Game of Thrones, stagione 5: "The wars to come". Speriamo in bene.

Creato il 15 aprile 2015 da Redatagli

Il primo disclaimer di questo pezzo è che ci saranno spoiler per chi non ha ancora visto l'esordio della quinta stagione di Game of Thrones
Il secondo disclaimer è che tenterò di non prendere troppo sul serio la materia in questione, visto che si parla di draghi e di nani e di grandi avventure (ma sono i nostri draghi e nani preferiti; non come quelli dello Hobbit, che non ho ancora capito se è davvero finito o mi sono addormentato al cinema e sto sognando di essere da un’altra parte).
Dicevo: sono i draghi e i nani nati dalla penna di George R. Martin e da “A song of Ice and Fire”, mastodontica opera fantasy contemporanea che è stata adattata nel più popolare telefilm degli ultimi anni. 
Il terzo disclaimer è che in questo pezzo è già stata usata tre volte la parola “disclaimer”. Quattro, contando la frase prima.
Colpa mia, sto scrivendo di sera tardi e sappiamo tutti che “The night is dark and full of terrors”. 

La scorsa settimana vi raccontavo del perché Mad Men rappresenta l’apice qualitativo della televisione contemporanea: questa settimana, giustamente, vi racconto che al mondo non bastano raffinati affreschi allegorici di un periodo storico. Ci vuole anche sana evasione, e ogni tanto si sente il bisogno di passare qualche ora in un mondo medievaleggiante dove i migliori muoiono sempre, il numero di intrighi di palazzo è direttamente proporzionale al coefficiente “tette-per-episodio” e si viaggia all’interno della più vasta quantità di storyline dai tempi delle soap-opera sudamericane. 

 Il 12 aprile Game of Thrones è tornato sugli schermi americani, mentre qualche ora prima qualcuno alla HBO perdeva il lavoro dopo il leak dei primi quattro episodi disponibili illegalmente in streaming e download su internet.
Io, giuro su Kamil Glik, ho visto solo il primo episodio.
Questo è più o meno quello che è successo. 

Game of Thrones - Stagione 5, Episodio 1: The wars to come

L’incipit dell’episodio introduce il primo, vero e proprio flashback che Game of Thrones ci abbia mai offerto. Una Cersei adolescente e la sua amica bruna (non è importante che fosse bruna, dimenticatelo) vanno a trovare un’oracolo per farsi predire il futuro. “Tutti vogliono conoscere il loro futuro, finché non scoprono il loro futuro”, le ammonisce l’oracolo.
Il flashback predispone il dispiegarsi degli eventi in cui vedremo coinvolta Cersei durante questa stagione: i suoi conflitti, le sue motivazioni e le radici delle scelte che compierà. 

Tornati nel presente, Cersei e il fratello presenziano al funerale del padre, e stranamente sono passati 10 minuti e non si è ancora vista una tetta. O un drago. Si avverte immediatamente che il tono di questa stagione sarà decisamente più dark.
Le conseguenze della morte di Tywin sul resto della famiglia Lannister sono un altro dei temi presentati nel corso di questo inizio di stagione, oltre al fatto che durante la puntata Twitter è esploso a causa degli occhi del defunto padre di Cersei e Jamie. Giudicate voi se lo trovate divertente. 

Il miglior nano di Hollywood è tornato, e questa volta è chiuso dentro un barile.
Peter Dinklage ha esattamente 2 minuti di spazio nel corso dell’episodio, e li usa per bere, vomitare e bere di nuovo. Eroe nazionale.
L’accostamento a Varys nel corso della sua fuga dalla capitale è una variazione rispetto ai romanzi, ma certamente un’ottima idea. La chimica tra i due è evidente, e si tratta di alcuni dei personaggi “meglio scritti” dell’intera serie.
Vederli duettare verbalmente sarà uno dei piaceri maggiori della quinta stagione. Contrariamente alla storyline di Brienne, di cui a nessuno frega palesemente una mazza. Passiamo oltre. 

Personalmente, ho trovato piuttosto indigesto il percorso che la serie ha destinato per Daenerys nel corso dell’ultima stagione. La presunta futura “conquistatrice del mondo” è ferma a districare la complessa matassa rappresentata dal governo della città di Mereen, e la cosa è talmente noiosa che gli sceneggiatori hanno dovuto inventarsi una storia d’amore tra la traduttrice personale di Daenerys e un uomo senza genitali. Capirete anche voi perché l’introduzione di assassini mascherati e un’anticipazione su quanto i draghi siano diventati grossi e arrabbiati possa farci sperare in un cambiamento drastico nella gestione del personaggio. 

La parte più interessante dell’episodio, per quanto mi riguarda, è limitata a quanto accade presso la Barriera. L’arrivo di Stannis e il suo ruolo nelle vicende che riguardano il Nord e le guerre, presenti e future, che lo attraverseranno, costituiscono uno dei blocchi narrativi principali della stagione, o almeno così presumo.
Il fatto è che io sono un sostenitore del team-Stannis fin dagli albori, e non vedo come non si possa desiderare che il suo grugno eternamente costipato abbia più spazio nel corso dei prossimi episodi.
Intanto, Stannis e Melisandre condannano a morte Mance Rayder, che rifiuta di sottomettersi e viene bruciato vivo. Jon Snow ha un breve incontro con Melisandre e tradisce la sua chiara predilezione per le rosse.
Non posso biasimarlo. 

Com’era prevedibile, “The wars to come” non risolve gli interrogativi pendenti sul destino di Westeros e dei suoi abitanti. Al contrario, propone nuovi interrogativi e predispone la scacchiera all’interno della quale si svolgerà il “gioco dei troni” nei prossimi episodi.
Come farà Cersei a gestire Margaery e la sua influenza sulla capitale? Riusciranno Tyrion e Varys a raggiungere Daenerys? Dove sono diretti Sansa e Littlefinger e, in definitiva, ce ne frega qualcosa? Queste sono le domande principali a cui la quinta stagione di Game of Thrones promette di dare risposta. 
Già, queste. E adesso è meglio andare a controllare che Kamil Glik sia ancora tutto intero, non si sa mai. “Valar morghulis” è qualcosa di molto applicabile alla fede granata.

Davide Mela
@twitTagli


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