Gender theory e responsabilità del meglio

Creato il 19 novembre 2014 da Alessandro Zorco @alessandrozorco

Da un lato c’è chi sostiene che la sessualità si deve esplicare nella piena libertà affettiva, svincolata da ogni regola biologica, sociale e culturale. Dall’altro chi crede ancora nella differenza biologica e genetica tra un uomo e una donna, presupposto fondamentale per mettere al mondo dei figli. Gran parte del dibattito sui temi etici che in questo periodo sta dividendo l’opinione pubblica si ritrova in queste due concezioni opposte della sessualità. Sui media si consuma ogni giorno e senza esclusione di colpi la battaglia dialettica tra i militanti LGBT (acronimo che indica lesbiche, gay, bisessuali e transessuali che chiedono il riconoscimento dei propri diritti civili) e chi rifiuta in toto le loro rivendicazioni, dai matrimoni gay alle stepchild adoption (l’adozione da parte di uno dei due componenti di una coppia del figlio, naturale o adottivo, del partner) fino all’insegnamento dell’educazione sessuale nelle scuole. Ma questo dibattito non può essere compreso fino in fondo se non si cerca di mettere a fuoco un concetto fondamentale: quello di gender.

La questione del gender – Rivendicazioni e implicazioni dell’attuale cultura sessuale” è stata al centro di un seminario tenuto nei giorni scorsi a Cagliari da don Aristide Fumagalli, docente di Teologia Morale presso la Facoltà Teologica dell’Italia settentrionale e il Seminario arcivescovile di Milano.

Durante la due giorni cagliaritana, don Fumagalli ha illustrato le varie posizioni in campo in modo da inquadrare al meglio una questione controversa, soprattutto per via della confusione semantica determinata da un termine generico come appunto “gender”.

La questione del gender – ha spiegato il sacerdote – si inserisce in un complesso reticolo di variabili che determinano l’orientamento sessuale di un essere umano: il sesso biologico, l’ “identità di genere” (cioè il sentito psicologico che determina concretamente l’orientamento sessuale e il conseguente comportamento sessuale) ma anche il “ruolo di genere”, cioè il ruolo che la società e la cultura in un determinato periodo storico si attendono da un soggetto, e infine quella componente meramente spirituale, la libertà, che come vedremo nella gender theory, assume una rilevanza fondamentale.

Il pensiero gender

Come ha evidenziato don Fumagalli nell’iniziale excursus storico, da un centinaio di anni a questa parte il tema del gender è stato analizzato in lungo e in largo: scienziati e pensatori di ogni nazione ed estrazione hanno trattato questo tema dal punto di vista biologico, genetico e ovviamente socio culturale, fino all’elaborazione delle moderne gender theory.

Negli anni Cinquanta il filosofo Michel Foucault teorizzò che le categorie maschio/femmina indicavano una relazione di potere: la supremazia dell’uomo sulla donna finalizzata a mantenere il potere maschile nelle istituzioni in cui era strutturata la società: Stato, Chiesa, famiglia. Tali concetti sono stati poi ripresi da filosofi come Herbert Marcuse e Wilhelm Reich e dalla scuola di Francoforte che ha contribuito teoricamente allo scoppio della prima rivoluzione sessuale.

Ma è stato soprattutto il movimento femminista a dare un contributo essenziale alla cosiddetta gender theory. Dopo una prima lotta per la parità di genere, il movimento femminista (in coda alcuni riferimenti specifici forniti dal sacerdote) è arrivato a teorizzare prima la costruzione del genere (il cosiddetto “costruzionismo sociale”) e poi addirittura la sua eliminazione. Le moderne teorie della “decostruzione” ipotizzano che si possa vagare in piena libertà da un genere all’altro esclusivamente in base alle proprie scelte emotive. Il termine queer (che in italiano significa obliquo, strano, stravagante) esprime questa destrutturazione dell’identità sessuale. Insomma – ha spiegato il teologo – la gender theory arriva a considerare il sesso come un’indebita prevaricazione della società che contrasta con la libertà dell’individuo che deve poter decidere il proprio genere in base al suo sentire psichico e alla sua emotività.

Come è ovvio la gender theory ha notevoli ricadute sul concetto di famiglia: la famiglia tradizionale si basa sulla differenza sessuale tra uomo e donna e sull’univocità dei genitori, mentre nelle cosiddette “famiglie arcobaleno” vigono l’indifferenza sessuale e pluralità genitoriale (data dalla possibilità di procreare ricorrendo alla fecondazione eterologa).

Il gender in politica

Dal 1975 al 1995 la gender theory è entrata con forza nell’agenda politica internazionale con le Conferenze mondiali sulle donne organizzate dall’Onu. In particolare è stata la Conferenza di Pechino del 1995 a determinare il passaggio epocale delle rivendicazioni femminili dalla lotta per la parità tra sessi al concetto di gender. Da quella data ha preso avvio il potenziamento delle politiche di genere (gender mainstreaming) che, da allora, sono state una costante del programma politico di ogni Stato.

