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Generazione spontanea

Creato il 09 novembre 2011 da Giovanniboaga
La scienza e la sua comunicazione
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Generazione spontaneaNell’articolo "Indietro tutta!" del 27 agosto abbiamo dato notizia di un recente studio pubblicato su una rivista che si occupa di politica della scienza, la Research Policy, dove gli autori, Cinzia Daraio dell’università di Bologna e Henk Moed dell’università di Leida, espongono i dettagli di un’analisi sullo stato della ricerca scientifica italiana e sui possibili segnali di declino. Il lavoro si concentra in particolare sul contributo italiano alla produzione scientifica mondiale nel periodo 1980-2009, sull’impatto relativo delle citazioni della produzione scientifica italiana e sull’andamento delle collaborazioni scientifiche internazionali, mettendoli in relazione con le risorse umane e gli investimenti.
Le informazioni relative a questo studio ci venivano da fonti giornalistiche autorevoli, come l’articolo di Corrado Zunino su La Repubblica (“La ricerca perde pezzi” del 22/8) e quello di Pietro Greco su l’Unità (“La ricerca perduta” del 23/8), dove si evidenziavano due fatti rilevanti, una notizia buona e una cattiva. Quella buona: nonostante la ben nota carenza cronica del nostro paese circa il sostegno, pubblico e privato, alla ricerca e allo sviluppo tecnologico, la produttività dei ricercatori italiani è stata sempre in crescita negli anni coperti dallo studio fino al 2007, raggiungendo un levato livello di pubblicazioni, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. Quella brutta: dal 2008 al 2009 il sistema non ha retto più e Daraio e Moed hanno registrato un vero e proprio crollo di pubblicazioni, passate da 52.496 a 40.670.

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Univeritas, blog di Giuseppe De Nicolao

Un crollo del 22,5% è una cosa certamente impressionante per qualunque cittadino interessato alla scienza e convinto che essa rappresenti un elemento fondamentale in una società democratica, ma senz’altro non facciamo fatica a credere che possa aver fatto saltare sulla sedia uno specialista in valutazione della produzione scientifica internazionale come Giuseppe De Nicolao, professore dell’università di Pavia. Come lui stesso scrive nel post "Is Italian science declining? Anatomia di una bufala", «il dato è così anomalo e in contraddizione con le mie informazioni precedenti che non ho potuto fare a meno di procedere ad una verifica». E così ha fatto. L’articolo contiene la sua analisi che, partendo dal confronto della fonte dei dati forniti da Daraio-Moed (Web of Science) con un altro database usualmente interrogato per ricavare le statistiche sulla produzione scientifica delle nazioni (Scopus), giunge alla conclusione che «nella ricerca della Daraio c’è un errore nella raccolta dei dati che riguarda non solo le statistiche italiane, ma anche quelle delle altre nazioni europee considerate. Questo errore crea l’illusione di un crollo generalizzato della produzione scientifica internazionale, di cui non si trova traccia nei dati assestati». L’effetto crollo, secondo De Nicolao, è dovuto essenzialmente all’errore di aver considerato definitivi dei dati (quelli relativi alle pubblicazioni del 2009) che non erano completi (quindi non assestati) nel 2010, anno in cui sono stati rilevati, essendoci un ritardo di registrazione nei database. Pur riconoscendo al lavoro di Daraio e Moed «il merito di ricordare alcune verità fondamentali già note a chi è correttamente informato», il professore di Pavia stronca come “bufala” il tracollo del 2009, frutto di un’analisi errata.
Generazione spontanea

Alcuni lettori ci hanno segnalato l’esistenza dell’articolo del professor De Nicolao che è intervenuto anche su questo blog segnalando lui stesso il proprio contributo alla questione. A questo punto la scelta obbligata, prima di dare notizia del lavoro di De Nicolao e di contribuire a bollare il lavoro come “bufala”, ci è parsa quella di contattare direttamente la prof.ssa Daraio per chiederle una replica alle accuse mosse e reperire lo studio originale. Così abbiamo scoperto che nell’articolo pubblicato su Research Policy non si fa alcun cenno al numero delle pubblicazioni citate negli articoli di stampa. Gli autori, per scelta, conoscendo bene il ritardo con il quale vengono aggiornati i database consultati, al posto del numero totale delle pubblicazioni hanno analizzato «il contributo italiano espresso in percentuale rispetto alla produzione mondiale, che non è influenzato dalla parzialità dell’ultimo dato disponibile al momento dell’analisi». È quanto ci scrive la prof.ssa Daraio la quale aggiunge che «il trend degli indicatori bibliometrici è stato analizzato con l’impiego di tecniche Loess che, interpolando il 75% dei dati, smorzano dal calcolo i valori “estremi” (ossia troppo alti o troppo bassi): in altri termini, i grafici presenti nel nostro paper non risultano influenzati dal valore dei dati riferiti al 2009, l’ultimo anno disponibile al momento delle nostre elaborazioni».
È vero che lo studio individua in una recente riduzione del livello di produzione scientifica una delle cause che potrebbero segnare l’inizio del declino della scienza italiana (insieme all'essere rimasta indietro nelle collaborazioni internazionali), ma è ben lontano, nelle sue conclusioni, dal parlare di crollo nei termini indicati dagli articoli de La Repubblica e de L’Unità e si conclude «auspicando un incremento dei finanziamenti alla ricerca, accompagnato da una riforma dell’autonomia e della governance basato su un solido controllo interno di qualità che incentivi la produttività scientifica».
Insomma più che errore nella raccolta dei dati, visto che appare incredibile che uno specialista come il professor Moed, da trent’anni punto di riferimento internazionale su indicatori di scienza e tecnologia, non sappia che i dati sulle pubblicazioni impiegano tempo per assestarsi, la vicenda appare come un’esagerazione giornalistica agostana, una “bufala” mediatica e non un errore scientifico, se proprio dobbiamo usare la metafora zoologica in voga.
Rimane, comunque, il “mistero” di quei numeri e quelle percentuali da crollo imminente presenti negli articoli di stampa citati e accettati troppo facilmente per buoni anche da chi li ha criticati, una “generazione spontanea” di dati della quale non siamo riusciti a capire l’origine.
pubblicato su Cronache Laiche

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