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Gāru (ガール, Girls For Keeps). Regia: Fukugawa Yoshihiro. Soggetto: dal romanzo di Okuda Hideo. Sceneggiatura: Shinozaki Eriko. Fotografia: Kawazu Taro. Montaggio: Imai Tsuyoshi. Musica: Kono Shin. Interpreti: Karina, Asō Kumiko, Itaya Yuka, Kichise Michiko, Katō Rosa, Mukai Osamu, Kamiji Yusuke, Kaname Jun, Hayashi Kento, Dan Rei. Produttori: Kubota Osamu, Hamana Kazuya per Tōhō. Durata: 124'. Uscita in Giappone: 26 maggio 2012.
Link: Sito ufficiale
Punteggio ★★
Le storie di quattro amiche trentenni – una alla soglia dei trent’anni, due a metà e una verso la fine – si incrociano per dipingere le loro difficoltà sia sul lavoro che nel privato. Yukiko (Karina) lavora nel mondo della pubblicità per la moda e ha ancora le aspettative e il comportamento di un’adolescente. Seiko (Asō Kumiko) è una manager sposata con un marito passivo. Takako (Itaya Yuka) è una ragazza madre che lotta contro l’orario e il salario per crescere da sola il figlio. Kosaka (Kichise Michiko), infine, è una single che comincia a perdere la luce della giovinezza senza aver trovato un uomo da amare.
Tratto da un romanzo di Okuda Hideo e presentato come il Sex and the City giapponese, di sex ne ha ben poco, mentre la City è presente soprattutto come meccanismo che stritola chi è debole e solo. Nonostante gli happy end appiccicati un po’ frettolosamente, gli unici squarci di almeno parziale sincerità mostrano una condizione delle donne nella società giapponese abbastanza sconfortante: poco apprezzate se non umiliate sul lavoro, incagliate in relazioni vuote con maschi apatici che hanno forse il loro maggior pregio nel non farle sentire sole. Non parliamo poi se una è da sola con un figlio. Guardando il film nel suo complesso nonostante la sua superficialità, i maschi fanno davvero una magra figura: tronfi e pavidi, arroganti e inerti.
L’intero impianto però non convince e le varie vicende non sembrano trovare un registro narrativo unico: si passa dalla commedia al melodramma con troppa facilità e le stesse donne protagoniste non suscitano la minima empatia pur essendo “dalla parte della ragione”. Le stesse attrici scelte a impersonare le quattro donne non paiono bene a fuoco. Eccetto che per il caso di Itaya Yuka nella parte della ragazza-madre, l’asciutta alterità, se non aggressività, di Asō Kumiko e Kichise Michiko, così come le movenze da bamboletta sciocca di Karina non riescono comunicarci il loro soffrire e neppure a rendercele simpatiche.
Il regista Fukugawa Yoshihiro, dopo un interessante esordio Ōkami shōjo (When the Tent Came to my Town, 2005) e qualche altro titolo di non grande rilievo, ha firmato nel 2011 ben tre film di relativo successo: lo spin-off del drama Byakuyakō (Into the White Night), il dolciastro Patisserie Coin de Rue e l’interessante Kamisama no karute (In His Chart). [Franco Picollo]
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