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George R.R. Martin, Daniel Abraham e Tommy Patterson: A Game of Thrones volume 2

Creato il 01 giugno 2013 da Martinaframmartino

George R.R. Martin, Daniel Abraham e Tommy Patterson: A Game of Thrones volume 2Avevo scritto che A Game of Thrones, il primo volume dell’adattamento fumettistico delle Cronache del ghiaccio e del fuoco di George R.R. Martin non mi era piaciuto. Voi cosa fate quando acquistate un’opera che non vi piace? Acquistate il seguito, naturalmente.

No, non sono masochista, e in genere se una saga non mi piace non vado oltre il primo volume. Addirittura sconsiglio l’acquisto di più volumi in blocco di uno scrittore che non si conosce, o che si conosce solo di fama, perché per quanto lo scrittore possa essere bravo nessuno può piacere a tutti, ed è meglio dover tornare in libreria a fare nuovi acquisti che scoprire di aver buttato via soldi su due o più libri inutili. Però Martin è Martin, e io non ho proprio potuto fare a meno di comprare A Game of Thrones volume 2, recentemente pubblicato da Italycomics.

Prima di passare al secondo volume ripropongo la recensione del primo.

George R.R. Martin, Daniel Abraham e Tommy Patterson: A Game of Thrones volume 2
Le cronache del ghiaccio e del fuoco sono nate come una serie di romanzi. Tutto quello che ruota intorno alla storia di George R.R. Martin, merchandising, serie televisiva e graphic novel, è arrivato dopo, e anche se si tratta di un fatto risaputo non per questo è meno importante.

Una graphic novel nata come tale fin dall’inizio ha i suoi propri tempi, le sue strutture e le sue regole. Un adattamento si basa su qualcosa di preesistente, in questo caso un’opera di narrativa, e non è detto che i tempi coincidano o che le varie situazioni possano essere trasposte tanto facilmente.

A Game of Thrones vol. 1 raccoglie i primi sei fascicoli della graphic novel, corrispondenti a poco più di un quarto del romanzo su cui è basato. In teoria ciascuna opera dovrebbe essere valutata autonomamente, ma il confronto è comunque inevitabile, anche perché la maggior parte dei lettori di questa versione della storia conoscono già quella di partenza.

Rispetto al romanzo ci sono tre differenze sulla sequenza dei capitoli dovute alla necessità di presentare una porzione significativa della storia in ciascuno dei fascicoli che hanno costituito la prima pubblicazione. Nel primo caso l’inserimento di un capitolo di Daenerys alla fine del terzo fascicolo al posto di uno di Jon, che diventa il primo del quarto, non crea alcun tipo di problema, anche perché le due storie sono lontanissime fra loro a livello geografico e non hanno alcun tipo di contatto. Discorso analogo per l’anticipo di un altro capitolo dedicato a Daenerys proprio a fine volume, che fa slittare a pagine non ancora pubblicate due capitoli dedicati a Tyrion e Arya. Meno convincente è l’anticipo di un capitolo dedicato a Catelyn nella quinta sezione che determina un semplice slittamento all’interno dello stesso fascicolo di due capitoli dedicati a Eddard e Bran. In questo modo si perde la continuità degli eventi visti nel romanzo prima con gli occhi di Sansa e poi con quelli di suo padre e si anticipano troppo le vicende di Catelyn, creando qualche difficoltà nella cronologia degli eventi.

Se questo fosse l’unico problema della sceneggiatura firmata da Daniel Abraham, amico e collaboratore di lunga data di Martin, avremmo comunque potuto avere un buon prodotto. Invece quest’opera non convince su più fronti, a cominciare proprio dall’adattamento.

La sezione di romanzo trasposta in questo volume e il volume stesso hanno quasi la stessa lunghezza, con la graphic novel più corta solo di una ventina di pagine. Eppure il testo risulta enormemente compresso, al punto che la storia sembra procedere a scatti.

George R.R. Martin, Daniel Abraham e Tommy Patterson: A Game of Thrones volume 2
Questa non è la prima storia delle Cronache del ghiaccio e del fuoco sottoposta a un simile cambiamento di forma artistica. Era già successo sia a The Hedge Knight che a The Sworn Sword, i primi due racconti dedicati a Dunk ed Egg, sceneggiati da Ben Avery e arrivati anche da noi con i titoli Il cavaliere errante e Spada Giurata. Avery era stato più fortunato, aveva avuto a disposizione uno spazio maggiore per sviluppare le due storie, con una cinquantina di pagine in più rispetto al testo di base, ma la sua impostazione era comunque stata molto diversa.

