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GALEOTTO FU IL COLLIER - di Andrea Vitali

Creato il 21 marzo 2012 da Ilibri
GALEOTTO FU IL COLLIER - di Andrea Vitali GALEOTTO FU IL COLLIER - di Andrea Vitali

Titolo: Galeotto fu il collier
Autore: Andrea Vitali
Editore: Garzanti
Anno: 2012

Un romanzo scoppiettante e umoristico. “Galeotto fu il collier“ candida Andrea Vitali come autore della “commedia sexy di mezz’estate” del 2012.

La ricetta è appetitosa, condita da premesse boccaccesche e interpretata da personaggi dai nomi improbabili.

Gli ingredienti della ricetta

- Un giovanotto aitante, Lidio Cerevelli, geometra che non è geometra. Trent’anni e ormoni maschili in piena attività.
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Una straniera disinibita, Helga Ritter, dalle forme esplosive e dai costumi improntati al libertinismo più sfrenato.
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La madre di Lidio, che si chiama Lirica ed è chiaramente affetta dalla sindrome di Giocasta: vorrebbe gettare il figlio tra le braccia di un buon partito, senza curarsi dell’aspetto esteriore della futura nuora.
- Il framassone professor Eugeo Cerretti: medico, regge le fila delle pantomime che si svolgono a Bellano, mentre corre l’anno 1930.
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La di lui nipote, una racchia di prim’ordine: Eufemia, da sistemare a tutti i costi. Maritandola.

Ovviamente, come in ogni ricetta che si rispetti, ci sono poi erbe aromatiche e additivi che vivacizzano sapori e gusto: una miriade di coprotagonisti (tra i carabinieri, il maresciallo Maccadò e il brigadiere Mannu, il segretario di partito Beppe Canizza, sempre preda di fantasie erotiche, l’Os de Mort, l’albergatore del “Cavallino”, le sensuali Olga e Anita) e personaggi minori (le suore Beozia, Repranda, Arginia, i muratori come il Campesi, marito di Anita, e tanti altri).

Primo aspetto del romanzo-commedia: l’umorismo

Caratteristiche della commedia (basta ricordare la più famosa in assoluto, quella alla quale fu poi tributato l’aggettivo di “divina”), volendo a tutti i costi schematizzare, sono da un lato il tono scanzonato e comico, dall’altro l’indulgenza a una certa ‘prosaicità’ di contenuti.

Quanto al primo aspetto, la dimensione divertente del romanzo di Vitali è “in re ipsa”. Come si desume dalla trama: Lidio vive una passione erotica fulminante tra le braccia della procace Helga, svizzera in vacanza sul lago di Como. Vorrebbe sposarla, ma la madre Lirica – titolare di un’impresa edile - si oppone, pensando che il figlio debba accasarsi con un’italiana che rappresenti “un buon partito”. Ad esempio Eufemia, la brutta nipote del professor Cerevelli … Del resto anche l’infedele Helga preferirebbe sistemarsi, attraverso il matrimonio, sposando un uomo facoltoso. Il sogno di Lidio sembra potersi realizzare quando, nel corso di un lavoro edile di ristrutturazione, trova un tesoro: più di trecento ducati e monete antiche in oro zecchino. Da recapitare in Svizzera, secondo il già radicato costume tutto italiano: esportare i capitali all’estero … Da questi eventi si susseguono irresistibili sviluppi, in una caccia al tesoro collettiva che investe la cittadinanza bellanese.

Di comicità sono intrise le scene di sesso, alcuni personaggi spesso infoiati incarnano un luogo comune della commedia.

E la mente corre a uno dei padri della commedia: Plauto. Soprattutto quando sulla scena compare una pentola piena di antiche monete d’oro: l’Aulularia!

Secondo aspetto del romanzo commedia: i contenuti popolari

In merito al secondo aspetto – contenuti non necessariamente paradisiaci (una litote!) – l’ultimo romanzo di Vitali ne è ricco. Anche se l’autore si destreggia sapientemente e mantiene un profilo lieve, senza mai scadere.

