25 aprile 2012 di Denis Michelotti Lascia un commento
Il capitano del Genoa Marco Rossi con le maglie dei compagni
Nella stessa giornata in cui sui campi sportivi parmigiani, come abbiamo scritto lunedì (clicca qui per leggere), correvano e si divertivano più di 450 bambini per la Friendly Cup organizzata da Parma Football School, a un paio di centinaia di chilometri di distanza è avvenuto uno degli episodi più riprovevoli e perversi della storia del calcio. Ci stiamo riferendo ovviamente a quanto accaduto a Genova durante la partita Genoa-Siena quando, sul risultato di 0-4, un gruppo di tifosi della squadra di casa ha fatto sospendere la partita intimando ai giocatori di togliersi la maglia, perché ritenuti indegni di portarla. Lascia basiti il fatto che quella maglia i calciatori se la sono tolta davvero, capitan Marco Rossi per primo. Soltanto Sculli ha avuto il coraggio di tenersela addosso e di andare a parlare con gli ultras riuscendo a far riprendere la gara, dopo più di 40′ di sospensione.
Ora, dato che la cronaca delle ultime settimane ci ha già abituati a vedere capitani che abbandonano la nave prima del resto dell’equipaggio, ciò che ci ferisce nel profondo è vedere come lo sport più seguito d’Italia si lasci piegare da una manciata di facinorosi. I tifosi rossoblù non sono solo riusciti a far togliere le casacche ai giocatori, ma anche a far calare le braghe al mondo del calcio. L’umiliazione per i fatti di Genova dovrebbe essere avvertita come tale da tutti gli amanti del pallone, perché scene del genere colpiscono l’intero movimento e non solo una società calcistica. Il Genoa giocherà le prossime, nonché ultime, due partite casalinghe di campionato a porte chiuse, ma le conseguenze di quanto avvenuto domenica scorsa dovrebbero essere ben più drastiche. Se invece, come troppo spesso accade in Italia, ci limitiamo a puntare il dito per qualche giorno verso quella manciata di delinquenti che rappresentano il cancro dello sport salvo poi dimenticare tutto, diventeremmo noi stessi un nemico del football.
Chi il calcio lo ama davvero, alla visione di certe immagini dovrebbe essersi sentito come chi è rimasto in mutande davanti a milioni di persone. E, di solito, a meno di non soffrire di qualche patologia mentale, chi vive una simile esperienza fa di tutto per far sì che non si ripeta. Se invece ci mettiamo a fare le solite chiacchiere da bar senza cognizione di causa, allora ci meriteremmo di far la parte degli scemi del villaggio. Ciò che poi dovrebbe farci ancora più male, è che solo pochi giorni fa il campionato si era fermato per la morte di Piermario Morosini. Bel modo di rendergli memoria…
Lunedì abbiamo definito la Friendly Cup il lato più sano del calcio, oggi abbiamo trattato il suo lato malato. Quale sia la cura non sta a noi dirlo, ma di certo non può essere un semplice Daspo (divieto di accesso alle manifestazioni sportive) di cinque anni per i tifosi che hanno fermato la partita, così come non può essere il tempo. Noi che ci sentiamo di essere rimasti in mutande, abbiamo aspettato fin troppo, non credete?
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