Da allora, complice l’incertezza semantica del termine gender, il dibattito politico si è svolto in tanti Stati con una ambiguità di fondo: non discriminare significa necessariamente equiparare?

La posizione della Chiesa cattolica

Immediatamente dopo la Conferenza Onu di Pechino il Vaticano aveva sottolineato il rischio di utilizzare un termine generico come gender che, se tradotto legislativamente come strumento per attribuire diritti civili, avrebbe potuto causare gravi incertezze giuridiche.

«Il Pontificio Consiglio per la famiglia mise in evidenza l’uso ambiguo e ideologizzato che si stava introducendo, nonostante si assicurasse alla delegazione della Santa Sede la volontà di ricorrere all’uso “tradizionale” del termine», si legge nella prefazione del cardinale Alfonso Lopez Trujillo al volume del Pontificio Consiglio per la famiglia “Lexicon. Termini ambigui, e discussi su famiglia, vita e questioni etiche”, edito nel 2003. «La famiglia e la vita – si legge ancora – sono letteralmente sotto il bombardamento di un linguaggio ingannevole, che non favorisce, ma offusca il dialogo tra gli uomini e i popoli. Senza la ricerca della verità, l’universo della libertà è contaminato e posto in grave pericolo. Non esiste libertà senza la verità».

In quel periodo Giovanni Paolo II scriveva la famosa Lettera alle donne.

Nel 2004 nella Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica sulla collaborazione dell’uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo l’allora cardinale Joseph Ratzinger esprimeva una posizione molto netta in merito alle ideologie gender.

“Per evitare ogni supremazia dell’uno o dell’altro sesso, si tende a cancellare le loro differenze, considerate come semplici effetti di un condizionamento storico-culturale. In questo livellamento, la differenza corporea, chiamata sesso, viene minimizzata, mentre la dimensione strettamente culturale, chiamata genere, è sottolineata al massimo e ritenuta primaria. L’oscurarsi della differenza o dualità dei sessi produce conseguenze enormi a diversi livelli. Questa antropologia, che intendeva favorire prospettive egualitarie per la donna, liberandola da ogni determinismo biologico, di fatto ha ispirato ideologie che promuovono, ad esempio, la messa in questione della famiglia, per sua indole naturale bi-parentale, e cioè composta di padre e di madre, l’equiparazione dell’omosessualità all’eterosessualità, un modello nuovo di sessualità polimorfa”.

La prospettiva di genere

Eppure nel citato Lexicon del Pontificio Consiglio della famiglia per la prima volta la Chiesa distingueva l’ideologia gender dalla prospettiva di genere che, senza arrivare a posizioni radicali e intransigenti, poteva portare a nuovi spunti di riflessione.

Se infatti l’ideologia gender quasi elimina il sesso biologico e pare individuare l’identità sessuale nella sfera della libertà personale, la prospettiva di genere ha il pregio di guardare la questione in termini più ampi rispetto al tradizionale approccio esclusivamente biologico e di stigmatizzare qualsiasi discriminazione delle persone per motivi sessuali.

Tale assunzione critica delle teorie di genere caratterizza ad esempio, ha spiegato don Fumagalli, il lavoro del Coordinamento delle teologhe italiane. E anche i lavori del Sinodo (vedi l’Instrumentum laboris) e la stessa posizione di Papa Francesco – pur dando rilevanza alla famiglia formata da un uomo e una donna – sembrano comunque andare oltre le generiche condanne della gender theory.

Gender e responsabilità del meglio

In conclusione del seminario don Fumagalli ha auspicato che la questione gender venga analizzata con un approccio antropologico integrale e non parziale.

In pratica, ha spiegato il teologo, per trattare correttamente il tema della sessualità è necessario considerare tutti gli aspetti che formano l’orientamento di una persona (natura corporea, cultura sociale, sentimento psichico, libertà personale e relazioni interpersonali) evitando qualsiasi forma di assolutismo.

L’interazione tra i diversi elementi, secondo don Fumagalli, dovrebbe essere effettuata sotto la regia della responsabilità. La libertà – ha infatti spiegato il teologo – deve essere correttamente interpretata. Come diceva San Tommaso D’Aquino parlando del governo del proprio corpo, questo non deve avvenire in modo dispotico e tirannico, ma in modo “regale”. Bisogna insomma riconoscere ogni elemento e non distruggerne alcuno.

Il teologo ha parlato in particolare di responsabilità del meglio: esiste un dovere di scegliere il meglio per l’essere umano.  Soprattutto per i bambini che nell’infanzia, periodo in cui un essere umano è più plasmabile, devono avere le opportunità migliori.

E per un bambino che si affaccia alla vita – ha evidenziato – le opportunità migliori sono sicuramente offerte dalla differenza genetica. Interagire con un soggetto maschile e uno femminile e sperimentare da appena nato questa prima forma corporea di affetto dà ad un bambino una prospettiva più ricca, una migliore opportunità per capire la varietà del mondo, le sue differenze.

