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Gastronomia veneto-bizantina (1° parte)

Creato il 04 marzo 2011 da Walter_fano @walterfano
Gastronomia veneto-bizantina (1° parte)Un incessante andirivieni di uomini e merci collega le sponde dell'Adriatico con quelle dell'Egeo: grano da Cipro, vino e olio da Creta, sale e uva passa da Cefalonia e Zante, sono i prodotti monopolistici trasportati con profitto dalla Serenissima.
Tranne qualche rara eccezione, nel contesto lagunare le imprese elleniche sono di dimensioni medio-piccole, tuttavia è molto ampio l'elenco delle merci trattate. Cotone, lane, tappeti, drappi fatti di pelo di capra chiamati cameloti, coperte di lana ruvida dette schiavine, sono apprezzati nelle case veneziane. Anche la cera è un prodotto importato dai greci. Quanto a grano, orzo, fave e semi di lino, riempiono i magazzini di una città che "non ara, non semina, non vendemmia" ma che trae risorse da ogni porto.
Un discorso a parte merita il vino, che a Venezia non è mai mancato. Chiuso in orci di terracotta da 30 litri, da Creta, da Cipro, dal Peloponneso, i mercanti greci trasportano i cosiddetti "vini navigati", che vengono speziati o addolciti con miele o melassa, per conservarli meglio. Di quest'antico metodo oggi rimane solo la bevanda tonificante dei freddi carnevali: il vin brulé, che si beve caldo con zucchero, cannella, chiodi di garofano e cardamomo.
Ma il  nettare di cui si fa più smercio è l'assai delicata malvasia (termine derivato dalla città greca Monemvassìa), che si divideva in dolce, tonda e garba, ed era tanto apprezzata da essere registrata nelle spese pubbliche. Come annotava lo storico Giuseppe Tassini: "di tal vino con semplici biscottini componevansi le colazioni degli stessi elettori dei dogi; e di tal vino usavasi anche pel sacrificio della Messa, e per le comunioni".

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