Un blog è anche un raccoglitore di ricordi.
Oggi mi va di usarlo così.
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Un giorno, Monsieur M passò in redazione. Non so come, iniziammo a chiacchierare di letteratura, di romanzi, dei libri che amava e dei miei autori preferiti.
Si finì (tanto per cambiare) a parlare di Emile Zola, e con mio grande stupore scoprii che non era un suo grande fan. Non per altro: non aveva mai sentito per Zola quell’attrazione che ti fa perdere la testa per un autore.
Gli raccontai del mio piccolo tesoro: tutta la collezione dei Rougon-Macquart, presa in blocco nel banchetto di un antiquario tanti anni fa, pagata 80mila lire (si era ancora nel giurassico). Libri di inizio 900; alcuni in buone condizioni, altri ridotti veramente male.
Monsieur M: «Posso chiederle di prestarmene uno? Voglio capire perché le piace così tanto Zola. E non si preoccupi: se me lo darà, prometto che lo tratterò come se fosse mio».
Faccio fatica a prestare i miei libri. Ma a lui non potevo dire no. Lui: uno storico, un grande appassionato di libri antichi, con un’attenzione maniacale per gli oggetti preziosi. Una garanzia.
Gli prestai Le rêve (Il sogno), sedicesimo romanzo dei Rougon-Macquart.
Ogni tanto, Monsieur M passava in redazione e mi diceva a che punto era. Non lo vedevo molto entusiasta della lettura, ma tant’è, sotto sotto me l’aspettavo che non gli sarebbe piaciuto. I gusti son gusti.
Poi, per un certo periodo, non si fece più vedere in redazione.
Iniziai addirittura a pensare che gli fosse successo qualcosa.
Si ripresentò dopo qualche mese con un pacchetto tutto avvolto in un’improbabile carta multicolor.
Armato di un grande sorriso, senza nemmeno salutare, me lo porse.
Disse semplicemente: «Cercava il suo libro?»
Pensavo fosse il suo ennesimo, incomprensibile scherzo.
Forse c’era una battuta che mi sfuggiva.
Presi il pacchetto, lo scartai e… trovai il mio libro, Le rêve.
Era lui, ma era diverso: era bellissimo, sembrava nuovo.
Monsieur M, senza dirmi niente, l’aveva portato a far restaurare.
Gli avevo dato un fascio di pagine a brandelli; lui mi stava rendendo un libro perfetto, completamente rinnovato, pronto per essere letto e riletto ancora tante volte.
In quel momento ci rimasi male: non me l’aspettavo.
Era un gesto tanto bello, inimmaginabile, che non seppi nemmeno cosa dirgli.
Lo ringraziai con gli occhi, gli dissi «non doveva». Avrei voluto dirgli tante altre cose, ma ero talmente sorpresa che le parole mi sfuggivano, non riuscivo a raccoglierle.
Lui si giustificò alla sua maniera, dicendo che l’aveva fatto solo per far lavorare un po’ «quegli sfaticati di via XX, ormai non c’è più nessuno che gli porta libri da restaurare».
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Sa, Monsieur M, mi è venuta voglia di riprendere in mano quel nostro libro.
