Gangster Squad
Creato il 19 febbraio 2013 da Veripaccheri
Gangster Squad
di Ruben Fleisher
con Josh Brolin, Sean Penn, Ryan Gosling
Usa 2013
durata, 113
Nella genealogia criminale la figura del Gangster fuoriuscita dagli anni
della grande depressione occupa un posto a se stante nel cinema
Americano. A metà strada tra storia e leggenda i fuorilegge dai capelli
impomatati si sono più volte incrociati con la spettacolarità del cinema
hollywoodiano che ha visto in quegli uomini e nelle loro imprese
un’edizione aggiornata del mito di Prometeo. Stiamo parlando di tipi
come John Dillinger ed Al Capone, le cui gesta sono state immortalate da
film e registi importanti come Brian De Palma (“The Untouchables”,1987)
e Michael Mann (“Pubblic Enemy”, 2009) che hanno letto in quelle
parabole esistenziali l’altra faccia del sogno americano. A questi
modelli d’inarrivabile spregiudicatezza una figura come Mickey Cohen
appartiene di diritto, nonostante la sua biografia si collochi negli
anni d’oro di Los Angeles e quindi sia traslata in avanti di circa un
decennio (siamo nella Los Angeles del 1949) rispetto ai prototipi
considerati. Di Cohen e della sua ascesa nella città degli angeli si
parla in “Gangster Squad”, nuovo film di Ruben Fleischer, il quale,
prendendo in prestito un canovaccio molto sfruttato racconta il male dal
punto di vista di quelli che lo combattono, e cioè dalla parte delle
squadra di sbirri “speciali” messa in piedi dal capo della polizia (Nick
Nolte) per smantellare l’organizzazione malavitosa costruita da Cohen.
Tra poliziotti corrotti e pupe da salvare la squadra agisce nell’ombra,
affrontando il nemico ad armi pari e senza esclusione di colpi. Ma visto
che siamo ad Hollywood, e che il pericolo è un ottimo tonificante
contro i cali di tensione, succede che qualcosa vada storto, ed il
destino prima benevolo diventi improvvisamente contrario ai tutori della
legge. There Will Be Blood.
Se il tema principale del film è lo scontro tra il bene ed il male,
bisogna dire che “Gangster Squad” non bada a spese pur di organizzare
uno spettacolo degno di tale sfida. Nei costumi elegantissimi, ma
soprattutto nelle faraoniche scenografie che, negli interni dei locali
notturni utilizzati dai bad guys come rendez vous per
organizzare i loschi affari, e dove finiranno per confluire in un modo o
nell’altro tutti i protagonisti della storia, ma anche negli scorci
della città fotografata come un album di ricordi da Dion Beebe già
autore di un affresco della città che aveva reso indimenticabile
“Collateral” (2004), trovano la loro ragione d'essere. Un allestimento
in grande stile anche per la presenza di un cast superbo, con Sean Penn
nei panni di Cohen e tra gli altri Josh Brolin/il sergente John O’Mara
(“Non è un paese per vecchi”, 2007) e Ryan Gosling (Drive, 2012) in
quelli dei super poliziotti, ed a cui pero la regia non rende merito.
Abituato a copioni ibridi, costruiti sulla convivenza dei generi -
parliamo dello zombie movie Zombieland, orrorifico ed insieme ridanciano
ma anche della comedy drama 50 e 50 – Ruben Fleischer sembra in
soggezione rispetto ad un plot classico come quello di
“Gangster Squad”. Il risultato è una direzione troppo ossequiosa per
paura di andare fuori tema. In questo modo a cominciare dai caratteri
per finire allo sviluppo dell’intreccio tutto sembra procedere con il
pilota automatico, come se l’ordalia di eventi e chi ne fa parte fossero
le tappe di un viaggio organizzato in un luna park di meraviglie
preconfezionate. In questo modo la faccia caricaturale e deformata dal
male messa addosso a Sean Penn/Mickey Coen può lasciare di stucco, e
così la fisiognomica del personaggio interpretato da Brolin non può non
rimandare per la mascella squadrata e la faccia a ferro da stiro alle
stilizzazioni di un fumetto come Dick Tracy (ma anche il Cohen di Penn
ricorda molto il Big Boy Caprice di Al Pacino nel film di Beatty), ed
ancora il fascino da simpatica canaglia di Gosling non potrà non
conquistare buona parte della compagine femminile, ma rimane intatta la
sensazione di un’operazione poco coinvolgente, raffreddata dalla volontà
di replicare l’immaginario iconografico gestuale delle opere di
riferimento.
Link al concorso:
http://www.nessundistintivo.it/
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