1- Slontcha!
C’è una zona a Dublino in cui di giorno troverete famigliole anglosassoni, scandinave, celtiche e mediterranee ivi
portate dalla Lonely Planet impugnata dal maschio adulto. E’ gente di passaggio, Temple bar non è il loro habitat. Danno un’occhiata alle ragazzine urlanti, padri e figli ammiccano, madri e figlie invidiano. Poi proseguono altrove, verso un turismo di spiegazioni più sostenibili da affibbiare alla prole, verso una Dublino meno rozza e impresentabile.
Ma a parte l’imbarazzo di alcuni, al giorno Temple bar non è niente di che, una sorta di Ibiza del freddo, vento e pioggia. Quando calano le tenebre e ad ogni rintocco delle campane una percentuale sempre maggiore di persone rispettabili rientra nelle proprie stanze, questo quadrato di pub nel cuore di Dublino si trasforma mano a mano in un girone dell’inferno di gente putrida, imbevuta di birre nere e whisky gialli, incapace di programmare la giornata successiva e, alcuni, la vita stessa. O forse no, magari è una composita formazione in cerca di un momento di evasione e poi eccoli pronti a lasciare peti intrisi di luppolo e cibo di strada sull’aereo che li riporta alle quotidiane incombenze.
E l’orario si è fatto serio, quasi il sole si dice pronto ad accarezzare il famoso cielo d’Irlanda con i suoi raggi, quando all’angolo di uno di questi pub un personaggio poco e nulla celtico attende non si sa chi né cosa. Ha un berretto e una sciarpa turisticamente irlandesi, un occhio spento e l’altro sbilenco, una birra nella mano destra e una speranza, seppur fievole, di importunare ancora turiste con il suo approssimativo inglese. Quand’ecco che una zingarella anch’essa munita di bicchiere, ma contenente denaro e non liquido inebriante, gli si accosta garbatamente sulla sinistra. Il nostro ha lo sguardo fisso verso il nulla, la mente leggera e la mano avvezza al brindisi. Intravede solamente un bicchiere e non fa caso al contenuto, all’inequivocabile foulard sulla testa della Signora. Una sola cosa gli pare possibile in questo momento: che qualcuno gli richieda l’ennesimo brindisi della serata. “Slontcha!” pronuncia senza convinzione. E la zingarella ascolta il tintinnare delle monete nel suo bicchiere e si dice che no, nemmeno Temple bar è quella di una volta. Vecchia sporca Dublino.
2- I want that girl
A poca distanza un compaesano dell’indefesso brindaiolo si aggira tra la melma umana rimasta a ciondolare per le vie di Temple bar. Pare che a questo ragazzo vestito con un personale stile vintage, un po’ gondoliere e un po’ guascone, il cappello pesi parecchio sulla testa di capelli e barba neri. Già, parrebbe proprio così a scrutarne il capo chino, le movenze insicure e gli occhi serrati. Non è uno come gli altri, ha un’anima gentile e blues che ha alimentato a Jameson e un sentimento indefinibile per un qualcuno di cui conosce poco più di chi sta scrivendo. Il nostro ramazza parole a destra e sinistra, alcuni lo considerano, altri lo evitano. Infine incontra un’anima gentile come la sua, uno di quelli che capisce e condivide oltre la lingua, le barriere culturali ed etiliche. I due si parlano, comprendono, paccano la spalla. Si conoscono da una manciata di minuti, parlano lingue differenti, tifano squadre di campionati diversi, eppure ad unirli c’è quell’anima blues che ingentilisce e allo stesso tempo strazia il cuore. Infine l’abbraccio, empatico e sincero. I want that girl, pronuncia il nostro con il mento sulla spalla dell’altro. L’amore non ha potuto, quindi. Però, diciamolo, ha giocato proprio bene.
3- Morigerati questi irlandesi
E’ una persona stimabile, presto avvierà una carriera forense in cui metterà a frutto la propria intelligenza e quell’attitudine ciarliera di cui tutti vi parleranno a riguardo. Dietro agli occhiali con montatura di testuggine ha occhi resi inespressivi dalle lunghe ore in prossimità di banconi in rovere. Divora un panino di cui altri annuseranno i prodotti della combustione, dice la sua su ogni cosa, anche quando non richiesto. Ma finisce per trovarsi a corto di idee e dice che si, questi irlandesi berranno anche parecchio, ma non è che poi si riducano così male. Agli astanti non è dato sapere cosa costei ritenga una persona debba fare per perdere dignità, ma tutti sembrano d’accordo sul fatto che “questi irlandesi” non abbiano un grande senso della misura. Ma il nostro arringa e non demorde. Poi ecco la combriccola uscire dal paninificio. In strada c’è chi dorme a terra, chi ciondola, chi nonostante gli anta e una prole a carico sbraia ai quattro venti il proprio amore per il malto d’orzo. Sarà dura convincerla, Vostro onore.
4- Flauti
E’ entrato in un negozio di souvenir e doveva aver un portafoglio molto pesante perché ha fatto man bassa di ogni genere di pseudoautoctona stupidaggine: Cappello, bandiera, flauto. Si, flauto. Un bel nove euro di flautino inutile inutile che più tardi finirà in una pozzanghera e lì trascorrerà il resto dei suoi giorni. Ora, costei è sempre di quella combriccola di compaesani giunta in terra d’Irlanda per festeggiare un addio al celibato. Ha un animo propenso al buon cibo e alla bevuta in compagnia. Non disdegna l’eccesso e adora animare le serate sue e degli amici con fare gigionesco. E’ il più giovane della spedizione. Bene, dopo aver acquistato il flauto, a costei pare giusto esibirsi in un concerto per elfi e gnometti dalla dubbia riuscita. E infatti, dopo i primi applausi, c’è chi gli consiglia l’ispezione rettale, chi, più finemente, di regalarlo a qualche gentile donzella. Ma lui, da sempre nemico di ogni banalità, opta per un procedimento differente: infila lo strumento nella birra, tappa ogni foro impedisca la risalita del succo e beve fin quai a farsi uscire il liquido dal naso. Ha fatto di testa sua. Bravo. Il negozio di souvenir, in ogni caso, ringrazia.
5- Ireland is freedom
Chiudiamo con il personaggio di prima. Il flauto è ancora nella tasca interna della giacca, la bandiera sventola sopra il berretto, la mano impugna una corpulenta birra nera. E’ un ragazzo che ama gli scambi culturali. Oltre la buona tavola e il bicchiere, ma di questo si è già detto e il lettore avrà oramai capito. Ecco, sulla scelta degli interlocutori qualcosa da dire ci sarebbe. E poi non fa attenzione a occhi indiscreti. Un video lo riprende mentre tenta una connessione politica con un ragazzotto irlandese più attento ai problemi di tutti i giorni che alla questione dell’indipendenza irlandese. Ma il nostro insiste, lo richiama all’ordine, accennerebbe al famigerato Sinn Feinn se solo la birra non gli avesse ottenebrato la memoria. Chissà cosa deve aver pensato il nostro delle mani giunte a coppetta con cui il suo interlocutore si avvicinava a chicchessia. Una raccolta di fondi in favore dei compagni dell’IRA imprigionati dai barbari inglesi? Ireland is freedom. Not Heroin, Ireland. Beviamoci su, và.