Ho accettato con piacere di prendere parte a questa discussione non perché io possa portare ad essa un contributo di merito. Non ne ho la competenza. Ma perché intendo mettere la mia firma virtuale sotto la dichiarazione implicita che emerge dal titolo di questa riunione: e cioè che discutere di fusione fredda è ormai legittimo, oltre che necessario. Questo è possibile farlo. Ho letto con attenzione il volume di Roberto Germano: “Fusione fredda. Moderna storia d’inquisizione e d’alchimia”...
Su sollecitazione del mio caro amico e compagno Paolo De Santis con cui, come con Germano, sono in rapporti politici diretti all’interno del Laboratorio Politico Alternativa, mi sono avvicinato al lavoro di un altro grande fisico che altrimenti non avrei conosciuto: Giuliano Preparata. Questo intrecciarsi di incontri è avvenuto – non a caso io credo – all’interno di una riflessione comune sulla crisi epocale dentro la quale l’Umanità contemporanea si trova ad agire e che – davvero incredibilmente –viene ignorata dai più. Dire incredibilmente, riferendoci all’uomo della strada, non sarebbe giusto. L’uomo della strada non sa in realtà nulla di ciò che è accaduto nella scienza del secolo XX, e non sa assolutamente nulla della realtà che lo circonda oggi, essendo stato imprigionato dentro Matrix, che è la società virtuale dove è stato docilmente trasformato in consumatore compulsivo ed è stato simultaneamente espropriato della democrazia e della libertà che ogni giorno egli continua a considerare elementi costitutivi del suo vivere sociale. Dunque considerare “incredibile” il fatto che egli, o ella, non sappia in quale crisi epocale vive, senza precedenti nella storia umana, sarebbe ingeneroso e ingiusto. Così come sarebbe ingeneroso e ingiusto incolpare lo stesso uomo o donna della strada di “non voler sapere” come stanno le cose nella realtà. Si può infatti decidere di non voler sapere qualcosa solo quando si è stati portati dalle circostanze a poter almeno subodorare, intuire, sospettare che questo qualche cosa esista. Ma se tu non hai avuto la fortuna, o la sventura, di leggere il primo capitolo, non potrai essere ritenuto responsabile di non avere proseguito fino in fondo. Dunque l’”incredibile” non si addice ai più, ma ai meno. Ai pochi (relativamente pochi) che qualcosa sanno, e che rifiutano di andare in profondità, più o meno consapevolmente, ma sempre colpevolmente. I protagonisti di questo tradimento sono proprio gli uomini di scienza. Noi viviamo all’interno di una lancinante contraddizione, che sta letteralmente esplodendo sotto i nostri occhi. Questa contraddizione esiste e opera da quattro secoli almeno e si esprime in due constatazioni inesorabili: la prima è che uno sviluppo infinito in un sistema finito di risorse è impossibile. La seconda è che il sistema economico-sociale nel quale viviamo, detto comunemente capitalismo, o mercato, è un sistema che esiste soltanto in quanto cresce. Se non crescesse collasserebbe. Ora noi viviamo esattamente in un sistema finito di risorse. Comporre una tale contraddizione è stato possibile finché è esistita una quantità di risorse sufficiente ad alimentare l’illusione. Questa illusione ha resistito, contro ogni evidenza, fino agli anni ’60 del secolo scorso. Poi sono apparsi i “limiti” insuperabili dello sviluppo. Ed è a questo punto che il tradimento della verità e della realtà da parte dei chierici è stato compiuto. Essi non potevano (e non possono) non sapere che questa contraddizione è insanabile. Essa si presenta per la prima volta nella storia umana. Ma è visibile, è incontrovertibile, è insuperabile. Per ragioni fisiche, chimiche, biologiche. Eppure l’illusione persiste. E i creatori primari di questa illusione mortifera sono proprio gli scienziati. Senza la loro complicità neanche la grande fabbrica dei sogni e delle menzogne (cioè il sistema