Genesi e storia del Renzusconismo

Creato il 19 gennaio 2014 da Albertocapece

Finalmente le cose sono chiare e visibili anche attraverso le spesse fette di prosciutto serrano che molti hanno tentato di mettersi sugli occhi: la terza repubblica si chiama Renzusconi. Pieno accordo tra il sindaco di Firenze e il Condannato, piena continuità tra il ventennio del Cavaliere e quello del giovane padroncino, scomparsa della socialdemocrazia, tentativo attraverso la legge elettorale di mantenere il potere politico, ma anche economico nelle mani dell’attuale establishment, assalto finale alla Costituzione, che secondo il sublime pensiero di Renzi avrebbe dovuto essere cambiata 70 anni fa, cioè prima ancora di essere formulata. Remolo e Romolo al potere.

Per buona pace di chi ha combattuto Berlusconi per anni inghiottendo ogni rospo del veltronismo pur di cacciare il tycoon e che se lo ritrova al centro dell’azione politica, per la consolazione di chi ha finto di combattere Berlusconi in cambio di una immeritata credibilità, per la serenità dell’Italia di corrotti, corruttori e affaristi, per la gioia di clientes e nuovisti d’accatto il berlusconismo ha vinto e continuerà attraverso il delfino che già da oggi è il nuovo premier di fatto. Per questo non possiamo che elevare un Te Deum al facilitatore di tutto questo cioè all’insigne vegliardo del Colle.

Ma un’altra cosa va compresa: tutto questo non è accaduto per caso. Se i particolari della vicenda che hanno portato al governo Renzi – Berlusconi sono stati ovviamente influenzati da eventi non controllabili, la sua linea di sviluppo lungo un percorso che dalla democrazia porta all’oligarchia, ha invece uno svolgimento logico, comprensibile e registrato. Tutto comincia quando l’Europa dei banchieri e della Germania vive la sua sindrome greca, ovvero la paura che l’uscita del piccolo paese mediterraneo dall’euro faccia perdere miliardi agli istituti di credito tedeschi e francesi che avevano follemente speculato sui titoli di Atene. Ai poteri continentali della Grecia non importa nulla, ma l’uscita di una tessera dal puzzle può innescare un effetto domino che potrebbe in breve mettere in crisi l’ideologia dominante e i suoi strumenti effettivi. L’Italia è in prima linea, il suo premier Berlusconi è ridicolo e inaffidabile, la sua persistenza potrebbe portare anche – orrore – ad un’ affermazione degli avversari e quindi a una minore disponibilità a piegarsi all’austerità e ai trattati di ferro con cui si intende imporla.

Così per prima cosa si fanno pressioni per evitare elezioni, mettere al potere un “amico” tecnico, ovvero il buon Monti  sotto il ricatto dello spread e intanto si cerca un sostituto del Cavaliere, qualcuno difficile da pescare nel mondo di nani e ballerine del Pdl. C’è invece un giovane ambizioso, cattolico, conservatore dentro e nuovista fuori, che contesta da destra gli apparati del Pd. E’ un personaggino, ma buca lo schermo, è adatto alla politica fattasi media, è l’uomo giusto per l’Italia mediocre e fatua creata da vent’anni di berlusconismo. Così a fine maggio del 2012 in occasione di un convegno appositamente organizzato dalla J.P. Morgan a Firenze, calano su Palazzo Vecchio Tony Blair e la ministra tedesca del lavoro, braccio destro della Merkel , Ursula von der Leyen, i quali mettono in piedi una pantomima di pranzi e dichiarazioni che lanciano Renzi come principale personaggio delle primarie del Pd. Dopo un tete a tete a pranzo (probabilmente pagato da noi) fra Renzi e Blair all’hotel  St. Regis di piazza Ognissanti, l’ex svenditore inglese del Labour dice che si è parlato di primarie e di aver chiesto delucidazioni in merito alla partecipazione del sindaco. In pratica un endorsement che fa capire come a Renzi non sarebbero mancati né gli appoggi, né le risorse.

