Una notizia che conferma la ricostruzione fatta dei disastri politici degli ultimi anni: anche in Grecia chi si è avvicinato al gas russo fa una brutta fine (politica, ma non solo). Per inserire tutto nel contesto giusto leggere l’origine del #gasgate
Chi tocca il gas russo si scotta: silurato pure l’ex premier greco
Le trame contro il conservatore Karamanlis conducono allo stesso snodo di Berlusconi: il patto con Gazprom inviso agli Usa. E Atene indaga su un complotto per ucciderlo
Chi tocca la Russia muore (politicamente)? L’interrogativo, non solo per gli amanti di spy stories e complotti internazionali, è maledettamente attuale rispetto a ciò che è accaduto e che potrebbe accadere nella partita del gas che si gioca nel Mediterraneo.
Una partita con riverberi internazionali crescenti per via della crisi economica che da un triennio è esplosa in Grecia, per le soluzioni non intraprese, per i «no» che Bruxelles ha pronunciato (ispirati da chi?) nei confronti di quei rubli che avrebbero potuto soccorrere Atene e Nicosia. E soprattutto che ha coinvolto alcuni dei protagonisti di rapporti economico-imprenditoriali forse non troppo graditi oltreoceano.
Accanto alle ricostruzioni che da queste colonne sono state fornite sul triangolo Milano-Bengasi-Mosca, con l’emarginazione internazionale di Berlusconi premier nel 2009, nella vicina Grecia proprio nelle ultime settimane sta emergendo un filone analogo. Con similitudini temporali e contingenziali inquietanti ma con, rispetto al caso italiano, la certezza in più di un’inchiesta ufficiale della magistratura.
In scena l’ex premier conservatore Kostas Karamanlis, i suoi rapporti con Mosca e con Gazprom, il tentativo di dare seguito all’accordo sul South Stream (proprio come ha fatto Berlusconi) che avrebbe portato il prezioso gas direttamente nel mare nostrum. Nel 2004 Karamanlis vince le elezioni con il 45.36%, conquistando 164 seggi su 300. Tre anni dopo gli impongono le elezioni anticipate e nel settembre 2007 le vince nuovamente. Nulla può però quando, due anni più tardi, con i primi scricchiolii della crisi economica, i socialisti rifiutano le larghe intese e si impuntano per le urne, vincendo di poco. Ma senza che il premier Papandreou per almeno un anno dica una parola sulla voragine finanziaria del paese.
In Grecia lo dicono e lo scrivono da tempo: dopo le Olimpiadi del 2004, il conservatore Karamanlis si sarebbe «bruciato» per via del gasdotto e del ruolo che avrebbe potuto avere Gazprom, per nulla gradito a Washington. Un passaggio sul quale si è soffermato anche Dirk Mueller, ex broker della Banca di Francoforte, nel pamphlet Showdown che disegna gli scenari dell’ultimo biennio horribilis del continente. Sottolineando come Papandreou, fino a poche settimane fa leader dell’Internazionale socialista e ancora docente in un prestigioso campus americano, fosse niente altro che il factotum ad Atene di Washington e il frangiflutti puntato su Mosca.
I pm greci intanto indagano su una pista accreditata: qualcuno voleva assassinare Karamanlis quando era premier perché troppo vicino a Putin. Il primo articolo in merito venne pubblicato sul settimanale greco Hot nel 2011. È la stessa rivista diretta dall’inchiestista Kostas Vaxevanis, finito in cella sei mesi fa perché l’unico a diffondere i duemila nomi della lista Lagarde, un elenco di illustri evasori ellenici, in cui figurano uno dei principali consiglieri economici dell’attuale premier Samaras, Stavros Papastavrou, e Margareth Papandreou, madre di Giorgios, con la faraonica cifra di 500 milioni di dollari. La signora ha più volte smentito la sua implicazione, ma l’apposita commissione parlamentare di inchiesta è ancora al lavoro ad Atene.
Nel febbraio 2009 i Servizi greci informarono Karamanlis che secondo il Servizio federale russo per la Sicurezza (Fsb, ovvero l’ex Kgb) egli era diventato un obiettivo. In quei mesi sul territorio greco operava un «gruppo di lavoro» di 19 agenti russi per controllare la politica energetica del paese, così come ad esempio anche i parigrado italiani fanno in forma preventiva nelle zone dove è al lavoro l’Eni. Si faceva riferimento all’esistenza di un piano denominato «Pizia 1», che comprendeva quattro punti per danneggiare Karamanlis: instabilità politica attraverso lo scandalo Vatopedi su terreni concessi al clero ortodosso che nei mesi successivi è detonato sulla stampa nazionale; destabilizzazione economica, attraverso il progressivo degrado dell’economia greca e il rapimento di uomini d’affari; destabilizzazione sociale con disagio sociale e terrorismo. Su quest’ultimo punto un report dei servizi russi si esprimeva in questi termini: «L’attuale generazione di terroristi greci è controllata dai servizi segreti occidentali».
Ricostruzioni su cui anche Wikileaks appone una certificazione di autenticità, quando annota in data 17 dicembre 2007 una comunicazione dell’ambasciatore Usa ad Atene Daniel Speckhard: «.. al lavoro per “annullare“ l’acquisto di serbatoi nell’accordo con la Russia e nell’accordo per il gasdotto South Stream».
Quattordici mesi dopo, esattamente il 5 febbraio 2009, il Ministro degli interni Pavlopoulos, informò Karamanlis che secondo i servizi russi era pronto un piano per assassinarlo. Lo stesso Karamanlis da quel giorno restò confinato in «quarantena» per quasi un anno come emerge dal documento top secret del National Intelligence dal nome in codice «Special paper» (n. 219/5 del febbraio 2009). Mentre qualche giorno dopo nei pressi del monastero di St. Efraim ci fu anche un «incontro ravvicinato» tra agenti russi, colleghi occidentali e un nucleo del Mossad. L’intrigo è servito.
http://www.ilgiornale.it/news/interni/chi-tocca-gas-russo-si-scotta-silurato-pure-lex-premier-925140.html
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