Posto che Martin è uno scrittore molto visuale, e che si sofferma a lungo nel descrivere ogni singolo dettaglio della scena che sta rappresentando, tutte queste pagine possono essere condensate in un’illustrazione molto dettagliata, come infatti avviene. Però George dedica parimenti molto spazio ai dialoghi, ai monologhi interiori per chiarire lo stato emotivo dei suoi personaggi, o ancora a una minuziosa ricostruzione di molti elementi apparentemente marginali come i rapporti fra le varie figure che presenta o i ricordi di eventi passati. Tutte cose che qui spariscono.

Se Avery usa didascalie molto lunghe, che rendono la lettura un po’ più lenta rispetto alla maggior parte dei fumetti ma trasmettono bene l’atmosfera della storia di Martin e fanno capire motivazioni nascoste e retroscena, Abraham preferisce ridurle al minimo affidandosi principalmente alle immagini. In questo modo però molti passaggi risultano così abbreviati da divenire di difficile lettura e la fluidità della storia, che in teoria sarebbe dovuta aumentare, diminuisce. Il lettore si trova davanti tante piccole scene staccate e deve soffermarsi per i necessari collegamenti mentali, non sempre di facile intuizione.

Per un lettore che già conosce la storia si tratta di un piccolo fastidio che rende difficile l’immedesimazione, per un lettore nuovo a volte possono esserci davvero problemi di comprensione degli eventi.

Un altro problema è dato dalla sequenza dei punti di vista. Martin scrive ciascun capitolo mostrando gli eventi con gli occhi di un diverso personaggio, nel caso specifico con (nell’ordine, prologo escluso) i punti di vista di Bran, Catelyn, Daenerys, Eddard, Jon, Arya, Tyrion e Sansa. Nel romanzo lo stacco è ben visibile, segnalato dalla fine di un capitolo e dall’inizio del successivo, con il nome del personaggio a fungere da titolo per il capitolo stesso.

Nella graphic novel questa divisione scompare, le pagine si susseguono una dopo l’altra con l’unica distinzione data dal diverso colore di sfondo delle varie didascalie. Troppo poco perché la cosa possa essere notata con facilità, specie nel caso di due capitoli consecutivi che presentino un’ambientazione simile. Il risultato è un senso di spaesamento che per alcuni istanti coglie il lettore a ogni cambio di capitolo.

Bocciata la sceneggiatura, non sono di qualità superiore i disegni di Tommy Patterson. Se gli sfondi possono andare, sufficientemente dettagliati e distinti fra loro anche grazie alle differenti tinte scelte per le coloriture da Ivan Nunes, i personaggi sono goffi e legnosi nei lineamenti e nelle espressioni come nei gesti che compiono. Non basta il continuo cambio di inquadrature o l’alternanza fra vari piani e campi per rendere il senso di movimento di personaggi congelati nel singolo istante in cui sono raffigurati.

Quanto al colore, efficace nell’ambientazione, si limita nei volti a renderli gonfi come palloncini, ma senza donargli traccia di un corpo reale con le sue rotondità e le sue zone scavate.

George R.R. Martin, Daniel Abraham e Tommy Patterson: A Game of Thrones volume 2
L’ultimo aspetto è quello della traduzione. Paolo Accolti Gil, fondatore della casa editrice e traduttore dell’opera, ha tenuto a sottolineare come questa sia una nuova traduzione, ben lontana da quanto già fatto da Sergio Altieri e da Mondadori per i romanzi di Martin. Infatti all’inizio di ogni fascicolo inserisce una pagina di note in cui spiega quale sia il termine originario, in che modo sia stato tradotto in passato e quali sono i motivi alla base delle sue scelte. Intenzione lodevole ma a tratti poco convincente, a partire proprio dalla prima parola esaminata, Wildings. Il traduttore opta per selvatici basandosi sul fatto che il primo significato di wild è selvatico, ma trascura il fatto che tra i vari significati del termine ci sia anche violento e che, visto che gli appartenenti a quel popolo sono percepiti come una minaccia da coloro che vivono sulla Barriera, la scelta del termine Bruto non è così tanto fantasiosa e trasmette molto meglio il senso di minaccia rispetto a un meno forte selvatico. Basta leggere lo scambio di battute fra Ned e Bran nel primo capitolo per percepire che qualcosa non torna. Bran dice al padre che l’uomo che è appena stato decapitato “era un selvatico. Loro portano via le donne per venderle agli altri”, cancellando ogni intonazione minacciosa. Un selvatico, a differenza di un Bruto, sembra più uno spauracchio per bambini che una minaccia per gli adulti, e gli altri potrebbero essere tranquillamente altri selvatici, popoli con costumi diversi, più che le minacciose creature estranee (e quindi totalmente aliene) viste nel prologo.

Non aiuta il fatto che, essendo questo un fumetto, tutto il testo è naturalmente scritto in stampatello maiuscolo e quindi si perdono le iniziali maiuscole. Gli altri diventano indistinguibili dagli Altri, perciò sparisce anche questo piccolo appiglio per dare alle frasi la giusta connotazione di minaccia.

Quanto agli uomini che si trovano sulla Barriera, i Night’s Watch, chiamarli Guardia notturna invece che Guardiani della Notte li fa somigliare più a dei comuni poliziotti che ai guerrieri che realmente sono. Insomma, se rinominare The Hand of the King Mano del re al posto dell’errato Primo cavaliere era semplicemente giusto, e giustificato dai disegni che certamente vedremo in futuro, alcuni cambiamenti danno più l’impressione della voglia di fare qualcosa di diverso che di essere una reale necessità, quando non suonano proprio goffi.

Sceneggiatura, disegni e traduzione. Nessuno di questi aspetti convince, ma il volume dona ugualmente qualcosa su cui riflettere. Si tratta di una semplice didascalia a commento di un flasback nel primo capitolo di Daenerys, quando la ragazza ripensa ai racconti che le ha fatto il fratello sulla Battaglia del Tridente. “Loro fratello Rhaegar che si batteva con l’Usurpatore nelle insanguinate acque del Tridente e moriva per la donna che amavano entrambi” riporta un testo che non può che far suonare parecchi campanelli d’allarme nella testa dei lettori. E visto che il testo è stato supervisionato da Martin, che in un paio di scene ha chiesto di realizzare delle piccole modifiche perché ciò che era stato realizzato non si accordava con eventi che lui doveva ancora descrivere, si può star certi che questa non è un’interpretazione troppo libera dello sceneggiatore.

Troppo poco per apprezzare un’opera che, inevitabilmente, interessa in primo luogo i fan dei romanzi che, inevitabilmente, non possono evitare di fare paragoni. Se i lettori che non hanno una conoscenza precedente delle Cronache del ghiaccio e del fuoco difficilmente vorranno approfondire le loro esplorazioni nel mondo creato da Martin, gli altri non potranno che constatare con una certa delusione che quest’opera non regge il confronto con quella di partenza.

George R.R. Martin, Daniel Abraham e Tommy Patterson: A Game of Thrones volume 2
Sconfortante, vero? E non è un problema delle graphic novel in sé visto che Il cavaliere errante e Spada giurata mi sono piaciuti molto. Seguono spoiler dal Trono di spade e dal secondo volume della graphic novel.

Le firme di questo secondo numero sono le stesse, perciò è ragionevole attendersi la stessa delusione. All’inizio sono stata sorpresa: la sceneggiatura di Abraham mi pareva migliorata. Ci sono alcune pagine con lunghe didascalie, caratteristica non abituale per una graphic novel che però avvicina un po’ il testo alla profondità di quanto raccontato da Martin. Avvicina un po’ e basta, attenti a non esagerare, e poi la cosa dura poco. Probabilmente Abraham ha avuto a disposizione troppe poche pagine per narrare a dovere la storia e ha riassunto in modo eccessivo, facendo perdere anche elementi importanti o togliendo il divertimento. Spero che, se deciderà di andare avanti oltre al primo romanzo, Bantam conceda allo sceneggiatore più pagine, e spero anche che cambi disegnatore. E pure il colorista, quando si fa un lavoro è meglio farlo bene.

A un certo punto sono pure scattata verso i libri per controllare la presenza di un errore. No, stavolta Sergio Altieri non c’entra nulla, lui non ha tradotto i fumetti e questo non è un errore di traduzione. È un errore di disegno, e non mi riferisco a certe goffaggini che mi irritano ogni volta che le vedo. Io non sarà quella gran disegnatrice ma ho fatto il Liceo artistico, e alcune cose i miei occhi le vedono e non possono fare a meno di comunicarle a cervello e stomaco. Il primo inizia a fumare, il secondo a rivoltarsi e non è una bella sensazione.

