Il territorio di Sergnano, in provincia di Cremona, potrebbe essere stravolto una volta per tutte. Dopo il rischio sismico derivante dalle attività di stoccaggio di gas sotterraneo in sovrappressione svolte dalla Stogit spa – come prescritto dal ministero dell’Ambiente in sede di Valutazione d’impatto ambientale e come denunciato in anteprima da Altreconomia (http://www.altreconomia.it/site/fr_contenuto_detail.php?intId=3846) – è stata autorizzata la realizzazione di una nuova centrale di compressione di gas. Il progetto, depositato da Rete Snam Gas spa in data 15 marzo 2012 ed approvato in esclusione Via dalla Regione Lombardia il 26 novembre 2012, prevede la realizzazione di un impianto su 17 ettari, con gasdotti di collegamento ed adeguamenti strutturali connessi. Un’opera – ubicata in un’area a circa 500 metri dal centro di Sergnano ed a poco più di un chilometro dal fiume Serio – ritenuta fondamentale per lo sviluppo della Strategia energetica nazionale che ha cucito per il nostro Paese l’abito di hub del gas per l’Europa. Tanto fondamentale per l’approvvigionamento strategico nazionale ed estero da incassare sia finanziamenti statali, sia finanziamenti europei.
Infatti, leggendo un comunicato stampa della Banca europea investimenti del 27 luglio 2012, si scopre che Bei (istituzione finanziaria di lungo termine dell’Unione europea i cui azionisti sono gli stessi Stati membri, ) e Cassa depositi e prestiti “hanno deliberato un contratto di finanziamento fino a complessivi 400 milioni di euro di durata ventennale in favore di Snam spa, finalizzato al sostegno dei programmi pluriennali di investimento del Gruppo. Una prima tranche di 300 milioni di euro, già messa a disposizione dalla Bei è in fase di perfezionamento, mentre una seconda tranche sarà disponibile entro il 2012”. Inoltre, si legge sempre nella nota, il Consiglio di amministrazione di Cassa Depositi e prestiti – che attraverso CDP Reti srl possiede una quota partecipativa pari al 30,00003% del capitale sociale votante di Snam spa – “ha approvato oggi un ulteriore finanziamento per Snam pari a 400 milioni di euro e di durata decennale”.
Insomma, la Snam incasserà, nel tempo, 800 milioni di euro per portare avanti un piano di interventi il cui costo totale è stimato in 950 milioni di euro, per la messa in opera di due nuovi gasdotti nel Nord Italia – uno di 150 chilometri da Poggio Renatico (Emilia Romagna) a Cremona (Lombardia), l’altro di 170 chilometri da Zimella (Veneto) a Cervignano (Lombardia) di 170 chilometri – e della nuova centrale di compressione di Sergnano. La realizzazione di quest’ultima, come dichiarato dalla stessa società nel “Quadro di Riferimento Progettuale”, costerà 157 milioni di euro.
Con quali benefici? Lo riporta, sempre la Snam, nel suddetto documento: “Sulla base dei criteri definiti dall’Autorità per l’Energia ed il Gas nella Delibera No.184/09, i ricavi associati al’investimento in oggetto vengono determinati in maniera da garantire, oltre alla copertura degli ammortamenti, una remunerazione del capitale investito netto pari al 6,4% in termini reali, incrementata di un premio del 3% per periodo di 10 anni. Sulla base dell’attuale regolazione ed a fronte di un investimento riconosciuto di 157 milioni di euro, il ricavo atteso è stimato in 22.608 milioni di euro/anno”. Oltre 22 miliardi di euro di guadagno annuale, a fronte di compensazioni ambientali per i territori al momento sconosciute.
Le autorizzazioni concesse per la nuova centrale di Sergnano hanno aperto un varco nelle strategie legate al trasporto interno di gas che arriva dall’estero – ed entra in Italia dal Tarvisio – nonché nelle nostre ambizioni di esportazione verso il mercato europeo, pur non essendo un Paese esportatore, ma sostanzialmente importatore. Importiamo il 91% di gas necessario al fabbisogno italiano. Pari a oltre 71 miliardi di metri cubi, di cui il 34% dall’Algeria, 30% dalla Russia, il 10% dal Nord Europa, il 13% dalla Libia, ed il resto trasportato via nave e rigassificato ai terminali di Panigaglia e Cavarzere prima dell’immissione in rete. A noi il gas serve, in un periodo in cui i consumi sono in calo, per reggere la domanda in aumento (+30%) del settore termoelettrico.
Nel 2020 dovremmo arrivare a 105 miliardi di metri cubi e nel 2030 a 110 miliardi. Quasi i 40 miliardi di metri cubi di gas in più ogni anno sui quali hanno messo gli occhi i principali operatori. Numeri che dimostrano come le manovre attivate dalla Strategia energetica nazionale non servirebbero per sostenere l’hub europeo, bensì il mercato interno, che vive sul trasporto e sullo stoccaggio del gas. In poche parole, il primo passo è potenziare la rete di trasporto lungo la direttrice Est-Ovest della Pianura Padana, far rendere al massimo gli stoccaggi attivi – molti dei quali in fase di ampliamento – ed aumentare il flusso di gas da trasportare. Perché stoccare e trasportare gas conviene. Basti pensare ad esempio che – secondo le ultime tariffe di trasporto per l’anno 2013, rese note dall’Autorità per l’energia elettrica ed il gas (Aeeg) – un volume netto di 3 milioni di metri cubi di gas trasportato in un anno da Tarvisio alla Pianura Padana farebbe guadagnare quasi 45 mila euro al giorno a chi trasporta. Solo per 3 milioni di metri cubi di gas.
Il piano Snam dedicato al Nord Italia prevede, invece, il raggiungimento, nel 2020, di una capacità gestionale massima di gas pari a 40 milioni di metri cubi al giorno, ovvero oltre 14 miliardi di metri cubi di gas all’anno, che potrebbero far guadagnare a livello di trasporto circa 200 milioni di euro al giorno. Il condizionale, però, è d’obbligo, variabile a seconda del mercato e delle richieste. Come dire, tutti gli snodi vengono al pettine.
Pietro Dommarco
(Articolo uscito su Altreconomia
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