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Un gene di medusa innestato in un gatto e ualà: ecco la discendenza del felino trasformarsi in un batuffolo fluorescente. Passatempi per scienziati frustrati? Niente affatto. Da qui si intende, infatti, partire per dare una mano alla ricerca sul virus HIV e moltissime altre malattie. Gli esperti della Mayo Clinic di Rochester dicono che uomini e gatti condividono circa 250 patologie, ed hanno un corredo genetico molto simile. Perciò pensano che sia possibile agire in modo analogo per debellare mali e infezioni. Si è avuta la prova proprio dalla colorazione dell'animale: l'attivazione del gene ha, infatti, permesso di verificare l'azione di un altro gene che, innestato nei macachi rhesus, rende gli animali resistenti al virus dell'Aids. Per la procedura sono stati utilizzati dei vettori virali, all'interno di ovociti felini, poi fecondati. Da qui sono nati tre gattini che godono di ottima salute e potranno fornire importanti informazioni sulla risposta biologica dei mammiferi all'HIV. Qualcosa di simile è accaduto anche con i cani. Si chiama, infatti, Tegon, un beagle creato in questi giorni nei laboratori dell'Università di Seul, il primo cane transgenico; il suo scopo sarà quello di facilitare lo studio di malattie degenerative come l'Alzheimer e il Parkinson. Ma insorgono gli animalisti. Ecco cosa dice Ilaria Ferri dell'ENPA: “Cani, gatti, topi, cavie e tutti gli altri esemplari reclusi nei laboratori sono condannati a vivere una condizione doppiamente innaturale. Infatti, oltre ad essere 'prodotti' artificialmente dall'uomo sono costretti a vivere la loro intera esistenza tra le quattro pareti di un laboratorio, sopportando atroci sofferenze. Ma il problema non è soltanto di ordine etico, è anche di natura scientifica. Sebbene le dichiarazioni dei padri del micio transgenico siano trionfalistiche, il vero punto debole della loro ricerca è la differenza sostanziale, e ineliminabile, tra il modello umano e quello animale”.
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