Il film d’animazione diretto dallo spagnolo Sam e intitolato Pos eso, in concorso all’ultima edizione del Future Film Festival di Bologna, è stato di sicuro tra quelli che hanno raccolto maggiori consensi, ottenendo anche una Menzione Speciale da parte della Giuria. Insomma, una delle sorprese più positive della kermesse bolognese, anche secondo gli esperti del settore. La stessa menzione è di quelle che rendono particolarmente fieri, oltre che felici: Per l’irriverenza, il divertimento sfrenato e il grande amore per il cinema di genere. Pur con un budget limitato, un’opera prima dall’animazione coinvolgente, capace di narrare una storia originale e profondamente radicata nelle sue radici spagnole.
Fiera di tale successo può esserlo di sicuro Anna Ciammitti, giovane ed estremamente qualificata animatrice italiana che ha partecipato alla realizzazione del lungometraggio iberico e che è stata chiamata anche a introdurre le singole proiezioni, nel corso del festival bolognese, Ne abbiamo pertanto approfittato per porle qualche domanda, sia sul lavoro svolto per Pos eso che sulla sua formazione e carriera nell’ambito dell’animazione…
Anna, ci vorresti raccontare innanzitutto quali sono stati, rispetto all’animazione, i tuoi primi passi?
A Bologna negli anni ‘80 nasceva il centro di educazione extrascolastica “La testa per pensare”, che portò la nostra classe elementare a realizzare delle piccole animazioni e ci introdusse nel magico mondo del cinema fatto a mano. Un progetto per bambini, questo, che ricordo con gratitudine.
All’Accademia di Belle Arti un professore appassionato e collezionista di centinaia di pellicole di cartoni animati d’inizio Novecento, Carlo Mauro, faceva lezione di animazione fuori dal programma universitario e dalla sua materia di Anatomia artistica. Ci insegnò la teoria del movimento e ci mostrò perle rare difficilmente accessibili fuori dalla sua aula.
Ricordo poi nel 1999 alla Biennale di Venezia le animazioni dell’artista sudafricano Kentridge, l’animazione come opera d’arte: tutto molto illuminante.
A seguire un Erasmus a Barcellona, in cui già esisteva un corso di animazione, ancora con la super8, per sperimentare e giocare con la pratica.
Disegnatrice e appassionata del mondo del fumetto d’autore e dell’illustrazione, l’animazione si è fatta spazio nel mio immaginario come fantastica ossessione.
Come sei stata coinvolta nella realizzazione di “Pos eso”, lungometraggio animato diretto dal cineasta spagnolo Sam, nel cui staff ci risulti essere l’unica presenza italiana?
Il primo lavoro in animazione stop-motion arrivò per fortuita coincidenza. Ero tornata a Barcellona con l’intenzione di restare. Andai all’Asifa, l’associazione internazionale di cinema d’animazione, e presi un po’ di volantini, per poi recarmi il giorno stesso a verificare l’indirizzo di uno di questi: lo studio Rodolfo Pastor. Erano le otto di sera e non potevo tornare a casa, quindi suonai al loro campanello. Mi aprirono Rodolfo e Petra, due argentini scappati dalla dittatura prima in Messico e poi a Barcellona, che stavano per riiniziare la produzione della serie per bambini Capelito. Due capannoni pieni di oggetti, scenografie, modellini in plastilina… volevo fare parte di quel mondo. Dissi loro che avrei potuto lavorare gratis per i primi mesi grazie ai finanziamenti che si potevano richiedere a Moving up di Bologna. Mi ringraziarono per le idee chiare e scrissero la lettera d’invito che mi permise di andare a lavorare da loro. In quell’anno conobbi Sam Ortì e Pablo Pellicer, due animatori arrivati da Valencia per lavorare alla serie. Lì stringemmo una grande amicizia e collaborazioni lavorative anche esterne allo studio, li aiutavo nei loro progetti.
L’amicizia si mantenne anche durante gli anni di distanza, nel mentre realizzai un video clip con personaggi in plastilina e altri piccoli progetti e lavorai due anni a Milano da Fusako Yusaki, la “regina della plastilina” famosa per le pubblicità del Fernet Branca con la sua particolare tecnica di plastilina su vetro. Realizzammo lì tre serie di animazione per la televisione italiana, svizzera e giapponese.
Al termine dei progetti dello studio Yusaki, Sam mi invitò ad andare a lavorare con lui al lungometraggio Pos Eso a Valencia. L’avevo seguito in tutto il suo processo di crescita professionale con i corti realizzati e vincitori di centinaia di premi, da Encarna a Vicenta, ero quindi pronta ed entusiasta a una collaborazione con lui come animatrice.