dell’informazione-comunicazione nel quale viviamo) potrebbe propalare l’illusione con tanta pervicacia assassina. Assassina perché non si tratta di un’illusione pacifica e indolore, come un sogno che, quando apri gli occhi, si può tranquillamente dimenticare. Essa conduce alla catastrofe. Sono ormai oltre cinquant’anni che la scienza, postasi, nel suo insieme, al servizio dei potentati irresponsabili che controllano il pianeta, contribuisce alla smisurata crescita del pericolo per il pianeta e per l’uomo, che ne è parte. C’entra tutto questo con la fusione fredda? C’entra in molti sensi. Politici, pratici, etici. Questo comportamento della Scienza (con la S maiuscola) è tanto più stupefacente se si pensa di quale formidabile apparato scientifico e tecnologico l’umanità contemporanea sia dotata. Deve esistere una qualche forza immensa per impedire alla conoscenza di poter trarre delle conclusioni così apparentemente ovvie. Questa forza immensa è quella di un potere nuovo, anch’esso senza precedenti nella storia umana. Un potere in grado di imbrigliare le forze immense che ha evocato. Un potere così concentrato, da un lato, è così capillare dall’altro, da poter impedire al sapere critico di raggiungere le soglie del potere politico, e da poter condizionare le menti di tutti gli altri, semplicemente abbattendo ogni sapere critico. Questo varrà ancora per un certo tempo, non più lungo, probabilmente, di qualche decennio, dopo il quale subentreranno una serie di collassi imprevedibili per portata, per momento, per concatenazione. Sarebbe riduttivo e incongruo riesumare i diversi momenti della storia della scienza in cui coloro che cercarono di mettere in discussione le certezze della scienza e la gerarchia della conoscenza, in una data epoca, furono emarginati, impediti, repressi. Galileo Galilei, Giordano Bruno, Copernico, i creatori della scienza moderna furono tutti costretti a navigare in acque turbolente e mortifere da parte, in primo luogo, della stessa comunità scientifica di cui facevano parte. Ma si trattava di una comunità “accademica” ristretta, che era relativamente padrona di se stessa, o che era soggetta essenzialmente al potere religioso diventato terreno. Quel potere fu, volta a volta, sconfitto dallo sviluppo delle forze produttive Ma era un potere incomparabilmente minore di quello che controlla le attuali, per quanto numerose, comunità scientifiche. Questo potere, per giunta – intreccio inestricabile tra finanza, corporations,sistemi mediatici e di controllo, sistemi militari, sistemi energetici controllati centralmente – non è sfidabile da nessun processo di sviluppo ulteriore delle forze produttive (poiché losviluppo in quanto tale sta gradualmente diventando impossibile). Dunque questo potere è soltanto regressivo, distruttore, dunque violento. È per questo che esso si esplica in forme di spasmodico controllo sulle comunità umane; è per questo che esso militarizza la ricerca; è per questo che esso prepara la guerra, poiché sa (loro dispongono di un’informazione di gran lunga superiore alla nostra, anche se disporre di tanta informazione non implica padroneggiare altrettanta saggezza). Essi appaiono concentrati sull’unica soluzione che sono capaci di immaginare: prolungare l’attuale assetto della distribuzione delle risorse disponibili, di quelle energetiche in primissimo luogo. E, poiché esse si restringeranno per quantità, aumentando il loro costo, mettersi in condizione di andare a prendersele, con la forza, dovunque esse si trovino, dietro quali confini e sovranità non importa. Visione che definire miope o del tutto cieca è evidente. Ma sembra che il superclan che ci impone i suoi ritmi pensi che “loro” se la caveranno. Loro e i loro famigli, s’intende. Si spiega così, per esempio, il fatto che le previsioni del Club di Roma, che videro la luce alla metà degli anni ’70, siano state così