Magazine Diario personale

— Gabriel García Márquez, L'amore ai tempi del colera

Da Silvy56
—  Gabriel García Márquez, L'amore ai tempi del colera
“Fermina Daza aveva sopportato a malincuore, per anni, le albe gioiose del marito. Si aggrappava agli ultimi fili di sonno per non affrontare il fatalismo di una nuova mattina di presagi sinistri, mentre lui si svegliava con l’innocenza di un neonato: ogni nuovo giorno era un giorno guadagnato. Lo udiva svegliarsi con i galli, e il suo primo segno di vita era una tosse senza motivo che sembrava fatta apposta perché anche lei si svegliasse. Lo udiva borbottare, solo per inquietarla, mentre cercava a tastoni le pantofole che dovevano essere accanto al letto. Lo udiva farsi strada alla cieca nel buio verso il bagno. Dopo un’ora nello studio, quando si era riaddormentata, lo udiva ritornare per vestirsi senza ancora accendere la luce. Una volta, in un gioco di società, gli avevano domandato come si definisse e lui aveva detto: «Sono un uomo che si veste nelle tenebre». Lei lo udiva consapevole che nessuno di quei rumori era indispensabile e che lui li faceva di proposito fingendo il contrario, così come lei era sveglia facendo finta di non esserlo. (…) Non c’era persona più elegante di lei nel dormire, con un abbozzo di danza e una mano sulla fronte, ma non c’era neppure persona più feroce di lei se le disturbavano la sensualità di credersi addormentata quando non lo era più.”

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