Così quando “il Nero”, un losco figuro che si reca a Bellano per indagare sul traffico di monete d’oro, viene purgato da un albergatore che sembra il figlio di Lucrezia Borgia, le conseguenze della purga sono descritte con un sarcasmo che evita il disgusto al lettore. Del resto non sono forse di Dante questi versi (Canto XXI dell’Inferno)?

Per l'argine sinistro volta dienno;

ma prima avea ciascun la lingua stretta

coi denti, verso lor duca, per cenno;

ed elli avea del cul fatto trombetta.

Lo stesso Dante al quale naturalmente dobbiamo il titolo: “Galeotto fu il libro e chi lo scrisse” nel V canto dell’Inferno vale per Paolo e Francesca; “Galeotto fu il collier” vale invece per …

Lo stile di Vitali

Lo spunto nasce da un istruttivo, recente articolo di Marika Piscitelli, che ci ha callidamente riassunto quali siano le figure retoriche che in letteratura vengono spesso utilizzate. Rinviando a questo articolo per la definizione delle figure medesime, segnalo come Andrea Vitali sia un originale fruitore di questi strumenti. Che tuttavia rimangono invisibili sotto una prosa veloce, immediata, alla portata di tutti. Perché il nostro scrittore è tutto, fuorché retorico.

Qualche esempio?

Quando per designare l’impotenza sessuale utilizza la formula “aveva il morto addosso”, possiamo discutere se siamo in presenza di similitudine, metafora, analogia o allegoria. Certo è che tutti, in un secondo, comprendiamo la situazione e ne ridiamo. Lo stesso dicasi quando Vitali pennella con cinismo la rara bruttezza di Eufemia: “Le bozze frontali, sporgenti che sembravano fare ombra agli occhi, e i colori stopposi di un colore bastardo tra il rame e la carota erano di chiara origine materna. Del padre … la scoliosi …” La nipote assomiglia “a un abito maldestramente appeso a una gruccia.”

Attribuire il nome di “Glauco Esangui” al tristissimo burocrate incaricato di controllare i lavori edili e soprannominato da tutti “Os de Mort” è sicuramente – se non in senso tecnico, sicuramente in senso traslato – un’allitterazione, un’assonanza o una consonanza.

Ma allora la pescivendola, che di nome fa Gioconda Cancrena, la possiamo considerare la personificazione di un ossimoro?

Sicuramente allitterazione è “senza dire né ai né bai”, mentre “testa dispari” è una metafora per dire “scombinato”. Potremmo poi discutere all’infinito per stabilire se “freddo troia” sia una sinestesia piuttosto che una sineddoche, ma ancora una volta il concetto che l’autore vuole esprimere ci raggiunge in modo inequivocabile.

La forma retorica forse più ricorrente è l’ossimoro. Ne cito uno su tutti: “una catacombale euforia invase l’animo”. E’ un contrasto accentuato dal fatto che l’animo … è quello dell’Os de Mort.

Gli eufemismi abbondano nelle descrizioni degli effetti nefasti della purga, quando impazzano “… i rumori infernali che provenivano dal suo addome.”

Non saprei invece catalogare “L’alba del nuovo giorno sorse su un paese con le occhiaie”, ma – comunque si chiami questa figura stilistica - trovo che sia un sistema molto efficace per descrivere una notte insonne trascorsa da molti cittadini di Bellano.

"Un tivano obliquo e cattivo” è un’endiade; “tra uno scric e uno scroc” è un’onomatopea che riproduce la condizione fisica di don Tremecoli, “anziano e morsicato dall’artrite”; “Stanco. Stufo. Insomma era in ballo dalle dieci della mattina” è un climax ascendente, “missione compiuta bellamente e bellamente condotta in porto” è un chiasmo, e così via, potrei proseguire nell’esemplificazione.

Scherzi a parte, credo di aver rappresentato con quanta abilità Andrea Vitali ci abbia regalato un’altra girandola di trovate narrative con una storia che forse supera le precedenti per umorismo e spregiudicatezza. Con la consueta zampata nelle ultime pagine: la sorpresa finale. Qui rappresentata … dalla Befana. Un’altra endiade o allegoria al tempo stesso. Perché la Befana è sì una donna brutta, ma porta anche i regali!

  

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