Qualche tempo fa avevo un incontro professionale per discutere una questione giuridica con una serie di esperti.
Fra i partecipanti alla riunione c’era un distinto signore in abito elegante e dal volto familiare. Non ho faticato a riconoscerlo, era un noto docente. Per un attimo ho accusato il colpo, mi ha colta il timore reverenziale: la mia controparte era un osso duro.
Gli porgo la mano per presentarmi e il tipo mi offre la sua mano molliccia, o meglio, mi sfiora le dita con mezzo medio, mezzo indice e mezzo anulare, senza neppure guardarmi negli occhi. Linguaggio del corpo chiarissimo: io esigo distanza da te.
Inizia la riunione ed espongo le mie ragioni con calma. Arriva il
turno del professore e questi replica alle mie argomentazioni rivolgendosi ai presenti e indicandomi con l’appellativo: “La gentile Signora”.“La gentile Signora ha detto ….bla bla bla, io invece dico bla bla bla”
“La gentile dottoressa ha detto bla bla bla …, io affermo invece bla bla bla”
Più ripeteva “gentile”, più il suo tono diventava arrogante
E in me montava il furore! “Gentile” a chi!?
Né gentile né scortese, la mia esposizione era stata semplicemente tecnica.
Per quanto mi riguardava, il professorone poteva divorarsi la sua ironia in un solo boccone indigesto.Che senso aveva chiamarmi “gentile”? Il tono era sprezzante, non era certo un atto di galanteria. E se anche fosse stato un tentativo di galanteria, sarebbe stato fuori luogo: galanteria e argomentazioni giuridiche che ci azzeccano fra loro? Sarebbe come mescolare lo Chanel n. 5 con il ragù di cinghiale, le orchidee con il fieno per le capre.
E soprattuto, la domanda principale è: se fossi stata un uomo, si sarebbe rivolto a me chiamandomi “Gentile Signore”? Certo che no.
Supponente e sessista, ecco com’era, una combinazione mortale di elementi. Mortale per lui, naturalmente. Senza entrare nei particolari, vi dico solo che chi dirigeva la riunione ha dato facoltà di controreplica solo a me, freddando il professorone che cercava di riprendere la parola.Questo è uno degli episodi che voglio raccontare a mia figlia quando diventerà più grande.
Perché ci sono e ci saranno sempre uomini che tenteranno di prevaricare noi donne solo in quanto donne, che proveranno a limitare il nostro diritto di parola e la nostra libertà di pensiero biascicando falsi complimenti, che ci discrimineranno ironizzando sulla nostra femminilità. E noi non dobbiamo permetterglielo.Questo è un episodio che voglio raccontare anche a mio figlio, quando crescerà. Perché sappia rispettare tutte le persone allo stesso modo, senza distinzione di generePerché la differenza principale fra le persone non è fra uomini e donne ma fra muli e cavalli purosangue.
Che ne pensate?A voi è mai capitato di sentirvi discriminate in quanto donne?
Ketty