Si intitola Second Sons, questa ottava puntata.
Ed è subito chiaro che il riferimento non è unicamente a quei Secondi Figli, mercenari al servizio di Yunkai, che con la loro insolenza minacciano la mia Khaleesi (Emilia Clarke), ma anche, secondo il consueto stile, a quei figli di mezzo, i secondi nati, che in tempi antichi erano scomodi, generati unicamente per evitare il rischio di dispersione del patrimonio, o la scomparsa della Casata nobiliare, nel malaugurato caso che il primogenito tirasse le cuoia anzitempo.
Tanti, stupendi secondi figli, manipolati, come d’abitudine, dai padri e dal destino, che si chiamava “dovere”.
[Sì, ci sono spoiler]
Melisandre (Carice Van Houten) mostra a Stannis e allo stesso Gendry (bastardo di Robert Baratheon) il potere del sangue Baratheon, che per ora si limita a far scoppiettare sanguisughe nel braciere.
Saziati i voyeur con generose nudità della bella sacerdotessa, dalle letture di Davos, in carcere, conosciamo l’epica di Westeros, ovviamente incentrata sulla potente famiglia Targaryen, e sui suoi draghi, il più piccolo dei quali, in una guerra passata, era in grado di ingoiare un cavallo per intero.
Non so cosa ci riserverà il futuro, se mai ci sarà dato di osservare tali creature. Ricordo però il sogno di Daenerys, la passata stagione, la sala del trono sotto una coltre di cenere. Bellissima immagine, come bellissima è lei.
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Ed è proprio in Daenerys che si concentra la vera e propria epica, nonostante Martin e gli sceneggiatori attuino sistematicamente la teoria della smitizzazione.
Vero e classico il principio che vuole il guerriero sensibile alla bellezza della propria Regina, taciuta dalle cronache storiche invece era la nudità della stessa, una cosa riservata a uno solo, di solito. Qui invece la nudità è forza disarmante, priva di pudore, una cosa che fa inchinare il mercenario di fronte alla sua dama, o alla dama che ha scelto di servire: libera scelta.
E non dimentichiamo il fatto che Daenerys è seconda figlia anche lei.
E poi, Arya, riportata a casa, contro ogni previsione, da Sandor Clegane, che sembra tanto più giusto quanto più è orrido. In rete si sta formando un fandom ben preciso attorno alle sue gesta.
Secondo figlio è Tyrion. Al suo matrimonio con Sansa è dedicata la parte centrale della puntata: da Tyrion non ci si aspettava meno sensibilità e gentilezza di quanta ne abbia dimostrata.
I suoi duetti con la sposa, gli imbarazzi, il continuo ricorrere al vino per superare le relative difficoltà, persino in chiave comica, impreziosiscono tutta la resa scenica.
Controbilanciata, è il caso di dire, dall’ottimo Joffrey Joffer (Jack Gleeson), secondo figlio anche lui (visto che il primogenito è Gendry) che, diciamocelo, è l’apoteosi del ragazzino viziato e stronzo.
E non è solo questione di personaggio ben caratterizzato, è la mimica dell’attore, semplicemente perfetto. Ditemi da quanto tempo aspettavamo un cattivo puro come Joffrey, senza ombre, sadico in ogni sfumatura, che opera consapevolmente nient’altro che il male.
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Tyrion, il dio delle tette e del vino, dio e gentiluomo, che non tocca la propria moglie bambina, contrapposto a Cersei, prototipo della matrona romana, persuasa della propria nobiltà di sangue e schiava dei doveri, comanda con la stessa inflessibilità con cui ubbidisce alle imposizioni paterne, minaccia Margaery di morte e un minuto dopo dispensa sorrisi: è Lena Headey.
Infine, aggancio alla prossima puntata quando un White Walker attacca i fuggitivi Sam e Gilly.
Ora, sbaglio o mancano solo due episodi?
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