Un mese dopo questi fatti, cioè a fine giugno arriva una nuova stazione della via crucis. L’Espresso pubblica un documento riservato di 8 cartelle, titolato “La rosa tricolore” che è all’esame di Berlusconi e dei notabili del Pdl e che ha come sottotitolo ”Un Progetto per Vincere le elezioni politiche 2013″. A confezionarlo con la supervisione di Verdini e di Dell’Utri è Diego Volpe Pasini, romano, imprenditore in Friuli, assessore comunale di Udine, collaboratore stretto di Vittorio Sgarbi, già noto alle cronache politiche per aver creato nel 2001 il “Partito liberal popolare in Europa con Haider”, inneggiante al defunto politico austriaco di simpatie neonazi, e alla cronaca nera per essere stato arrestato (nel 2008) per violazione degli obblighi dell’assistenza familiare nei riguardi della ex moglie. E qui basta leggere:

“Un piano in tre mosse. Primo, azzerare l’attuale Pdl, considerato in blocco «non riformabile» insieme a tutti i suoi dirigenti (con un singolare eccezione: Denis Verdini). 
Secondo, costruire un network di liste di genere (donne, giovani, imprenditori) tutte precedute dal logo “Forza”. 
E, infine, l’idea più clamorosa: candidare un premier a sorpresa, pescato come nel calcio mercato dalla squadra avversaria: non Luca Cordero di MontezemoloCorrado Passera né tantomeno il povero Angelino Alfano. Ma il giovane sindaco di Firenze Matteo Renzi, oggi candidato in pectore alle primarie del Pd”. 

Il presupposto del piano è lo sfascio del Pdl  che «appare non riformabile mentre i suoi dirigenti hanno un tale attaccamento al proprio posto di privilegio da considerare come fondamentale la sopravvivenza solo di se stessi. Miracolati irriconoscenti appiccicati sulle spalle di Berlusconi». Per questo, oltre ad una serie di contromisure di vario genere si passa all’idea  che come abbiamo visto piace anche in Europa, anche se certo non è scritta nei bollettini di Strasburgo, cambiare cavallo, ma solo in apparenza:

«Fermo restando che nessuno potrebbe svolgere questo compito meglio di Berlusconi, questo vale solo se lui sente il grande fuoco dentro di sempre». Se invece il fuoco del Cavaliere fosse intiepidito, sarebbe meglio pensare a un nome nuovo. Alfano? «Non crea trascinamento e emozioni». Montezemolo? «Troppo elitario e tentennante». Passera? «Privo di carisma e di capacità decisionali forti. La permanenza nel governo Monti non lo aiuta». 

E allora la sola cosa da fare, «folle, geniale», è schierare il campione del campo avverso: «Il solo giovane uomo che ci fa vincere: Matteo Renzi». Il sindaco di Firenze? Ma non è del Pd? Certo. Ma chi ha scritto il documento ricorda con lucidità che il rottamatore è inviso ai dirigenti del partito e alla Cgil, mentre è apprezzato dagli elettori del centrodestra. «Se Berlusconi glielo chiedesse pubblicamente non accetterebbe. Sarebbe un errore fare una richiesta pubblica da parte del leader», che pure conosce e stima Renzi, annota il testo, ricordando gli incontri di Arcore tra il sindaco e il Cavaliere. «Bisogna che Renzi si candidi da solo con la sua lista Renzi e che apra a tutti coloro che condivideranno il suo programma (ovviamente preventivamente concordato). A quel punto la nuova coalizione di centrodestra si confronterà con lui e deciderà di sostenerlo per unità di vedute e di programmi»

Quando il disvelamento del piano Rosa Tricolore appare sull’Espresso Renzi si scaglia immediatamente contro il settimanale e su Facebook dichiara “E allora voglio svelare il mistero: il piano esiste” L’hanno firmato non solo Verdini e Dell’Utri, ma anche Luciano Moggi, Licio Gelli, jack lo Squartatore e Capitan Uncino.” Disgraziatamente Vittorio Sgarbi, amico molto stretto di Volpe Pasini, estensore del piano, intervistato a caldo in merito alla vicenda si lascia scappare il fatto che il sindaco di Firenze era a conoscenza del piano: “Diciamo che gli ho accennato l’idea un mese e mezzo fa in occasione del programma condotto dalla Gruber. Gli ho detto che piaceva tanto a Verdini e ai vertici del Pdl”. Renzi si mostra infastidito et pour cause, visto che doveva ancora essere “incoronato” da Blair e l’uscita di un simile documento avrebbe potuto danneggiare tutto.

La cosa che comunque colpisce è straordinaria concordanza tra il piano formulato più di un anno e mezzo fa e la realtà che si è palesata ieri con l’accordo Matteo – Silvio, senza dimenticare un passaggio importante, l’endorsement che la Merkel ha fatto a fine settembre del 2013 dopo la sua rielezione: la Cancelliera fece sapere al Quirinale che per mettere fine alla falsa stabilità sarebbe opportuno che l’Italia tornasse presto alle urne con un Pd guidato da Renzi, vista la probabile decadenza e incandidabilità di Berlusconi.

Le cose sono andate anche meglio: Berlusconi è di nuovo al centro della politica, Renzi è il padrone di un Pd di poltronari a vita incapaci di qualsiasi autonomia e il piano di riduzione della democrazia prosegue senza intoppi. Renzusconi regna sovrano.


Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :