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Generazione Orazio (confuta Massimo Gramellini)

Creato il 31 marzo 2013 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali

Quintus_Horatius_Flaccusdi Gianluca Avagnina. Stasera, rintanato nel mio rifugio irlandese al calduccio, e osservando dalla finestra un incredibilmente fredda fine di Marzo (almeno per i mie gusti), mi trovo inspirato.

Quel tipo di ispirazione che ogni tanto viene per farti riflettere sulle cose. E con quel freddo fuori che mi confina in casa, non c’é momento migliore per mettere tutto su carta.

Il mio pensiero di stasera va a questo mondo che sembra andare, ogni giorno di più, a rotoli. E noi giovani che facciamo? La maggior parte di noi é seduta su una panchina al tranquillo, sulla costa, guardando la nave che affonda. Il bello è che, se pure è una grossa nave, e sta affondando proprio davanti ai nostri occhi, lo spettacolo non pare nemmeno impressionarci più di tanto. Magari distogliamo pure lo sguardo, dando più importanza a un sms appena ricevuto.

Perché.

Ho passato una vita alla ricerca di buone ragioni.

Sul comportamento umano, però, ultimamente c’ho un po’ rinunciato. Il fatto che sia così irrazionale e imprevedibile, il più delle volte mi ha fatto abbandonare la mia ricerca, lasciandola nella mani di chi, a cercar di capire cosa succede nella testa delle persone (e cercare di aiutarle se può), ci  dedica una vita intera (psicologi, psichiatri, e qualsiasi altra tipologia di ‘strizzacervelli’).

Perché la maggior parte di noi non si preoccupa della nave che affonda?

Bella domanda. Io ho fatto 21 anni solo la scorsa settimana. E non vi so rispondere.

Ma posso quantomeno suggerire una risposta, basata sulla mia recente esperienza.

Viviamo in un’epoca in cui la tecnologia ha reso tutto più veloce, la comunicazione tra individui più facile (anche se per molti versi non più efficace), lo svago e il benessere più accessibili.

Non che tutto questo sia un male, anzi. Ma le nuove generazioni si sono abituate a vivere l’attimo. Sì, questa è l’epoca di Orazio. Le nuove leve hanno esercitato, più o meno inconsciamente, un Carpe Diem quotidiano che le ha portate a dimenticarsi di come si pensa ‘a lungo termine’.

Studi dimostrano che la mentalità Occidentale è già di per sé più propensa a pensare di meno al futuro rispetto a quella Orientale. L’ evoluzione tecnologica (e, direttamente connessa ad essa, sociale), non ha fatto altro che accentuare questa inclinazione a pensare di più all’immediato.

Questo vale anche per le relazioni interpersonali. La maggior parte dei giovani non cerca la ‘storia’ della propria vita: per quella ‘c’é sempre tempo’. Tu mi piaci oggi, magari domani, dopodomani chissà.

È anche una generazione, la nostra, abituata a vivere nell’incertezza. Se potrebbe non esserci domani, perché pensarci?.

Ma pensare al futuro è quello che ci permette di essere costruttivi nella vita, di fare progetti, di sperare.

Secondo il giornalista de La Stampa Massimo Gramellini ‘gli innamorati sono gli unici ancora in grado di coniugare i verbi al futuro.’  Io, personalmente, dubito dell’esistenza pure di tali innamorati.

Anche il matrimonio, una volta una delle poche certezze della società, sembra essere diventato tutto un test drive: Ma sì, sposiamoci, vediamo come va. Poi, al massimo, c’è sempre il divorzio…

Cosa posso fare per cambiare le cose?

Di solito mi avvicino all’individuo seduto su quella  panchina al tranquillo, sulla costa, mentre la nave affonda. Mi avvicino, osservo lui, poi osservo la nave che affonda, e cerco di farglielo notare.

Questa volta non ha alzato gli occhi dal cellulare.

Proverò di nuovo.

Magari la prossima mi va meglio. Chissà.

Featured image Quinto Orazio Flacco, ritratto di Anton von Werner.

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