Come da titolo: “La Scalata” (The Climb), il leit-motiv di questo sesto episodio è la scalata, quella vera, da parte di Jon Snow e Ygritte, della Barriera, per lasciare i ghiacci del nord per il meridione di Westeros dove l’inverno sta comunque arrivando, e quelle, tante, figurate, scalate sociali, il progresso che spetta a ciascuno dei protagonisti.
Arya, ad esempio, ancora “ospite” della Fratellanza, che incontra Melisandre, giunta sulle tracce di Gendry, il cui destino, da troppo tempo dimenticato, ovvero dalla prima stagione, sembra essere stato visto dalla sacerdotessa.
Trovo molto interessante la dicotomia, non nuova, presente peraltro in diverse serie televisive, anche recenti, tra l’unico vero dio, che poi è quella divinità che si prende la briga di far avvertire la propria presenza tramite prodigi, nella fattispecie il Fuoco che ridona la vita e sottrae il prescelto da un’eternità oscura, e gli altri dei, vecchi, decadenti, dimenticati, verso i quali la gente ormai non prova altro che un mero interesse folkloristico. Quindi è, al solito, monoteismo contro politeismo. Anche se il Trono di Spade non è ancora una guerra di religione, ma, per l’appunto, una partita a scacchi per il potere, o per il trono.
Tornando a Arya, lei, a causa della giovane età, è ancora lontanissima dal compiere il proprio destino, la sua scalata, e tuttavia Melisandre ce l’anticipa. La piccola è destinata a soddisfare la sua sete di vendetta, quella che ogni sera, prima di dormire, la spinge a pronunciare di nomi: Joffrey, Cersei, etc… di coloro che le hanno causato lutti e dolore.
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Robb Stark continua a spostare pedine sulla mappa, volendo spostare eserciti, organizza matrimoni ipotecando il futuro delal sua guerra.
Tywin Lannister e Lady Olenna danno vita alla scena migliore, un confronto tra savi e intriganti che si scambiano rispettive critiche e vedute sui matrimoni futuri che uniranno le casate. Il vecchio la spunta, cinico e indifferente, usa il potere per i suoi scopi, serbando sempre l’asso nella manica. Anche se, i Tyrell sono molto, molto più potenti di quanto possa sembrare.
Sansa finirà in lacrime, impalmata dal Folletto.
È divertente come Martin applichi questa legge a tutti i suoi personaggi, nessuno escluso. Fa parte della bellezza del prodotto. Sia libro che telefilm.
Dito Corto e Lord Varys si scambiano “complimenti” nella sala del trono, raccontando aneddoti sulle origini del Trono di Spade, composto si e no da duecento lame forgiate insieme, e sul magma di vite e personalità che s’affannano nella loro personale scalata al potere.
Un modo intrigante di spendere la propria esistenza, rischioso ed elegante.
Infine, Jon Snow e Ygritte che compiono la loro scalata. Che è doppiamente simbolica, è l’ingresso da parte di Ygritte verso un nuovo mondo e segna il ritorno di Snow alla terra natale.
Segna il loro legame, costruito non più sull’attrazione reciproca, ma sulla lealtà. E sugella con un bacio una scena romantica. Romantica in senso positivo. Un bacio tra i due mondi che l’inverno sta per unire sotto una coltre bianca.
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