Magazine Diario personale

Fuori tempo

Creato il 17 febbraio 2013 da Povna @povna

Quando la ‘povna era ancora ragazzetta, universitaria al III anno, la piccola città, così come molte altre, fu travolta dalle occupazioni studentesche. La ‘povna partecipò alla protesta attivamente, e ne uscì – dopo due mesi massacranti (perché a Hogwarts ti lasciano fare tutto, a patto che rispetti le consegne: e dunque non era sempre facile occupare la facoltà e poi correre a lavorare sulla tesina di terz’anno, o presentarsi puntuali, e con le ricerche fatte, alle lezioni interne e ai seminari) – con un’educazione politica complessa, la fondazione di un’associazione nazionale che sarebbe stata destinata a far faville, molte amicizie esistenziali da ‘per sempre’ e un fitto campionario antropologico di varia umanità. Appartenevano a quest’ultimo gruppo i leader del movimento, con i quali la ‘povna e i suoi compagni ingaggiarono incontri e scontri (sulle loro “lievemente” – e questo era un problema grande – diverse visioni del mondo) e mantennero in seguito collaborazioni basate sul rispetto; oppure, in certi casi, che persero per via.
Della maggior parte, in realtà, fu semplice seguire l’evoluzione esistenziale e politica. Un folto gruppo, banalmente, si laureò e crebbe. E, pur mantenendo vivi pratiche e ideali in una quotidiana militanza, si trovò un lavoro, una vita privata, una famiglia. In una parola, prese, come era ovvio, una sua strada.
I più bravi (una minoranza) continuarono in maniera sistematica la scelta politica: e la ‘povna ebbe modo di re-incontrarli nelle opportune sedi di dibattito. Alcuni volarono verso una dimensione nazionale, e stanno facendo cose belle (e la ‘povna li voterà a queste elezioni).
Ieri sera, che era sabato, la ‘povna è andata insieme a Viola, Papà Razzo e l’Altra a festeggiare il compleanno di Streghetta. In origine, il luogo deputato doveva essere il barrino di tutti i loro incontri, ma una serie di motivazioni sovrapposte ha convinto Streghetta a cambiare collocazione all’ultimo momento, a favore del Centro Sociale nuovo/vecchio, cui è necessario dare solidarietà e appoggio – perché, nonostante sia una realtà attiva nel tessuto comunale da quasi dieci anni – negli ultimi tempi è stato gravemente bistratto dalle istituzioni competenti, e rischia una fine triste e immeritata.
Il centro sociale ha cambiato sede da pochi mesi, per cause di forza maggiore, trasferendosi in un posto non lontano dal centro, ma pur sempre un po’ più defilato rispetto al vecchio posto – e la ‘povna, che in autunno è stata presa da ben altro, e in inverno si è ammalata continuamente, non lo era ancora riuscita a visitare.
La ‘povna entra, e resta, a prima vista, assai perplessa. Perché quello che vede non le piace per niente. Al posto della vecchia organizzazione (basata su divisione degli spazi, locali ben tenuti, moltissime attività originali e intelligenti), trova una “Caffetteria” con i tavoli ammassati uno sull’altro, in cui è difficile avanzare fino al posto di Streghetta, impossibile dire anche solo “Auguri!” in modo udibile, tanto la musica è sparata a palla; il luogo, tutto intorno, per la sua gola si trasforma istantaneamente in un inferno, tanto è spessa la fumaia.
Anche Viola e Papà Razzo si pongono domande. Il vecchio centro sociale era un posto, per definizione, bimbi-friendly: qui l’Altra scorrazza da sola, sul pavimento lercio, in assoluto l’unica bambina.
“Forse coloro che hanno preso in gestione il nuovo posto sono tutti molto giovani, è giusto che facciano esperienza di estremismo” – si dicono commentando la situazione, e meditando un modo elegante per dileguarsi in tempo utile. Ma in realtà non è così: perché la maggioranza è composta da loro coetanei e conoscenti, spesso coppie con bimbi, che hanno però deciso di passare “un sabato diverso”: loro, al centro sociale, a fare i super giovani; e i figli con i nonni a casa. A confermare un giudizio che non è cattiveria, ma dato di fatto, improvvisamente un fantasma passa loro davanti: MesserCiccio, uno dei capi di quella vecchia occupazione, dei tempi della ‘povna, si palesa all’improvviso, capo-popolo. Ripete stancamente le stesse frasi, le stesse pose, gli stessi abiti a distanza di vent’anni. E’ restato ancorato lì, eterno studente, mentre il mondo è andato avanti: adesso ha la pancetta, però, e i capelli grigi. Tra gli attardati, peraltro, non è l’unico. La ‘povna e Papà Razzo, appoggiati in un angolo, guardano con analogo stupore gli zombie di un’altra età e di un altro tempo. E intanto, pensano. Pensano (una volta di più) che aveva ragione Padoa Schioppa; e che se qualcuno arriva, e ti dice “bamboccione!”, tu incassi, e te lo pigli. E pensano che sarebbe bello ricordare a tutti costoro che Peter Pan resta bambino per costrizione, e non per scelta. E non c’è davvero niente, ma niente di più triste di coloro che si gloriano di fare archeologia di militanza, con ciò rinunciando alla politica (che è anche e necessario compromesso). Magari per unire poi le proprie voci al qualunquismo: ma sì, tutti in piazza, a dirsi “contro”, aboliamo il Parlamento. E intanto, a restare bambocciona, come loro, c’è l’Italia.


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