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Gallina

Creato il 12 febbraio 2011 da Renzomazzetti

Ina.

 Naturae rerum vis atque maiestas in amnibus momentis fide caret, si quis modo partes eius ac non totam complectatur animo.

INNO A VENERE

Madre degli Eneadi, piacere degli uomini e degli dei,

alma Venere, che sotto gli astri volgenti nel cielo

pervadi il mare popolato di navi e la terra fertile di frutti,

poich’é grazie a te che ogni specie di viventi

è concepita e sorge a vedere la luce del sole:

te, dea, te fuggono i venti, te le nubi del cielo

e il tuo arrivo, per te la terra operosa

effonde dolci fiori, per te sorridono le distese del mare

e il cielo placato risplende di luce radiosa.

Appena si rivela nel giorno il sembiante della primavera

e dischiuso si anima il soffio del fecondo zefiro,

subito in aria gli uccelli annunciano a te, dea,

e la tua venuta, i cuori travolti dalla tua forza.

Poi fiere e armenti si slanciano a balzi per i prosperi prati,

e a nuoto varcano rapidi fiumi: così, preso dal fascino,

smanioso ognuno ti segue dove intendi condurlo.

Infine per mari e monti e fiumi irruenti

e frondose dimore d’uccelli e verdi pianure,

a tutti imprimendo nel petto l’amore suadente,

fai sì che smaniosi diffondano la progenie secondo le specie.

Poiché tu sola governi la natura delle cose

e senza te nulla sorge alle rive divine della luce

e nulla si compie di amabile e gioioso,

desidero tu sia mia compagna nello scrivere i versi

che mi appresto a comporre sulla natura delle cose

per il nostro Memmio, che tu, dea, in ogni tempo

hai voluto eccellesse, di ogni pregio adorno.

E allora, divina, dona fascino eterno alle mie parole.

Fa’ che intanto le fiere fatiche di guerra

per mari e per terre ovunque riposino sopite.

Tu sola puoi infatti aiutare i mortali con la pace serena,

poiché regge le fiere fatiche di guerra Marte

potente nelle armi, che spesso nel grembo tuo

si abbandona, vinto dall’eterna ferita d’amore,

e levando lo sguardo, il bel collo reclino,

pasce d’amore gli avidi occhi anelando a te,

dea, riverso, il respiro sospeso alla tua bocca.

E mentre è adagiato sul tuo corpo santo, dea,

china su di lui, soavi parole spargi dalle labbra,

chiedendo, gloriosa, placida pace per i Romani.

Non posso infatti in questo tempo avverso alla patria

compiere l’opera sereno, né può la nobile progenie di Memmio

mancare in quest’ora alla salvezza comune.

Di per sé infatti ogni natura divina

deve godere in pace perfetta della vita immortale,

remota dalle nostre cose e del tutto estranea.

Poiché immune da ogni dolore, immune dai pericoli,

padrona delle proprie forze, non ha alcun bisogno di noi,

non è conquistata dai meriti né toccata dall’ira.

-Lucrezio-

 


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