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Gay Street regno incontrastato dell'illegalità. Se è ridotta così poi è ovvio che ci siano violenze e aggressioni
Creato il 09 febbraio 2015 da RomafaschifoL’aggressione di venerdì notte avvenuta nella c.d. “gay street” (ossia in Via di S. Giovanni in Laterano) è un fatto sicuramente da condannare: sacrosanta, quindi, l’unanime reazione contro la deriva omofoba.
Su quanto accaduto vorrei però anche esprimere, come residente, un diverso punto di vista.
Al di là delle singole responsabilità degli aggressori una delle concause del fenomeno riposa sicuramente nelle condizioni attuali in cui versa la strada: rispetto al contesto formale (il tratto di strada è formalmente pedonalizzato da giugno scorso) il dato sostanziale, come dimostrato dalle foto, denota una condizione di degrado che costituisce - come più volte sottolineato da questo blog - l’ “humus” su cui alcune azioni di teppismo possono germogliare.
Da una parte gli avventori dei troppi locali commerciali (esercizi non tutti in apparentemente in regola soprattutto in tema di occupazione di suolo pubblico) e l’enorme consumo di alcolici (con il loro portato di rifiuti anche fisiologici), dall’altra il parcheggio delle automobili (nonostante il divieto), e, soprattutto una deriva serale di personaggi rappresentati, purtroppo, anche da venditori di droga o prestazioni sessuali a pagamento.
Questa finestra di degrado, come testimoniato dalle foto, peraltro comune ad altre zone della città, non fa che aggravare il senso di impunità di certi comportamenti e stimolare anche comportamenti aggressivi. A poco servono le telecamere installate solo per intervenire a posteriori sugli eventi più gravi e non certo in via preventiva; a poco serve anche una vigilanza fissa dei Vigili Urbani se seduti all’interno delle macchine e non in giro tra la gente.
L’accaduto meriterebbe, invece, di suscitare un dibattito tra esigenze dei residenti (che di giorno vivono e la notte tentato di riposare) rispetto all’eccessiva offerta merceologica che raccoglie molti utili sotto il cappello della comunità LGBT: se la corretta esigenza di promuovere la diversità si trasforma in ghettizzazione senza controllo (visto l’elevato numero degli avventori rispetto allo spazio disponibile) è chiaro che certe frizioni possono esplodere in modo incontrollato e divenire facile bersaglio anche per finalità omofobe. E tutto ciò senza raccontare in dettaglio cosa accade ogni notte, e soprattutto nelle caldi estati romane, a pochi passi dal Colosseo.
Se l’iniziativa di estendere l’area archeologica centrale passa per una seria pedonalizzazione della strada (magari accompagnata da veri dissuasori e non da due cartelli) questa non può tradursi ad uso esclusivo del commercio perché certe attività, quanto raggiungono dimensioni da grande evento, possono dar vita a conseguenze di ordine pubblico non controllate.
Di questo il Comune dovrebbe farsi carico cominciando a ripianificare gli spazi in modo partecipato anche in relazione agli standards urbanistici: il “carico” della movida, e la finta “pedonalizzazione” della strada, non sono infatti assolutamente compensati da una disponibilità di standards adeguati, a cominciare dalla disponibilità di parcheggi regolari e dall’assenza di una ZTL nell’intero quartiere Celio per finire con una regolamentazione delle autorizzazioni commerciali ed una repressione di quelle illegali.
Solo in questo modo potrà avviarsi una seria riflessione sull’esigenza di funzionalità e di vivibilità all’interno dell’area archeologica centrale ed in particolare del bene archeologico rappresentato dal ludus magnus. Non solo come residenti ma anche come liberi fruitori del patrimonio UNESCO credo che tutte le comunità presenti ne trarrebbero giovamento.
Vi chiederei, per evitare ritorsioni personali, di mantenere l’anonimato del presente messaggio.
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