“Furyo”

Creato il 11 settembre 2010 da Cinemaleo

1983: Senjou No Merry Christmas di Nagisa Oshima

Uno dei film più interessanti degli anni Ottanta che a suo tempo vinse agli Awards of the Japanese Academy il Popularity Award (Most Popular Film).

Follia della guerra, omosessualità, razzismo, pregiudizi, difficoltà di comunicazione, sopraffazione, senso dell’onore… Tanti i temi trattati in un film che ha contribuito a far crescere la fama di Nagisa Oshima, regista giapponese atipico, principale esponente del “Nuberu Bagu”, il nuovo corso del cinema orientale che molti avvicinano alla Nouvelle Vague francese (1).

Furyo, ispirato al romanzo autobiografico The Seed and the Sower di Laurens Van der Pos, si segnala per una forte drammaticità senza retorica, secca e asciutta. Film difficilmente catalogabile, forse non del tutto facile, impegnativo da seguire ma che cattura l’attenzione e la concentrazione dello spettatore ripagandolo con uno spettacolo di rara intelligenza e sensibilità.

Particolare il cast che vede protagonisti due celeberrime rockstar, David Bowie e Ryuichi Sakamoto (autore quest’ultimo anche della splendida colonna sonora), in una vera e propria gara di bravura. Da non sottovalutare la presenza di Takeshi Kitano: qui sta ancora facendo la gavetta nel mondo del cinema ma già ha modo di dimostrare talento e personalità (bisogna aspettare gli anni Novanta per vedere film da lui realizzati, film premiatissimi nei più importanti Festival e che lo renderanno celebre e amato in tutto il mondo).

Visivamente elegante e raffinato, Furyo è una approfondita analisi di psicologie lacerate e conflittuali, contraddittorie e profondamente umane. Un campionario di mondi e civiltà diverse… ma la diversità è forse solo apparente (“i pestaggi rievocati dai flash-back del protagonista ai danni del fratello deforme, anch’essi espressione di una mentalità intollerante e pronta a perseguitare chi non si allinea”, Giuseppe Rausa). Una decisa condanna della ferocia e insensatezza della giustizia (nonché della disumanità e del formalismo militare), una più che opportuna esaltazione della saggezza di chi sa riconoscere le reciproche debolezze nel contrasto tra vincitori e vinti che vede in effetti tutti sconfitti.

Un’opera giustamente esaltata da tutta la critica, da recuperare. Da vedere o rivedere: impossibile non continuare ad apprezzarne sia la forma smagliante che il contenuto dall’alto significato e dalla perdurante attualità.

p.s.

Anche qui, come in L’uomo che cadde sulla Terra (1976), c’è una scena in cui Bowie canta facendo finta di stonare.

note

(1) Con “Nuberu Bagu” si indica la generazione di cineasti emersa fra gli anni 50 e 60 in Giappone: modello di riferimento non era né il cinema giapponese classico né tantomeno quello hollywoodiano, bensì il nuovo cinema europeo (Resnais, Godard o Antonioni).

scheda

premi e riconoscimenti


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