E’ meglio che un bambino possa godere di entrambe queste forme di cura – ha spiegato don Fumagalli – anche perchè un bambino viene sempre al mondo da un uomo e da una donna anche se poi viene inserito in una famiglia arcobaleno. Porta dentro di sé una differenza genetica, e tale evidenza – ha aggiunto – esiste sempre, anche nei casi limite della clonazione, una forma di riproduzione asessuata in cui le cellule sono comunque sempre differenziate.

Per un bambino è meglio avere dei genitori eterosessuati e univoci che gli permettano di avere una storia e una genealogia certa.

Gli studi genetici – ha detto il sacerdote – evidenziano sempre più chiaramente che tra la madre e il bambino esiste un legame sin dal concepimento e ogni discontinuità, come quelle determinate dalla fecondazione artificiale, comporta sempre un trauma. Ecco peraltro perché la costruzione dell’identità individuale non può prescindere dalla conoscenza del proprio genitore biologico: perchè ad un bambino deve essere precluso conoscere chi lo ha liberamente messo al mondo, anche in una forma anonima? Nessun bambino dovrebbe pensare di essere figlio di anonimi – ha spiegato don Fumagalli -: un conto è che questo succeda come incidente, un altro che lo si procuri sostenendo che è un bene. E’ la differenza tra le forme di procreazione assistita e l’adozione: a volte il meglio possibile per un bambino è un’adozione, ma è ovviamente un dono maggiore quello di permettergli di collocarsi dentro una storia familiare con genitori univoci.

Una linea genealogica certa è comunque anche meglio per la società: evita ad esempio il terribile problema dei legami incestuosi, oggi molto sentito dagli Stati che hanno liberalizzato la fecondazione artificiale e dove uno stesso soggetto può generare un centinaio di figli senza neppure sapere di averli.

Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola. Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!” – Lettera agli Efesini (5, 31-32)

Concludendo con questo brano della Lettera agli Efesini che riassume la concezione sessuale dell’intera Sacra Scrittura, don Fumagalli ha evidenziato che, nonostante ciò possa far storcere il naso a qualcuno, una corretta relazione d’amore (in cui una persona si relaziona all’altra per dargli la vita, non per toglierla o per asservirla), è possibile nella misura in cui i due sono reciprocamente sottomessi. Aggettivo rivoluzionario per una civiltà come la nostra!

Ma cosa vuol dire essere sottomessi? La prospettiva di genere – ha spiegato – ha messo in luce come questi testi della Sacra Scrittura siano stati sempre letti sovrapponendovi la nostra logica culturale. Viceversa la sottomissione di cui si parla deve essere sempre intesa come la sottomissione della Chiesa a Cristo, la sottomissione del lasciarsi amare, del lasciarsi versare la vita perchè possa essere vitalizzata. Le relazioni impostate in questa logica – ha concluso don Fumagalli – potrebbero diventare anche molto credibili rispetto a uomini e donne che per le loro conflittualità stanno cercando una migliore identità e una migliore relazione.

Alessandro Zorco

Gender e movimenti femministi

Nel femminismo di prima maniera Simone de Beauvoir (che ne “Il secondo sesso” affermava che “donne non si nasce ma si diventa”)  sganciava la sessualità dal solo aspetto naturale e biologico e considerava anche l’aspetto socio culturale della condizione femminile: propugnava la lotta per l’emancipazione della donna contro il potere maschile, contro il matrimonio e la struttura patriarcale della famiglia, auspicando il controllo totale sul corpo attraverso la contraccezione.

Dopo la De Beauvoir il femminismo si è evoluto. La prima mutazione si è avuta con la filosofa belga Luce Irigaray (Speculum – De l’autre femme) che ha iniziato a parlare di differenze di genere. Poi le teorie gender hanno preso gradualmente il sopravvento sull’aspetto meramente sessuale con le propugnatrici del cosiddetto “costruzionismo sociale” che hanno iniziato ad affermare che l’identità gender si può praticamente costruire. Dalle teorie del chirurgo americano John Money – che studiava i bambini con organi sessuali malformati – hanno preso avvio i cosiddetti gender studies e il concetto di genere si è slegato completamente dal sesso biologico. Secondo l’antropologa americana Gayle Rubin esistono infatti pluralità di generi staccati completamente dal sesso. Sulla base di queste teorie, ad esempio, Facebook in America prevede addirittura 56 possibili identità di genere.

L’ultima fase del femminismo è stata invece quella della vera e propria “decostruzione”: il genere non deve essere moltiplicato a dismisura ma deve essere direttamente eliminato. L’individuo e la sua libertà sono assolutamente in primo piano. E’ la teoria di Judith Butler: il genere si può disfare, scompigliare. Si può vagare da un genere all’altro. Tale concetto, come detto, viene riassunto dal termine queer.

Queste tesi sono state portate alla massima estensione da Donna Haraway autrice del Manifesto Cyborg dove si arriva addirittura a ipotizzare un essere post umano, un organismo cibernetico capace di procreare frutto del mix tra biologia e tecnologia.

Tra gli altri teorici citati da don Fumagalli anche Robert Connel che, dopo la morte della moglie, è diventato donna cambiando nome in Raawin Connel.


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