Bologna, Freakout.
Il ritorno dei G.B.H. in Italia non si fa attendere troppo: pochi mesi fa a Reggio Emilia erano stati capaci di regalare un concerto in pieno stile ’80 e anche stasera l’attitudine non manca. Il covo dei punk questa volta è il Freakout Club nella laida Bologna, città dalla quale ci si aspetta molto per eventi del genere. Quando arrivo noto con piacere che l’affluenza porta con sé dialetti e targhe automobilistiche da tutta Italia: i fan non sono stati fermati dai 12 euro d’ingresso più tessera.
Come al solito al Freakout l’inizio dei concerti si proroga a tempo indeterminato. Verso le 23 saranno gli Scorma ad aprire: il loro sound richiama quel filone che congiunge un po’ tutte le epoche del punk, dal ’77 all’82 fino ad accenni inizio ’90. I toni sfiorano il melodico ma la batteria batte decisa sul rullante, segno dal quale capisco che la grinta del suono rimane. Classici testi antagonisti. Da subito i kids iniziano a pogare, non c’è un riscaldamento, lo stage-diving segue la confusione. Un buon inizio.
Poco dopo sale sul palco uno dei gruppi storici più interessanti, secondo me, di tutta la scena punk hardcore italiana: i Kontatto. Nonostante siano influenzati anche dal filone crust (tre membri su cinque fanno parte del pazzesco gruppo stenchcore Campus Sterminii), la professionalità con cui si propongono è invidiabile: alla seconda canzone una corda si rompe, la band decide di non fermarsi e cambiare chitarra in corso d’opera, senza farlo notare troppo. Non ci sono stacchi, punti vuoti o altre mancanze. Esiste un continuo scambio tra musicisti e spettatori durante la performance, fatta di sing-along: i testi sono chiari e attivamente seguiti da chi li conosce, e abbiamo anche un sano stage-diving che crea un’atmosfera magnifica. Ci sono parti più hardcore, altre decisamente d-beat, ma non manca mai l’energia vomitata sul pubblico, che impazzisce. Adatte in maniera particolare a essere suonate dal vivo sono “Non Ci Credo” e “Cospirazioni”, prese dall’ultimo Mai Come Voi (Agipunk, 2010) e accompagnate dal caos più totale.
G.B.H.: gravi lesioni personali. Un nome, un programma, una storia. Negli ultimi cinque anni l’evoluzione della scena punk si è notata molto, cinque anni fa appunto gli Uk Subs spaccavano i palchi e facevano rizzare tutte le creste e gli spike dei presenti. L’anno scorso gli Uk Subs non potevano che suscitare tenerezza e pena, e pochi erano i punk presenti. Stasera di kids ce ne sono, ma lo stile più colorato è abbastanza passato di moda, anche se – in ogni caso – il Freakout viene riempito in modo eterogeneo. I G.B.H., infatti, sono uno dei quei gruppi ascoltati un po’ da tutte le scene che fanno capo al rock più spinto: metal, hc, ’77, thrash… La fusione sarà evidente nel pit, dove un gomitolo di braccia e teste si scontreranno violentemente, rivivendo vecchie emozioni adolescenziali. Anche se la situazione non è stata certo tranquilla durante i primi due gruppi, l’adrenalina non scende e per tutta la sera non si esaurirà. Colin Abrahall partecipa all’ardore in modo attivo, si esalta insieme al suo pubblico, urla come se avesse davvero ancora le corde vocali intatte e la band al completo incita a divertirsi, bere e fare un macello. La scaletta scava dentro tutta la discografia. Un po’ troppo spesso i pezzi vengono intervallati da lunghe pause inutili, ma non appena i G.B.H. si rimettono a suonare mi dimentico di questa lieve mancanza e mi faccio trasportare in mezzo all’intenso pogo che si estende nella maggior parte della sala. Il culmine per me arriva verso la fine, con i pezzi tratti da City Babys Revenge (1984, Clay Records). A questo punto mi ritengo soddisfatto dell’ottimo concerto e mi placo aspettandone la fine, che arriva alle 2… per fortuna è venerdì.
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