A diciotto anni ebbe la fortuna di potersi ispirare fra le macerie delle immense rovine di Roma, al gran concetto della emancipazione della Patria e della famiglia. La città eterna rappresentava la speranza per i democratici ancora pervasi dalle idee della Rivoluzione francese, durante la quale gli ammiratori della tradizione repubblicana erano giunti al punto di cambiare il proprio nome con nomi di eroi dell’antica repubblica romana. Dopo la visita a Roma, Garibaldi proseguì la faticosa vita di navigatore nei mari del Medio Oriente e iniziò la sua carriera di combattente scontrandosi coi pirati greci. Nel contempo nell’Italia centrale avveniva la seconda grande insurrezione carbonara. Sebbene lontano, Garibaldi conobbe quei tragici avvenimenti, che esercitarono una forte influenza sul suo spirito, tant’è vero che dieci anni dopo, quando gli nacque il primo figlio, egli lo chiamò col nome del martire Ciro Menotti. Garibaldi stesso ci parla di questo periodo di forte travaglio spirituale. Insofferente, egli dice, del servaggio del mio paese, cercavo dovunque libri, scritti che della libertà italiana trattassero ed individui ad essa consacrati. Uno di questi ultimi il marinaio nizzardo lo trovò ai primi del 1833 in una taverna di Taganrog, sul Mar Nero. L’incontro con esso, cui Garibaldi dà l’appellativo di credente e che probabilmente fu il suo primo biografo, il mazziniano ligure G.B. Cuneo, costituì senza dubbio un’altra tappa fondamentale per la formazione spirituale garibaldina, né meno importanti furono i colloqui che Garibaldi ebbe con gli esuli seguaci di Saint-Simon, imbarcati sul brigantino Clorinda, dai quali egli udì le prime critiche al sistema sociale borghese, elaborate dagli utopisti francesi. Nella primavera del 1833 Garibaldi sbarca a Marsiglia, si reca da Mazzini e si arruola nella Giovane Italia. Garibaldi scrisse: Quando ero ancora ragazzo e nutrivo soltanto aspirazioni indefinite, cercavo un uomo che potesse essere la guida, il consigliere della mia giovinezza, lo cercavo come l’assetato cerca l’acqua… E lo trovai: egli solo vegliava quando tutti dormivano intorno a lui. Divenne il mio amico e tale rimase per sempre; in lui non si è spento mai il sacro fuoco dell’amore di patria e di libertà. Quest’uomo è Giuseppe Mazzini, il mio amico, il mio maestro. Garibaldi ha incarnato patriottismo ed umanità, fu definito l’eroe dei due mondi, conosciutissimo e ammirato non solo in Italia. Un esempio: Bakunin, il famoso rivoluzionario russo, raccontava: Ero nella capitale della Siberia, a Irkutsk, al tempo della campagna di Garibaldi in Sicilia e a Napoli. Ebbene, posso affermare che tutto il pubblico di Irkutsk, quasi senza eccezione, mercanti, artigiani, operai, persino gli stessi funzionari prendevano appassionatamente la parte della libertà contro il re delle Due Sicilie, fedele alleato dello Zar. Negli anni 1860-’61-’63, quando il mondo rurale russo fu profondamente agitato, non pochi contadini della grande e piccola Russia attendevano la venuta di Garibaldi e allorché si domandava loro chi fosse, rispondevano: E’ un grande condottiero, l’amico della povera gente ed egli verrà a liberarci… Noi lo conosciamo bene; in ogni casa abbiamo un suo ritratto in camicia rossa, capelli lunghi e barba come noi contadini. Gli vogliamo un gran bene perché è buono e giusto: vuole liberare tutti i popoli oppressi e non combatte mai che per una causa giusta.
SONO NATO
Sono nato dietro una vecchia facciata,
ho mangiato, ho riso, ho sognato, avuto vergogna.
Sono vissuto come un’ombra
e tuttavia ho saputo cantare il sole,
il sole vasto che respira
in ogni petto, in tutti gli occhi,
la goccia di candore
che brilla dopo le lacrime.
-Paul Eluard-