Genio sregolato compie nuova opera. Ma è proprio nuova?

Creato il 16 settembre 2010 da Massmedili

Brian Wilson è unanimamente considerato uno dei geni della musica contemporanea”, e mica lo dico io. C’è scritto su Wikipedia…

Ora, se me lo chiedete, come tutti, anch’io ho canticchiato spesso sotto la doccia “Ba, Ba, Ba, Barbara Ann“, ho sorriso riconoscendo il ritornello di “California Girls” e considero “Good Vibrations” una delle più belle canzoni della storia del pop. Cioè, riconosco che i Beach Boys erano niente male.

Ma Wilson (ex capo dei Beach Boys) è veramente un genio?  Strampalato è strampalato forte, basta guardare la sua foto sull’home page del suo sito ufficiale ( http://www.brianwilson.com/brian/index.html ) per rendersi conto che hem, sì, quel signore lì mica sembra tanto giusto… Cioè è esattamente la foto che vi aspettereste da uno che nel 1972 ha tentato il suicdio (come recita la leggenda) dal dispiacere che la Tv avesse cancellato le repliche del suo programma preferito, le avventure del delfino Flipper. In effetti sembra Ozzy Osbourne truccato da “normale”, e per questo ancora più inquietante. 

Eppure, a 68 anni suonati, la sua leggenda è una delle più consolidate del rock almeno per due dischi: Pet Sounds dei Beach Boys del 1966, considerato uno degli album più importanti della storia (è al primo posto nella classifica dei 100 album più influenti del pop per il Times, al 2° per Rolling Stone) in seguito al quale Wilson lasciò la guida del gruppo che aveva fondato con i suoi fratelli nel 1961. La già citata Good Vibrations (per Rolling Stone la migliore canzone pop di tutti i tempi) era un outtake dell’album: cioè, non era nell’LP originale ma è uscita contemporaneamente come 45 giri (oggi è ovviamente inserita intutte le ristampe in CD come pezzo forte). Il secondo album è Smile, del 2004: doveva essere l’album dei Beach Boys del 1967. 37 anni. Alla faccia della gestazione!

Nel frattempo il simpatico genio era completamente scoppiato. In sotanza ha avuto un “buco nero” di almeno 30 anni. Prendeva vagonate di cocaina, era ingrassato di 45 chili, si era fatto costruire una stanza con una spiaggia privata per suonare il piano, gli si è sfsciata la famiglia, è andato in rovina… Riemerge (più o meno) verso fine ‘90.

Ma i due album sono veramente i capolavori strombazzati dalla critica? Wilson ha avuto certamente il merito storico di tentare un’operazione di connessione fra il Doo-wap dei jingle anni ‘50 (recuperandone anche la componente jazz e bianca, che risale alla tradizione delle fireplace song ottocentesche  dell università dell’Ivy League – Boston e dintorni – da cui veniva anche Cole Porter…) e il Beat anni Sessanta, con tutta la sua carica psichedelica e immaginifica: insomma, una roba mai sentita e molto originale. Good Vibrations forse è veramente la miglior canzone pop mai scritta e soprattutto mai cantata, con quella miscellanea di voci semplicemente perfette che neanche lui è mai riuscito a replicare. Ma da qui a dire che Wilson è un genio a tutto tondo… Diciamo che ha avuto i suoi momenti buoni.

L’ultimo disco, in America strombazzatissimo (è stato il più venduto su Amazon per tutta l’estate) poi ha una storia veramente bizzarra: la Disney gli chiede un disco sulle musice dei film classici si animazione. Lui si impunta e dice “NO! voglio rifare Gershwin” (che è forse in assoluto il repertorio più rifatto di tutta la storia musicale americana) e intitola l’album Brian Wilson si rimmagina Gershwin . Insomma, una robetta modesta. La fondazione Gershwin gli mette anche a disposizione i manoscritti originali di George e Ira, da cui lui recupera e integra per l’occasone due inediti The Like In I Love You e Nothing But Love. Più altri undici classici fra cui la Rapsodia in Blue

Il risultato è piacevole. Ma non nuovo. Alcuni arrangiamenti sono effettivamente originali, come They Can’t Take That Away from Me e I’ve Got a Crush On You in versione surf che a tratti ricordano California Girls o I’ve Got Rythm. Perché funzionano meglio del resto? Perché lì Wilson si fa aiutare da un coro alla Beach Boys. Il resto è cantato da lui solo in maniera abbstanza tradizionale, che nei momenti più ispirati ricorda l’ottimo lavoro fatto negli ultimi vent’anni sugli standard dai Manhattan Transfer. Insomma Vocalese. Se non vi piace il genere, evitate pure.


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