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garbugli

Da Naimablu
garbugli
per l'immagine ringrazio il mio fido cellulare 2 megapixel che non mi abbandona mai
È curioso come le attese alla stazione qualche volta siano più travolgenti di un treno in corsa. Sei lì e nemmeno te ne accorgi che un treno alta velocità è passato e ti ha ingarbugliato i capelli. Hai lo sguardo smarrito nella ricerca di qualcosa che ancora non sai, così il treno passa, tu aggiusti i capelli e continui a cercare. Trovi sempre qualcosa, in un abbraccio, nel vento che soffia come quel giorno o quell’altro, in due occhi che non ne lasciano andare altri due incollati al secondo finestrino della carrozza numero sei, in una mano che fa per salutare, ma poi no. Bastano uno sguardo, un sospiro e due spalle che si raggomitolano con l’illusione che toccandosi possano preservare il cuore. Aspetti. E i pensieri sono come i capelli appena dopo la sfrecciata del treno sulle rotaie: ingarbugliati, di quei garbugli che nemmeno con tutta la pazienza di questo mondo riusciresti a dipanare. Eppure, aspetti. E la pazienza arriva proprio nel momento in cui perdi di vista il tempo, l’hai lasciato sulla panchina accanto al binario uno e non l’hai più trovato. Non ti serve più, stai aspettando e l’unica cosa di cui hai bisogno è un cuore che se ne frega che tutto è fermo, spinge e non fa che accelerare. Ché lui proprio non ce la fa a quietarsi sul bordo di un binario, e muove gli occhi, le mani, le gambe, muove tutto quel che c’è da muovere tra l’attimo in cui sei arrivato e quello in cui sai che stai per andar via. E quel momento arriva sempre. Dentro o fuori. Ritrovi il tempo, ti giri e c’è sempre qualcosa che lascerai nell’istante in cui volterai le spalle, l’attesa è finita e non è più importante quello che stavi cercando. Fino alla prossima attesa, fino a quando il tempo sgattaiolerà di nuovo e tu farai finta di non vederlo.

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