune.
Sebbene a volte lo stile sia acerbo, e da un certo punto in poi i numerosi personaggi s’intreccino in modo poco naturale, Cristiana Alicata narra una storia umana, sfaccettata, in cui alcuni elementi tornano con il loro carico di simbolismo. Lo sguardo di Elena è quasi in apnea di fronte a emozioni troppo grandi da dire, quando nuota in una piscina stretta con Viola come quando guarda il mare circondarla, lontana da una vita che ha deciso di mettere in pausa.
«Facevamo lunghe vasche a stile libero. A volte facevamo a gara e Viola vinceva sempre. Quasi sempre. Le stavo dietro, in scia quando nuotavamo a stile libero, la precedevo calciando l’acqua quando andavamo a rana. Mi appoggiavo alla corda, nel riposo, l’odore di cloro nel naso, sulla pelle, ovunque. Viola si voltava a fine corsia, la schiena al muro, mi aspettava sorridendo occupando tutta la parete e costringendomi a toccarla al posto delle piastrelle azzurre. Quando con le dita le sfioravo la pelle, mi prendeva il polso, io tornavo in superficie, lei rideva ed io avevo il fiatone improvviso e non per la fatica della vasca.»

Notizie sull’autore:
Cristiana Alicata è un’ingegnere e vive a Roma. Ha pubblicato il romanzo Quattro (Il Dito e La Luna, 2006) e un racconto nell’antologia Principesse Azzurre da Guardare (Mondadori, 2007). Il suo blog è Non si possono fermare le nuvole.

Per approfondire:
Leggi la recensione su «Il fatto quotidiano»
Leggi la recensione di «Mangialibri»

Verrai a trovarmi d’inverno di Cristiana Alicata
Hacca, 2011
pp.288, 14 euro

 


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :