Genny è ‘na carogna, ma non per quello che indossa

Creato il 04 maggio 2014 da Calcioromantico @CalcioRomantico

Genny ‘a carogna in un fotomontaggio (colorz by spinoza.it)

Genny è sicuramente ‘na carogna. Se se l’è scelto come soprannome, un motivo ci sarà. Se fa parte di quel gruppo di tifosi del Napoli che, qualche mese fa, invece di plaudere alla decisione del giudice sportivo di sanzionare le curve che si prodigavano in insulti razzisti contro i napoletani, era dalla parte di chi insultava, allora è ‘na carogna di sicuro. E questo senza scomodare la camorra e il solito esperto dottor Saviano.
Il punto è un altro. Il capo d’accusa maggiore da cui Genny sembra doversi difendere, all’indomani della finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina, è un altro. E più che un capo d’accusa, è un capo d’abbigliamento. Una T-shirt che lascia intravedere enormi tatuaggi e un corposo cumulo d’adipe. Una T-shirt nera con una scritta inconfondibile, “Speziale libero”, con esplicito riferimento al tifoso catanese condannato per l’omicidio del poliziotto Filippo Raciti. Una cosa certamente di pessimo gusto, ma meno grave, ad esempio, degli applausi tributati in sede ufficiale il 30 aprile scorso dai poliziotti del Sap ai loro colleghi condannati per la morte di Federico Aldrovandi.

Eppure quella T-shirt usata ad arte dai media mainstream è l’occasione per confondere i piani della narrazione, un po’ per incapacità ormai di raccontare le cose e fare giornalismo d’inchiesta, un po’ per insistere su quei “valori” (tipo la bontà delle forze dell’ordine) intorno a cui tutta la nazione deve unirsi. Perché se non c’era ‘sta maglietta, sono sicuro che avremmo dovuto sentire in tutte le salse le rimostranze dei benpensanti verso i tifosi hanno fischiato l’inno.
Nessun dubbio, infatti, su quale sarebbe dovuto essere nelle cronache l’evento più importante e drammatico da raccontare: il conflitto a fuoco a Tor di Quinto e il conseguente ferimento di tre tifosi napoletani (uno dei quali, colpito al torace, è davvero grave). Eppure alle nove e mezza il sito de La Repubblica ricostruiva l’accaduto senza neanche buttare lì l’ipotesi di un coinvolgimento di ultrà romanisti e scriveva come il tutto non avesse a che fare con la partita. Ma come? Se hanno sparato a dei tifosi come fa a non essere collegato alla partita? Se ultrà napoletani e romanisti si odiano, come fare a non sospettare almeno lo zampino di questi ultimi?
E, invece, Genny campeggiava già in prima pagina. La Federazione non si prendeva la responsabilità di annullare il match, ma spingeva per la sua disputa? e allora stigmatizziamo il comportamento di Hamsik che era andato a informarsi su come Genny e gli altri ultrà avrebbero accolto la disputa match, mentre uno di loro lottava tra la vita e la morte. Ed ecco l’uomo dalla T-shirt incriminata, anzi “sbattuta in faccia alle forze dell’ordine” dare l’assenso al match e garantire la sicurezza di tutti (almeno in quel momento), sicurezza che proprio quelle forze dell’ordine avrebbe dovuto garantire.

Scusate, ma io nello scambio Hamsik-Genny non ci trovo niente di male. E se il tifoso napoletano ieri fosse morto durante la partita?
Avevo 10 anni quando con due ore di ritardo vidi partire una finale di Coppa Campioni che attendevo da sempre, nonostante la gravità dell’accaduto e la presenza di numerosi morti fosse stata accertata e comunicata in TV. Quando vidi il terzino del Liverpool Lawrenson uscire in lacrime al 3′ e, invece, Boniek e Platini festeggiare assegnazione e realizzazione di un rigore. E va bene che i giocatori non sapevano come stavano le cose e va bene che allora gli i-phone non esistevano e va bene che per ordine pubblico si era deciso di giocare, ma quell’esultanza era fuori luogo vista l’atmosfera irreale che si respirava all’Heysel. La stessa che aleggiava nel soggiorno di casa mia.
Certo, anche ieri sera i novanta minuti all’Olimpico hanno fatto dimenticare tutto e la città ha festeggiato coppa e gol di Insigne e Mertens, ma almeno stavolta era chiaro in principio che in presenza di una morte lo show non sarebbe potuto andare avanti.

federico


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