Dai rivoluzionari anni dei Beatles fino alla scoperta della cultura indiana e la ricerca spirituale. Tutta la vita di George Harrison si legge nelle foto (alcune scattate dallo stesso musicista) che Martin Scorsese trasforma abilmente in una riflessione sull’immagine e la sua massificazione.
La prima parte del film-documentario è incentrata sugli anni del fenomeno Beatles, all’“arte come viaggio e visione (Paul McCartney)”. Le interviste/testimonianze si alternano a fotografie e video inediti creando un piacevole percorso con due ritmi differenti che sembrano rispecchiare la duplice anima di George Harrison: quella contrastata dall’immagine del divo beatlesiano e quella meditativa, di rifugio e di ricerca della propria spiritualità per non perdersi nei meandri del materialismo conseguenza del successo, della fama.
Il “perché sono al mondo”, la continua ricerca del senso delle cose animano la seconda parte del film. Il percorso interiore si scompone sulla pellicola nella sua complessità, la narrazione rispecchia il secondo periodo di vita dell’artista: “con il fuoco dentro: saturo del mondo materiale, si era convinto a cercare la spiritualità delle cose – e la sua vita appare quindi come una serie di sparizioni e riapparizioni, di viaggi e ritorni (Olivia Harrison)”.
L’india e le sonorità del sitar di Ravi Shankar, l’incontro con Maharishi Yogi, la meditazione trascendentale e la scoperta delle droghe come strumento di conoscenza di sé, il periodo da musicista solista, la passione per il cinema con la produzione di Brian di Nazareth dei Monty Python, la vicenda di Pattie Boyd ed Eric Clapton. Un documentario camaleontico che segue i cambiamenti della vita del protagonista, che evoca attraverso immagini e testimonianze frammenti della sua esperienza artistica e di uomo nel tentativo di tracciare i percorsi della sua mente e del suo spirito.
“It took a long, long, long time
Now I’m so happy I found you
Now I love you…”
Da “The Beatles” (White Album) la canzone “Long Long Long” di George Harrison
T.iG.er