I
ascolta l’orizzonte dissimula lo slancio che sbalza ricordo e premonizione in superfici che si guardano appena nebbie fanno albe fittizie separata la memoria di ciò che resta da accadere il vuoto torna suffragi: che torni in un soffio pure che niente lo immagini lo chieda, lo ami che torni niente dopo niente e che si veda che cambi che chiami che pianga soltanto una volta e poi cresca a scoppiare cicala a sparire formica nella curva di un gorgo a morire il soma così non esiste dimenticarsi rimane fin quando anche il luogo sparisce l’oscillazione nel plesso di un bacio e abitato articola fusi inquieti una piccola talpa dissoda volumi di memorie mentre mi porta il capo tra le mani schienata la falsa riga dell’orizzonte non saputa non vista affatto la forma dove confitto l’abbaglio accostata e compulsa una sorta di catalessi sformava il buio linee da presso sostenute le spalle, cunei inanimati, vincibilieretti a sfondo, non siamo che giaciuti, questi corpi di mattino lieve
II
(inerpicata l’addizione i conati l’immobilità degli atti tristi le parole quiescenti le empie le infrante i frantumi annidati la bocca spenta) mima minacce non compreso, il presente, mima gridando tutti giorni solitudini permeate a tutti gli oli, grida il lascito della sua convulsione fratta di segni canori, grida i fiati sconnessi che fanno la pelle meno conosciuta “piccola talpa, abbandona il mio quarto azzurro dividi l’osso che tralcio mentiva d’esserci dopo che mai dopo che sempre c’ero stata un niente, l’inventario dei silenzi le cose diradate spente. aperte, ci sono stanze, il corpo apprende solo l’istante che scaglia a ritroso il sangue sulla soglia delle intenzioni” in quel modo accorto di non amare, io pure non ho amato sordo come a una fitta continua il cielo rapprende in una stringa lunga una sola luce lì tempra una forza amara senza notte, un risvolto di fattezze inavvertite una flagranza che non lascia
(da Pratiche dell’ora madre poesie dal 2010)
Il Genius loci è un’entità naturale e soprannaturale legata a un luogo e oggetto di culto nella religione romana. Tale associazione tra Genio e luogo fisico si originò forse dall’assimilazione del Genio con i Lari a partire dall’età augustea. wikipedia