Si è aperta il 30 giugno, con l’omaggio a Pietro Germi, una 17ͣ edizione del Genova Film Festival cui è facile attribuire una nota malinconica, per diverse ragioni. La malinconia di fondo può risultare infatti accentuata dalla constatazione che questa manifestazione cinematografica tradizionalmente vivace, ricca di spunti, coriacea nel difendere i propri spazi, ha dovuto subire nel corso degli ultimi anni una drastica riduzione di fondi, i cui contraccolpi cominciano ad avvertirsi pesantemente nel palinsesto. Da “aficionados” del bel festival ligure, avvertiamo un particolare disagio di fronte all’assenza di una sezione come “Oltre il confine”, che sin dalla sua nascita ci aveva permesso di venire in contratto con cinematografie straniere validissime e spesso poco conosciute in Italia. Si spera che tale soppressione sia solo temporanea. Ma in ogni caso le sezioni di un festival possono sparire e riapparire, per le persone non vale purtroppo lo stesso discorso. Il vero motivo di tristezza coincide, ahinoi, con la recente scomparsa di Claudio G. Fava. Non solo un intellettuale vero, generoso, profondo, capace di parlare dell’arte cinematografica con una competenza e una ricchezza di vedute che oggigiorno, disgraziatamente, sono rimasti in pochi a possedere; ma anche un amico sincero del Genova Film Festival, kermesse che da presidente onorario ha sempre sostenuto dando vita a incontri capaci di scavare, anche attraverso i suoi ricordi, nel tessuto vivo della cultura italiana.
Quasi scontata, ma indubbiamente molto sentita, la decisione di intitolare a lui questa edizione, decisione presa da chi il festival continua a dirigerlo e a organizzarlo con grande passione, nonostante le difficoltà. E così, sul catalogo del 2014, campeggiano i contributi di nomi importanti del giornalismo e del mondo dello spettacolo, in memoria dell’amico scomparso: da Natalino Bruzzone a Oreste De Fornari, da Steve Della Casa a Tatti Sanguineti. Con molta umiltà, vorremmo aggiungere anche noi una piccola testimonianza. Perché in questi anni Claudio G.Fava ci ha regalato presentazioni di film e tavole rotonde in grado di far rivivere il cinema del passato con una varietà di colori, un’aneddotica praticamente inesauribile, una profondità storiografica e un’umanità di fondo, tali la lasciarci spesso a bocca aperta.
Decisamente agrodolce uno degli ultimi ricordi che abbiamo di lui: un paio di anni fa era venuto infatti a presentare, sorretto a fatica da un bastone da passeggio, la proiezione di Fantasmi a Roma, costruendo nella circostanza un ritratto sfaccettato e sanguigno di questo piccolo capolavoro del cinema italiano, nonché dell’epoca in cui esso venne girato. Uno spirito ancora lieve e ironico, chiuso in un corpo già minato dalla vecchiaia, dai malanni. E la cosa ci aveva un po’ intristito, perché veder arrancare per l’età un simile concentrato di cultura, affabilità e sagace umorismo, non può certo lasciare indifferenti. Le più fosche previsioni sul suo stato di salute si sono da poco avverate. Ma sarà impossibile continuare a frequentare questo festival senza rivolgere, ogni tanto, un pensiero alla dedizione e alle tante gioie che Claudio G. Fava ha saputo regalare al suo pubblico.
In tutto ciò, il festival ha avuto inizio e noi abbiamo cominciato a seguirlo proprio ieri, in un’atmosfera che è riuscita persino a diradare le persistenti malinconie: hanno provveduto ottimamente allo scopo Enrico Vanzina e Oreste De Fornari, protagonisti di un incontro col pubblico che persino a Fava sarebbe piaciuto molto, siamo pronti a scommetterci, per le tante battute spiritose, le riflessioni acute sull’industria cinematografica italiana degli anni d’oro e sul suo attuale declino, l’amenità dei numerosi aneddoti riesumati per l’occasione. Tanti, del resto, gli spunti offerti da De Fornari a Vanzina e da lui approfonditi: la personalità, i film e le amicizie eccellenti di Steno; la goliardia sempre presente negli incontri tra Enrico Vanzina e Verdone; il ruolo dei comprimari nella filmografia così prolifica dei due fratelli; gli orizzonti attuali della commedia italica; i grandi registi del passato. E il suggello alla serata è venuto poi dalla proiezione di Un matrimonio da favola, l’ultima commedia realizzata al momento dai fratelli Vanzina. Doppiamente divertiti all’idea di vedere un film del genere all’interno di un festival, solitamente orientato su altri percorsi cinematografici, ci siamo abbandonati volentieri alle risate; anche perché rispetto a prove recenti piuttosto incolori o addirittura disastrose, come Sotto il vestito niente – L’ultima sfilata, questo nuovo film è da parte dei due cineasti romani una gradita sorpresa. Tempi comici ottimamente studiati, personaggi dotati di un qualche spessore, cast affiatato e uno sguardo giustamente dissacratorio nei confronti delle banche svizzere fanno di Un matrimonio da favola non un capolavoro, ma una commedia degli equivoci quantomeno gradevole e arguta.
Stefano Coccia