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Gabriele Dadò: i Cento Giorni che Sconvolsero il Mondo

Creato il 04 giugno 2015 da Dietrolequinte @DlqMagazine
Gabriele Dadò: i Cento Giorni che Sconvolsero il Mondo

Location: la zona di Waterloo agli inizi del XIX secolo. Protagonisti: James ed Elise, due giovani di classi sociali diverse che si incontrano e conoscono l'amore; Adrian, nobile rampollo di una famiglia tra le più in vista del paese. Apparentemente ci sarebbero tutti gli ingredienti del classico romanzo rosa, con al centro un ingarbugliato ed inestricabile triangolo amoroso.

In realtà, è soltanto la situazione iniziale da cui parte Gabriele Dadò per il suo Cento giorni, un tomo davvero intenso che ha come scopo principale quello di raccontare quella che è stata una delle battaglie che sconvolsero il mondo: Waterloo.

Sono già chiari in partenza, dunque, i due piani su cui si dividerà l'azione: quello intimo e privato che vede protagonisti due uomini ed una donna, che li ama entrambi, ma che, alla fine, potrà averne uno soltanto, e quello pubblico e generale che vedrà interagire i grandi protagonisti della Storia (quella con la S maiuscola): Napoleone Bonaparte, il duca di Wellington, Michel Ney, Gebhard Leberecht von Blücher e Emmanuel de Crouchy.

L'ideale camera da presa, incarnata dalle parole dell'autore, alterna i suoi primi piani ora su Napoleone, seguito mentre sta lentamente andando incontro alla sua sconfitta finale, ora sui tre ragazzi, il cui destino finirà inevitabilmente per intrecciarsi con quello dell'Europa nella cruenta battaglia di Waterloo.

Tutto inizia dunque a Bruxelles, nel marzo del 1815, quando James ed Elise hanno appena iniziato a conoscersi, scoprendo ben presto che qualcosa dentro di loro è già scoppiato: un sacro fuoco, un amore dolce e totalizzante che li rende una cosa sola. Il mondo è ancora in pace mentre cavalcano nelle verdi distese dei campi, osservando le stelle che risplendono nel cielo primaverile. Dietro l'angolo sta però già montando la tempesta che si abbatterà sull'intera Europa trasformando quegli ordinati campi in spaventosi mattatoi fangosi cosparsi di cadaveri, una tempesta "perfetta" fatta di fiamme, fumo, grida, morte.

Napoleone Bonaparte, generale e imperatore di Francia, è infatti riuscito a fuggire dal dorato esilio dell'Isola d'Elba, e, alla testa di uno dei più imponenti eserciti che abbia mai condotto, marcia contro le forze della Settima Coalizione, che si stanno radunando alle porte di Bruxelles. Il destino di un amore, come quello dell'intera Europa, si decideranno in poche ore, all'apice di estenuanti marce forzate, in una battaglia che lascerà sul campo oltre sessantamila fra morti e feriti, a sud di un piccolo villaggio del Belgio, chiamato appunto Waterloo.

Lo stile leggiadro e romantico delle prime pagine lentamente, ma inesorabilmente, lascia il posto a quello serio, scarno, talora didascalico, con cui la pletora dei protagonisti si avvicina al giorno decisivo: il 18 giugno 1815.

Le attente ed approfondite ricerche che stanno dietro l'opera si notano e si colgono appieno, non soltanto negli inserti che ci restituiscono i comportamenti ed i pensieri dei due grandi avversari, Napoleone e Wellington, e dei vari generali che contribuirono, con le loro decisioni ed azioni, a determinare l'esito della battaglia, ma anche, e soprattutto, nelle minuziose, approfondite, concitate, descrizioni dei singoli scontri.

Siamo difatti catapultati in un modo di combattere ormai dimenticato, in cui i soldati indossavano divise sgargianti e coloratissime, guidati in battaglia dalle note di tamburi, flauti e cornamuse, ed in cui fanteria, cavalleria ed artiglieria, pur con le loro terrificanti peculiarità, potevano, ognuna, determinare l'esito del confronto.

Il rombo dei cannoni, gli effetti devastanti delle palle sulle ordinate linee dei fanti, ci danno una vaga idea di ciò che saranno in seguito le battaglie di logoramento nelle trincee della Prima guerra mondiale, mentre le coraggiose, spericolate e folli cariche di cavalleria ci raccontano non solo dello sconfinato coraggio dei cavalleggeri, ma anche dell'importanza di un'arma che, per millenni, ha determinato l'esito delle battaglie e delle guerre, sparendo poi del tutto solo sui campi insanguinati della Grande guerra.

Ma come non si può ammirare quella che da sempre è stata la "carne da cannone", la fanteria, devastante, grazie al suo addestramento, nel produrre un fuoco di fila in grado di abbattere file e file di nemici, ma anche incrollabile nel suo stoico e rassegnato coraggio nello sposare il proprio destino di sacrificio, laddove è oggetto del preciso e sistematico tiro dei cannoni o dell'urto di migliaia di cavalli e cavalieri al galoppo.

Questo, e molto più, è quel che le oltre quattrocento pagine del libro ci restituiscono, avviluppandoci e trascinandoci, quasi risucchiandoci, in una vicenda ricca di pàthos, fino al momento cruciale quando si determinerà sì un vincitore, ma in cui nessuno avrà davvero vinto fino in fondo.

Se un difetto può addebitarsi allo scritto è forse proprio la minuziosa descrizione dei numerosissimi scontri, che finiscono per disorientare e distrarre il lettore, facendogli perdere lo sguardo d'insieme sulla battaglia, per altro di suo piuttosto difficile da seguire, vista la particolarità con cui si svolse (considerate anche il fatto che l'esito rimase incerto fino all'ultimo istante).

Dopo la serie ambientata nei mari dei Caraibi che ha come protagonista il capitano Edwards, comandante di vascello ai tempi di re Giorgio, una prova davvero convincente di Gabriele Dadò, ingegnere meccanico, velista per passione, nato a Roma 25 anni fa ed attualmente residente a Glasgow.

In occasione del bicentenario della battaglia di Waterloo, consiglio Cento giorni ai romantici, ma, in modo particolare, agli amanti del genere "napoleonico", e magari, perché no, a quelli che compravano e, poi, dipingevano i soldatini delle guerre napoleoniche della Airfix!


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