Genova piange Don Gallo, il prete degli ultimi in rotta col potere

Creato il 23 maggio 2013 da Alessiamocci

È morto a Genova all’età di 84 anni don Andrea Gallo, l’amico dei deboli che ha vissuto l’essenza del Vangelo, il volto umano di una Chiesa che non l’ha mai riconosciuto né sostenuto. Più volte le sue parole hanno destato scalpore nei perbenisti prelati che, per ragion di Stato, non si schierano contro il potere né lo condannano.

Lui sì, quel prete da osteria non aveva paura di sporcarsi le mani nel letame, perché è là che nascono i fiori più belli, come ci ha insegnato De André, suo amico e seguace.  Come raccontò lo stesso Don Gallo, Faber soleva dirgli: “Ti sono amico perché sei un prete che non mi vuol mandare in Paradiso per forza”.

Perché che senso ha parlare del paradiso quando la vita terrena è un inferno? L’uomo era al centro dei suoi pensieri e soprattutto delle sue azioni, quell’uomo che spesso si butta via tra droga e vita balorda ma non per questo non deve essere amato. Quell’uomo che a volte ha la sfortuna di nascere povero e solo, infinitamente fragile, e in lui trovava un porto sicuro. La comunità da lui fondata nel 1975 prese il nome di S. Benedetto al Porto.  I diseredati, le puttane, i drogati, tutti gli scarti della società insomma, vi trovano da quasi quarant’anni accoglienza e amore, proprio li “nei quartieri dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi” (F. De André, La città vecchia).

Ma la sua militanza nel nome di Cristo a fianco dei poveri inizia molto prima: nel 1948, all’età di vent’anni, comincia il noviziato con i salesiani. Dopo la missione in Brasile, terminata anzitempo per l’inizio della dittatura, è nominato cappellano di un riformatorio minorile. I suoi metodi educativi sono per l’epoca innovativi, la repressione lascia il posto alla libertà e alla fiducia. È troppo anche per i Salesiani, che lo rimuovono dall’incarico.

Entrato nella diocesi genovese, è vice parroco della chiesa del Carmine, nel difficile centro storico. Anche da li viene rimosso a causa delle sue idee “comuniste” che preoccupano non poco il cardinale Siri, conservatore e fervente anticomunista. L’ideologia forse più umanitaria della storia delle confessioni religiose, se osservata integralmente e testimoniata con forza, viene bollata come puro e semplice comunismo. Gesù Cristo, d’altronde, fu il primo comunista di tutti i tempi, inviso anche lui alle gerarchie ecclesiastiche che lo consideravano scomodo ed eretico.

Si è fatto carico di tutte le battaglie per i diritti civili e per l’uguaglianza sociale. Da sempre vicino alla sinistra radicale, lottò con tutte le forze per una società più giusta e una Chiesa più vicina alla buona novella. Ben conscio che la lotta passa inevitabilmente dalla presa di posizione, non esitò a schierarsi contro le logiche conformiste e politiciste della Chiesa, usando all’occorrenza parole forti.

Tra le sue battaglie più celebri, quella per il divorzio, per la legalizzazione delle droghe leggere e contro la discriminazione degli omosessuali da parte della Chiesa. Ma anche la proposta della revoca del celibato obbligatorio – vista  come soluzione, sebbene parziale, agli abusi sessuali dei preti – e la battaglia per l’uso degli anticoncezionali, che garantiscono il diritto al piacere  degli esseri umani, essendo anche la sessualità un dono di Dio.

Posizioni al limite dell’ortodossia per una Chiesa che troppo spesso vive e si nutre di forme e formule vuote di significato.

I suoi libri, i cui proventi contribuiscono a finanziare la comunità, hanno nomi simbolici e rivelatori: “Il Prete da Marciapiede”, “Il cantico dei drogati”, “Angelicamente Anarchico”, “Io cammino con gli ultimi”, “Così in terra come in cielo”.

Nel suo ultimo libro “In cammino con Francesco” edito da Chiarelettere, Don Gallo intravede nel nuovo pontefice la possibilità che il suo ideale di “una chiesa povera e per i poveri”, citando proprio papa Francesco, si concretizzi. “Un sollievo dopo tanta pena”.

Certo non verrà canonizzato, ma in quel volto spigoloso, che si estendeva dal colbacco all’immancabile sigaro, era riflessa l’immagine del “Dio che atterra e suscita, che affanna e che consola”.  Per i ragazzi della comunità, che l’hanno vegliato fino all’ultimo, e per coloro i quali sperano in una Chiesa più umana e ricca soltanto di amore è santo subito.

L’ultimo tweet due giorni fa, un testamento spirituale: “Sogno una Chiesa non separata dagli altri, che non sia sempre pronta a condannare, ma sia solidale, compagna”.

L’accorato appello di un vecchio che, alla fine della sua avventura terrena, si congeda dal mondo con un’ultima speranza, concedendosi il lusso, non da tutti, di morire sognando.

Written by Nino Fazio


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