Primo passo falso di Andrea Vitali nei miei confronti. Porca miseria! Io ho aperto "Galeotto fu il collier" convintissima di ritrovarmi di fronte ad un altro dei suoi piccoli gioielli, quei suoi bellissimi romanzi sempliciotti e un po' banali che sono sempre riusciti a catturarmi. Avrei già dovuto avere un primo sentore che questa volta sarebbe stato diverso guardando lo spessore del libro. Sì, lo so, non si deve mai giudicare un libro dal numero di pagine: ma se i romanzi precedenti che ho letto erano spessi un terzo di questo qualcosa avrebbe già dovuto dirmi. Ed effettivamente, leggendo ho avuto la conferma che Andrea Vitali da' il meglio di sé con le storie brevi, che trovo essere molto più adatte al suo stile e ai suoi personaggi, che forse non sono in grado di reggere la scena oltre le 150 pagine. Nei romanzi lunghi, infatti, perdersi è un attimo. Troppe trame parallele, troppi nomi da ricordare troppo a lungo, al punto che troppe volte ci si perde durante la lettura. Io ho iniziato ad avere i primi segni di cedimento intorno all'ottantanovesimo capitolo (poco oltre la metà, insomma), quando lo spunto originario si era ormai perso e continuavano a entrare e uscire dalla scena personaggi di cui non sempre mi ricordavo di aver sentito parlare.
Che poi, l'espediente originario, come tutte le altre volte, era pure bello ricco di potenziale: Lidio Cerevelli, geometra fasullo che vive ancora con la madre conosce una svizzera con un gran bel davanzale che gli fa conoscere i piaceri della carne e di cui si innamora perdutamente, al punto da chiederla in sposa. La donna però è promessa a un vecchio ricco ma brutto e non ha nessuna intenzione di rinunciare ad una vita di lussi e agi. Lidio le chiede di aspettarlo, tempo un anno e sarebbe stato ricco anche lui, in un modo o nell'altro (prima o poi la madre dovrà cedergli la ditta di famiglia, no?). E da qui entrano poi in gioco: medici e mecenati, operai e geometri, baristi, ristoratori, membri del partito e spie, marescialli e ispettori, mogli prorompenti e ragazze talmente brutte da far venir le coliche. E soprattutto un tesoro di monete d'oro di cui tutti fingono di non sapere nulla ma che in realtà tutti conoscono. Viste le premesse, a far confusione ci va davvero poco. Ancor più che, come già dicevo prima, lo stile di Vitali, rapido e già di suo a tratti volutamente confuso (come confusa è la banale vita di paese, dove fatti insignificanti diventano questioni di vita e di morte), a parer mio poco si adatta a storie troppo lunghe. Per carità, i personaggi che l'autore riesce a creare sono sempre buffi e originari. E Bellano è sempre Bellano: uno sfondo perfetto per le vicende di chi lo popola e soprattutto per l'epoca in cui sono ambientate le storie (in questo caso siamo in pieno fascismo). Però questa volta, e lo dico con rammarico, qualcosa non ha funzionato e non mi è rimasto addosso lo stesso entusiasmo e la stessa voglia di leggerne altri che avevo invece provato con le altre sue opere. Forse anche l'averne lette così tante in così poco tempo mi ha in qualche modo assuefatto.
Sicuramente mi prenderò un po' di pausa da Vitali ora (avevo già deciso al momento di comprarlo che "Una finestra vistalago" me lo sarei tenuto per le vacanze estive), pur continuando comunque a consigliarlo a chiunque me lo chiederà. Semplicemente dirò di leggere i romanzi che non superano le 250 pagine.
Per acquistare: Galeotto fu il collier (Narratori moderni)