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FUORI STRADA: intervista a Maurizio Ceccato

Creato il 14 febbraio 2013 da Viadeiserpenti @viadeiserpenti

FUORI STRADA - Rubrica di approfondimento della piccola e media editoria “extra-capitolina”

Intervista a Maurizio Ceccato, grafico di HACCA

FUORI STRADA: intervista a Maurizio Ceccato
Quando e come ha iniziato a lavorare nell’editoria?
Ci sono due momenti in realtà. La prima volta è stata quando non ero ancora maggiorenne e sono entrato in uno studio di fumetti dove ho iniziato a lavorare con una serie di professionisti che avevano un approccio artigianale e diversi committenti legati all’editoria e alla pubblicità. La seconda volta è stata quando ho preso la patente da freelance nel 1994 e ho iniziato a collaborare con «il manifesto» e poi con altre realtà editoriali periodiche fino all’editoria libraria.

Lei è anche un illustratore, quanto influisce questo nel suo lavoro?
Non ho mai considerato le due attività come separate. Per me esiste solo un risultato estetico finale apprezzabile. L’illustrazione è grafica e la grafica è illustrazione.

Com’è nata la collaborazione con Hacca e qual è l’idea che sottende alla grafica della casa editrice?
Ci sono editori con i quali l’alchimia nasce al primo incontro, altri che hanno bisogno di un rodaggio più lungo. Con Hacca e Francesca Chiappa è stato un colpo di fulmine. Antonio Veneziani è stato il complice che ci ha messi uno davanti all’altra grazie alla pubblicazione di Cronista della solitudine. Le forme di ricerca che stavo portando avanti in quel momento avevano incrociato la pulizia e le linee del liberty e della cartellonistica in stile vittoriano. Ho pensato che unite a un gusto contemporaneo per l’illustrazione pop avrebbero potuto essere un buon corto circuito che dialogava con la forma-libro. Dal design all’’illustrazione passando per il concept ho preferito eseguire tutto con segni che provenissero dalla mia progettazione grafica, per avere un controllo maggiore sul risultato finale. L’utilizzo del bianco poi come leitmotiv e una carta martellata senza plastificazione sono stati altri due elementi caratterizzanti per una giovane casa editrice che aveva bisogno di connotarsi.

Nel panorama editoriale è importante essere riconoscibili. Penso alle belle copertine di La banda Apollinaire di Renzo Paris o a Verrai a trovami in inverno di Cristiana Alicata. Quanto conta per una piccola casa editrice avere un buon impatto grafico?
Penso che a costo di essere banale, alla base di una casa editrice, prima del packaging, debba esserci un buon piano editoriale con delle persone che hanno una passione sfrenata per questo lavoro. Il resto è più facile. Avere delle buone idee per confezionare i libri non è difficile, complesso sì ma non difficile. L’interlocutore di fronte alle mie idee non ha alcun timore, come le persone che lavorano in Hacca. Ogni volta che si vedono recapitare proposte, per quanto diverse tra loro, rilanciano in un buon gioco di squadra. Raro.

FUORI STRADA: intervista a Maurizio Ceccato

Si parla spesso di copertine, dell’abito del libro, cosa le piace trovare in una copertina, o in un progetto grafico, e cosa a suo parere non funziona?
Parto dai difetti. La disfunzione che c’è tra l’editore e il designer oggi è diventata subordinata ad alcune logiche promozionali, per me incomprensibili, che portano gli editori o direttori di collana a chiederti di copiare cose brutte che hanno confezionato altri con dei best-seller, anche esteri, ma esteticamente poco sostenibili. Questo è quanto di più sbagliato possa esserci in giro oggi. E lo si può toccare con mano infilando gli occhi in libreria o sfogliando i cataloghi degli editori degli ultimi dieci anni. Logica che non ha toccato altri ambiti come il design per la musica, che spinge la propria ricerca su sponde sempre più sperimentali o quella di confezioni dinamiche per la pubblicità su internet. Se mi chiedi cosa mi piace trovare su di una copertina, su un packaging, su una pubblicità, la risposta è breve ma complessa: stupore.

Hacca a parte, qual è una casa editrice di cui apprezza il lavoro?
Se parliamo di un lavoro complessivo non costruito dal sottoscritto col mio studio IFIX e vogliamo circoscrivere il perimetro al mondo editoriale conosciuto, direi Mondadori, con il lavoro di sottile ricerca che Giacomo Callo sta portando avanti da più di dieci anni. Ho particolarmente apprezzato recentemente il restyling fatto sulla SIS e qualche anno fa sulla storica collana di poesia Specchio.

È passato un anno dalla pubblicazione di Non capisco un acca. Quali sono gli altri progetti in cantiere?
Scripta Manent. Bookshop costruito con piccoli editori indipendenti nello studio di IFIX con Lina Monaco, con l’intento di potenziare il legame tra contenuto e immagine. In ambito editoriale stiamo lavorando alla pubblicazione del terzo volume di «WATT – senza alternativa». In forno c’è anche un altro progetto chiamato «B comics – Fucilate a strisce» che stiamo resuscitando dopo un letargo durato un decennio e che vedrà presto la luce in forma cartacea.

Un commento sulla copertina di Verrai a trovarmi in inverno
Mettere in piedi dieci idee che non vedranno la luce. Dopo uno scambio intenso con la redazione di Hacca e la mia ostinazione a trovare delle immagini che fossero “narrative”, cambio tutto. Pesco dall’immaginario adolescenziale: Biancaneve. Avevo pensato a una Biancaneve che fosse più bianca del bianco. Una nuova vergine. E il primo bozzetto aveva il volto coperto con un passamontagna con i tacchi. Poi da Francesca arriva lo spunto. Tolgo tutto e buco il viso. I pallini rossi che cadono dal vestito sono un diversivo.

Un commento sulla copertina di Denti guasti
Un’immagine che avevo disegnato per un’altra copertina sempre di Hacca ma che era rimasta nel cassetto. Quando ho letto gli input della redazione abbiamo capito tutti che sarebbe stata quella l’immagine per Denti guasti. Il cuore che galleggia come un pensiero davanti agli occhi chiusi della ragazza è come un baloon che non parla. Pulsa.

Un commento sulla copertina di Uno in diviso
Titolo complesso per un romanzo che avevo letto ma con un’altra copertina, non mia. Essere vicino ai personaggi e suscitare un’inquietudine lieve senza far trapelare nulla. Lo sguardo di chi sa e ghigna fetido nell’ombra.

Un commento sulla copertina di Viaggio nella notte
Un archetipo della cultura urbana e suburbana. L’assenza del corpo umano di un personaggio perso nello spazio della metropoli.

 

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