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Galeotta fu la scarpetta

Da Dafne
Scritto il 15 maggio 2008
Allora, il succo della storia è da sempre questo: tu te ne stai bella tranquilla a farti ben sfruttare da matrigna e sorellastre perfide, senza un monito o una lagnanza di sorta, finchè non ti si materializza dal nulla una sedicente fatina che pare sia stata nominata tua madrina da amorevoli scomparsi genitori, ti fornisce di zucca e abito da fiaba e ti spedisce ad una festa di aristocratici con la puzza (letteralmente visto che le condizioni di igiene delle corti non siano rinomate per lindore) sotto al naso. Quando te ne esci sgambettando da lì, apperentemente per i rintocchi spezza magia, realmente perchè probabilmente il fetore sta uccidendo quei pochi neuroni che ti restano (gli altri li hai persi parlando con i topi in soffitta),il Fato si materializza sotto forma di scarpetta di cristallo (e provateci voi a correre col cristallo ai piedi, poi ne parliamo...), ti libera di matrigna e prolastra e ti scaraventa nel cortame dal quale tanta fatica hai impiegato per fuggire. Almeno eri certa che le sorellastre indossavano roba pulita visto che lavavi te ora invece...
Ma cosa volete che sia sopportare un po di maleodore di fronte alla prospettiva di governare su un regno, imporre decime e tributi, comandare, ordinare, debellare, farsi carico dei problemi altrui e passare il resto della propria vita accanto ad un uomo col quale hai ballato una sera e basta?
Assolutamente nulla!
Pensate quante belle parole rivolgerà ogni notte Cenerentola verso quella scarpetta sgusciante e verso le zucche e le madrine rompiballe, si fosse fatta i fatti suoi, li mortacci sua e di su' madre, la fata madrona...
E questa era la storia di Cenerentola. Suppergiù.
La storia che sto per raccontare, invece, non è una storia e con Cenerentola non c'entra una mazza. C'entra solo ...una scarpetta! (Spirito da cani...ok...touchè). Perchè se per Cenny galeotta fu la scarpetta sotto forma di Fato-Madrina, per certo Franco Pellizotti, galeotta fu la scarpetta sotto forma di ...mio fratello.
Praticamente la stessa cosa. Scarpette legate da uno simil destino seppur separate dalle barriere dello spazio-tempo-realismo-favola? Galeotta fu la scarpetta
Be se le si guarda di traverso si nota una certa somiglianza mistica del tipo "l'una è l'immagine specularmente fantastica dell'altra" e via discorrendo.
La nostra scarpetta, una SIDI hi-tech con suola in carbonio (!!!) e mille altri accorgimenti tecnico-sportivi usata dai ciclisti professionisti e dal costo stimato di circa 600 euro, fa la sua comparsa sulla scene in una bella giornata burrascosa di metà maggio (ovvero ieri, 14 maggio), quando il 91°Giro d'Italia con carovana giornalistica, pubblicitaria e prettamente ciclistica a seguito, approda a Catanzaro Lido per la felicità mia e di mio fratello.
Frementi di attese e pronti a godere della più piccola emozione l'evento possa fornire, ci catapultiamo all'arrivo seppur in separati luoghi: io mi godo gara e faccio incetta di gadget che gli sponsor sperperano ad ogni tappa (se qualcuno avesse bisogno di cappellini della Skoda ne offro a decine) e torno a casa soddisfatta dalla gara e ubriaca di quel senso patriottico e cameratistico che il giro puntulamente risveglia, dopo aver impugnato lo sterzo della bici che fu di Fausto Coppi e con la quale vinse Giro e Tour de France (!!!!!!!!!!!!) e nausata da tutto quel rosa che mi balugina negli occhi (insieme all'immagine di Cassani che mi si avvicina tenendo in bilico due piatti di riso e sogghignando che anche i ciclisti/giornalisti/opinionisti mangiano!).
Ma torniamo alla scarpetta diavoletta. Proprio mentre mi appropinquavo a tornare a casa (e mentre la fedele Tramontana mi insalsedinava la capigliatura) quella giocava le sue carte col destino sgusciando fuori dalla sacca del rosatissimo Pellizotti troppo preso a riempire la sua vescica per l'antidoping per accorgersene. E chi fortunosamente si aggirava come un puma famelico nei pressi del Quartiere tappa insieme ai compagni, se non il mio fratello sperduto? Che ovviamente raccoglie furtivamente la scarpa e se la porta dietro come trofeo insieme alla borraccia di Cavendish (P.S.:no, non è una puntata speciale de "I predatori di tombe nel XXI secolo"...).
Tutto tranquillo e archiviato se non fosse che mentre stavo beatamente stravaccata a leggere e ascoltare la cronaca della 5° tappa questo pomeriggio (15 maggio ndr), vengo distratta da Davide Cassani che racconta di come ieri è stata rubata a Franco Pellizotti una delle sue scarpette da corsa e di quanto questo sia deleterio per un ciclista che impiega tempo ad abituarsi alla rigidità di una scarpetta da bici nuova (tempo che serve anche alla scarpa per prendere la forma adeguata al piede) e quindi riabituarsi a scarpette nuove è un tormento adesso per il povero Pellizotti...
Ed eccola lì fiera e tronfia la scarpa del destino, proprio accanto a me. Il ghigno cucitovi permanentemente davanti si allarga mentre il suo vecchio proprietario, inquadrato, suda e soffre sui pedali: "Addio - sembra urlare tra gli echi della folla - ho smesso di lavorare su salite, fango e acqua". E, mentre la scarpa imfame saluta il suo passato, il suo salvatore ignominiosamente veicolato dal fervore della passione sportiva, si sbellica dalle risate colpevoli e dalla fama inattesa.
Cerco di rimediare al danno scrivendo a Auro Bulbarelli e raispost per chiarire il fraintendimento e proporre un'eventuale riinvio del maltolto alla Liquigas, ma temo sia tardi.
E fu così che la scarpetta del destino conquistò come la sua cristallina ava la libertà. Cosa le prospetta il futuro? Perchè abbandonò la carovana rosa, coacervo di emozioni e successi, imprese eroiche e gloria per risiedere statica su uno scranno onorario, riverita da un solo adepto? Che la storia abbia inizio....

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