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Gambia /Settimana lavorativa "cortissima"

Creato il 02 febbraio 2013 da Marianna06

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Lo ha deciso il Presidente dello Stato africano, l’eccentrico Yahya Jammeh , per i suoi dipendenti pubblici e la legge è entrata in vigore ufficialmente ieri, venerdì, 1 febbraio.

Motivazione data è consentire ai cittadini, in prevalenza di religione musulmana, di potersi dedicare meglio e di più al proprio culto ma anche ad intrattenere buone relazioni sociali e praticare l’agricoltura in tempi, in cui lavorare la terra significa scongiurare in parte il pericolo  della fame.

Questo  non esclude che di sabato si possano avere rapporti con enti e/o aziende di Paesi stranieri, che, non essendo musulmani, considerano il sabato un giorno lavorativo come un altro.

Gli studenti nelle scuole poi fanno vacanza il venerdì ma recuperano obbligatoriamente il sabato.

Nessuna pacchia, dunque, per i giovani già speranzosi di limitare le proprie prestazioni intellettuali  e/o tecnico- pratiche.

Chi da noi avesse concepito poi, per assurdo, l’idea di trasferirsi in questa specie di “paese di Bengodi” ,contemplando nelle proprie fantasie anche la poligamia, sappia comunque che Yahya Jammeh, l’ennesimo dittatorello africano, non è affatto un uomo “morbido”.

E  a decidere della gestione politica,e di tutto il rimanente (anche  della vita e della morte della gente), è solo lui

Non concepisce alcun rispetto dei diritti umani e le condanne a morte senza appello sono per lui la normalità.

Lo scorso anno, sempre lui, ha fatto giustiziare 9 persone in una sola settimana.

E soltanto le pressioni internazionali gli hanno impedito ultimamente di fare eseguire la condanna a morte per altri 37 detenuti.

Essendo, grosso modo, questa l’aria che tira da quelle parti, è preferibile accontentarci della “nostra” settimana corta, quando c’è. E starcene a casa.

Diversamente continuiamo magari a lavorare anche di sabato o di domenica se necessario.

La pelle, almeno, è salva.

Certe bizzarrie, infatti, sono fortemente limitative della libertà personale.

Basterebbe chiedere un po’ un parere ai  “sudditi, (scusate il lapsus) ai  cittadini del Paese di Jammeh.

Sempre che possano dire la verità.

  

   a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)


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