Con l'edizione dodierna de "La Gazzetta dell Sport" oggi in allegato il libro scritto da Matias Jesus Almeyda con le confessioni choc riguardanti la sua carriera di calciatore passando dalle flebo somministartigli quando giocava a Parma alla partita "venduta" sempre durante la sua carriera nel Parma.....
Matias Jesus Almeyda prima di intraprendere la carriera di allenatore ha vissuto un'altra vita. Sul campo e fuori. E' passato per Lazio, Parma, Inter. Ha da dire, sul mondo del pallone di quegli anni dorati, ha scelto la via dela scrittura affidando i propri racconti - a tratti inquietanti - a un'autobiografia, "Almeyda, Anima e Vita", oggi da ET, inserto settimanale de La Gazzetta dello Sport.
"Per tutta la carriera ho fumato dieci sigarette al giorno. Anche l’alcol è stato un problema. Bruciavo tutto negli allenamenti, ma vivevo al limite. Una volta ad Azul, il mio paese, ho bevuto cinque litri di vino, come fosse CocaCola, e sono finito in una specie di coma etilico. Per smaltire, ho corso per cinque chilometri, finché ho visto il sole che girava. Un dottore mi ha fatto 5 ore di flebo. Sarebbe stato uno scandalo, all’epoca giocavo nell’Inter. Quando mi sono svegliato e ho visto tutta la mia famiglia intorno al letto, ho pensato che fosse il mio funerale". I suoi ricordi più piacevoli sono invece legati alla Lazio, dove formava un formidabile centrocampo assieme a Veron e Simeone: “Alla Lazio si è visto l'Almeyda migliore. Ero tra i più bassi quindi ho allestito una palestra a casa per rinforzarmi , tiravo anche di boxe. Là mi sono fatto tatuare l'indio sul braccio. la mia bisnonna lo era. Andavo all’ allenamento con i jeans a pezzi a volte senza maglietta, con una striscia a legare i capelli lunghissimi: pensavano fossi proprio un indio. Un giorno mi sono vestito come un gaucho…".
Il trasferimento al Parma, l’anno successivo nell’ambito dell’operazione che portò Crespo alla Lazio, fu l’inizio di una fase devastante che incise profondamente il giocatore per via dei sospetti di doping, messaggi mafiosi e combine: “A Parma ci facevano una flebo prima delle partite. Dicevano che era un composto di vitamine, ma prima di entrare in campo ero capace di saltare fino al soffitto. Il calciatore non fa domande, ma poi, con gli anni, ci sono casi di ex calciatori morti per problemi al cuore, che soffrono di problemi muscolari e altro. Penso che sia la conseguenza delle cose che gli hanno dato”. Molto gravi anche le sue rivelazioni riguardo Roma -Parma, partita dell’ultima giornata del campionato 2000-01 che regalò lo scudetto ai giallorossi: “Sul finire del campionato 2000-01, alcuni compagni del Parma ci hanno detto che i giocatori della Roma volevano che noi perdessimo la partita. Che siccome non giocavamo per nessun obiettivo, era uguale. Io ho detto di no. Sensini, lo stesso. La maggioranza ha risposto così. Ma in campo ho visto che alcuni non correvano come sempre. Allora ho chiesto la sostituzione e me ne sono andato in spogliatoio. Soldi? Non lo so. Loro lo definivano un favore...”.
Il passaggio all’Inter nel 2002 non risolse i suoi problemi, anzi quel brutto male moderno che è la depressione s’impossessò del centrocampista argentino: “E' iniziata a Milano. Due infortuni, troppo tempo senza giocare. Pensavo e pensavo. Un giorno non sentivo più la mano, quello dopo avevo perso la sensibilità nella metà del corpo. All’Inter c’era una psicologa. Mi diagnosticò attacchi di panico e prescritto una cura, ma non le ho dato retta. Ho capito che dovevo fare qualcosa quando mia figlia mi ha disegnato come un leone triste e stanco. Da allora tutti i giorni prendo antidepressivi e ansiolitici. Le chiamo le pillole della bontà, mi fanno essere più buono”. Per Almeyda è tempo di vincere la partita più importante. Fonte: Sport.Virgilio.it