Il lavoro che sta dietro a un film d’animazione richiede ovviamente una serie di fasi, in cui entrano in gioco competenze diverse, interventi tecnici e artistici di varia natura. Riguardo al ruolo che hai svolto nella realizzazione di “Pos eso”, potresti raccontarci di quali aspetti ti sei direttamente occupata? E, magari, quali sono le scene alle quali hai lavorato, che ricordi con maggior soddisfazione e divertimento?
Quando inizi a fare animazione stop motion di solito percorri tutte le fasi lavorative del processo creativo, dalla costruzione di scenografie e oggetti, alla modellazione, alla scrittura degli storyboards, la fotografia e infine l’animazione. Nell’animazione si ricrea un mondo dall’inizio alla fine: tutto è deciso, disegnato e realizzato a mano e se hai toccato tutti i livelli di lavorazione hai il controllo totale del risultato.
Quando sono arrivata a Valencia, nell’aprile 2011, il progetto stava iniziando. Tutto doveva ancora costruirsi, erano rimaste solo alcune scenografie e oggetti di Vicenta e personaggi ormai in plastilina indurita. Ho lavorato alla realizzazione delle strutture dei personaggi, alla loro modellazione (facce capelli occhi denti mani scarpe) e alla costruzione di props (oggetti di scena); poi finalmente a luglio ho iniziato ad animare, partendo dalle scene con Carlos Jesus, personaggio famoso in spagna per le sue televendite di ciarlatana astrologia, e continuando con altre piccole scene.
La scena che ho animato per intero, la prima ad avere tutte le scenografie pronte, è stata quella dello psicologo Jorge, ispirato a un personaggio reale amico di Sam che ci veniva a trovare spesso in studio. Lo psicologo torna a casa dopo esser stato ipnotizzato da Damian, il bambino posseduto,
e compie una strage totale, crudele e sanguinaria, massacrando tutta la sua famiglia: cane, moglie, suocera e figlia. Con una sequenza invidiabile di colpi di scena cruenti e sadici fino all’inverosimile, intervallati da dettagli di schizzi di sangue in plastilina che ricoprono quadri di famiglia, amorevoli ricamini, tendaggi e pareti.
Ho poi animato altre scene sparse, come quella dell’inserviente Gracita che al momento di abbandonare la casa infestata viene perseguitata da una serie di oggetti volanti, che tentano di colpirla, o come la scena dell’urna della madre di Padre Lenin.
Il regista non è potuto purtroppo intervenire, al Future Film Festival, ma tu sei stata chiamata a presentare il film al pubblico bolognese, in occasione delle due proiezioni previste. Che impressioni ti ha lasciato questa esperienza? E cosa ti ha colpito dell’accoglienza riservata a “Pos eso”, considerando anche i riconoscimenti tributati al film sia a Bologna che in altri festival?
Il Future Film Festival è per me un riferimento importante ed era da anni che non tornavo a presentare qualcosa.
Ho avuto la possibilità di vedere in sala per la prima volta il film e di sentire in diretta quali scene scaturivano più risate. Quando sei stata durante lungo tempo dentro un lavoro, è difficile avere un’opinione distaccata dello stesso, e la critica e l’autocritica hanno i posti in prima fila. Mi sono sorpresa a vedere quanto positiva fosse la risposta, sia tramite i complimenti del pubblico sia nella menzione speciale della giuria. Non avevo previsto il premio, nonostante sapessi quanti ne avevano vinti i corti precedenti di Sam ai festival. E’ stata una bella sorpresa.
Per finire: come si sta svolgendo adesso la tua attività di animatrice in Italia? Sei soddisfatta delle occasioni che si stanno creando, o avresti comunque piacere di lavorare nuovamente con qualche produzione internazionale?
Ora sto vivendo a Milano e ho partecipato a progetti di animazione grandiosi con lo studio Dadomani per il padiglione dell’Azerbaigian e con lo studio Mammafotogramma per il padiglione della Santa Sede, all’Expo. Mesi rinchiusa in stanze buie a muovere a passo uno semi, spezie, oggetti e argilla, che hanno dato grandi soddisfazioni a livello di creatività e nella risposta del pubblico. Sarebbe un grande passo in avanti continuare su quest’onda più artistica e meno pubblicitario/televisiva, e proporre progetti nuovi per enti culturali, musei e fondazioni.
Stefano Coccia