violentemente ricacciate nel buio, isolate, ridicolizzate, infine dimenticate. L’intero apparato della comunicazione ottimistica del potere capitalistico s’incaricò (e incaricò gli scienziati) di liquidare ogni residuo di credibilità a quella estremamente realistica descrizione della curva stocastica sulla quale l’Uomo stava salendo. L’update del 2002, trent’anni dopo, ormai all’inizio della crisi irreversibile attuale, conferma che gli esiti possono essere solo catastrofici e che la diversità tra le nove catastrofi possibili, nelle loro grandi linee, sarà dettata dalla capacità delle comunità umane di prepararsi a difendersi dai risultati della turbativa dell’universo che noi abbiamo già irreversibilmente realizzato (per usare un’espressione del fisico americano Freeman Dyson). Accade sotto i nostri occhi che verità ormai elementari vengono cancellate e sostituite a schiera da altre illusioni: quella della crescita dietro l’angolo; quella della green economy.Accade sotto i nostri occhi che la comunità mondiale non è capace di prendere decisioni in materia di riscaldamento climatico. È per questo che le novità che appaiono sulla scena devono essere irrise, demonizzate, emarginate. Le forze che compongono questo potere sono ben più potenti di una comunità scientifica che è già stata in larghissima parte assoggettata. Eppure, come scrisse Viktor Hugo, “c’è una cosa più forte di tutti gli eserciti del mondo, ed è un’idea ormai giunta a maturazione”. E si potrebbe citare anche un illuminante calembour di Freud: “La teoria non impedisce ai fatti di verificarsi”. Se non vado errato anche Roberto Germano lo cita nel suo libro. Se le cose stanno così – e io sono certo che stiano così – allora si capisce perché la fusione fredda sia stata così implacabilmente osteggiata, da quel lontano 23 marzo 1989 in cui Fleishmann e Pons annunciarono la loro scoperta. Essa avrebbe modificato i rapporti di potere, prima ancora che fornire una soluzione possibile (certo ancora tutta da verificare) ai problemi dell’esaurimento delle risorse energetiche fossili e a quelli del riscaldamento climatico, oltre che a quelli di un nucleare sempre più pericoloso. In realtà sviluppare questa ricerca è esattamente ciò di cui avremmo bisogno per affrontare una transizione da questa società, che muore, a una società completamente diversa in tutti i suoi parametri fondamentali e nel suo rapporto con l’ecosistema. Una transizione che sta diventando, giorno dopo giorno, sempre più simile a un cambiamento di fase. Con le turbolenze incontrollabili che esso comporta. Dunque occorre provare, intensificare i tentativi, moltiplicare gli sforzi. Perché è una via pratica di uscita dalla violenza immediata della crisi, per darci il tempo di percorrere la transizione. E infine perché noi abbiamo bisogno di idee che siano all’altezza del disastro che già abbiamo prodotto, per fermare l’overshooting cui stiamo sottoponendo la natura, cioè noi stessi. Idee la cui complessità e novità è già pronta, ma che sono state imbavagliate e distorte dalla stupidità del potere. Diceva Giuliano Preparata nella prefazione scritta al libro di Roberto Germano: “Ai miei occhi la fusione fredda è venuta così ad apparire coma la punta di un iceberg che non solo avrebbe fatto affondare la nave degli scienziati sciocchi di fine secolo, ma avrebbe fatto emergere una nuova realtà ben più ricca e sottile di quell’immane meccano di palline atomico-molecolari la cui inadeguatezza e povertà concettuale, ahimè, domina oggi fisica, chimica e biologia”. Era il marzo 1999. Diciamo che abbiamo perduto quindi anni. Questo ritardo lo dovremo pagare in tanti, a milioni.Intervento al Convegno sulla Fusione fredda, “Verso una rivoluzione energetica non inquinante”, tenutosi a Roma nella Sala della Mercede della Camera dei Deputati. (2 Luglio 2012).Fonte: http://megachip.globalist.it