Purtroppo non ci sono numeri di pagina, secondo me per comodità dell’editore. Italycomics ha pubblicato – come già l’editore americano – una serie di piccoli fascicoli dedicati a tre (quasi sempre, in almeno un caso sono solo due) capitoli del romanzo. Ciascun fascicolo in teoria dovrebbe avere la sua numerazione a partire dall’uno. Ma il libro che ho comprato io è la raccolta di sei fascicoli, e non può esserci sei volte la pagina uno. O si stampano pagine differenti a seconda che siano destinate ai singoli fascicoli o al libro più grande, o non si mettono i numeri e le pagine vanno sempre bene.

Si tratta dell’ultima vignetta del capitolo 28 dedicato a Catelyn e di alcune delle prime vignette del capitolo 31 dedicato a Tyrion.

Nel Trono di spade (Oscar bestsellers) a pagina 359 Tyrion ripensa alla sua cattura. “Solamente due del gruppo dei Frey avevano fatto il gesto di partecipare, aveva rilevato Tyrion, ma si erano affrettati a tornare a sedersi nel momento in cui avevano visto che il loro comandante non si era mosso.” Qui invece vediamo chiaramente che fra i catturatori ci sono anche alcuni Frey. Cos’è successo? In assenza di spiegazioni da parte dei diretti interessati faccio io un’ipotesi.

Abraham nella sceneggiatura ha scritto che una dozzina di uomini catturava il Folletto e Patterson, che evidentemente non ha letto il libro o se lo ha fatto era meno attento di me, li ha vestiti come ha preferito. Tre immagini più in su sono citati i Frey con le loro Torri gemelle? Benissimo, allora mettiamo i Frey.

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Va bene, io sono una rompiscatole che fa le pulci su tutto. Quest’adattamento, ricordo, è basato sui romanzi. Quando la serie televisiva ha iniziato a essere trasmessa il gruppetto era al lavoro già da un pezzo, e si vede. Ci sono lacune, riassunti eccessivi, qualche libertà ma il tentativo è quello di rimanere fedeli al romanzo, mentre la televisione spesso prende tutta un’altra strada. Perciò trovare incongruenze è ancora più sorprendente. E poi si perdono pezzi. Nel capitolo 30 dedicato a Eddard, il re troppo grasso per entrare nella sua armatura ordina ai suoi scudieri di andare a prendere un “allarga armatura”. Al di là del fastidio di veder tradotto in modo diverso il nume di un oggetto inesistente, definito “giunta alla placca frontale” a pagina 339 del romanzo, si perde tutta l’ilarità e la complicità successiva. Nel fumetto i ragazzi escono e si passa a parlare d’altro, nel romanzo il re li prende in giro prima di passare a parlare della sua lite con Cersei.

Peggio va qualche pagina più avanti, nello scontro fra Sandor e Gregor Clegane, descritto a pagina 348 del libro. Nella graphic novel la Montagna che cavalca potrebbe tranquillamente sgozzare il fratello, e non lo fa solo a causa dell’intervento di Robert. Nel libro non c’era nessun indizio su chi avrebbe vinto, anche se Sandor evitava deliberatamente di colpire il volto scoperto del fratello. La scena è stata resa deliberatamente più drammatica, ma io non ne sentivo proprio il bisogno.

L’ultimo punto che segnalo per qualcuno può essere una sorpresa, per me è una conferma. A differenza di quanto avviene nel romanzo, noi vediamo i volti dei due uomini sentiti per caso da Arya. Sono Varys e Illyrio, e se non mi credete prendete il primo numero della graphic novel per fare il confronto con il volto del magistro che per qualche tempo ha ospitato Daenerys. Non ho scoperto io la sua identità, mi è stata detta anni fa e chi l’ha capita aveva indubbiamente ragione. Uno dei due dice che gli servono altri uccelletti, e non può essere che Varys. L’altro “aveva una barba biforcuta di colore giallo”, “era molto grosso, però pareva camminare con leggerezza, spingendo il proprio peso sulla parte anteriore dei piedi come avrebbe fatto un danzatore dell’acqua. Nel chiarore della torcia, i suoi anelli mandavano lampi: argento pallido e oro rosso, tempestati di rubnii, zaffiri, occhi di tigre. Aveva un anello per dito, in qualcuno addirittura due” (pag. 378). In più aveva una “voce con l’accento melodioso delle Città Libere”(377), e guarda caso Pentos è una di quelle città. Quanto a Illyrio, “per la mole che aveva, si muoveva con sorprendente leggerezza. A ogni passo, rotoli di adipe tremolavano sotto gli ampi abiti di seta dai colori sgargianti. Aveva anelli d’oro tempestati di pietre preziose a ogni dito. Uno schiavo gli aveva intriso di unguento la bionda barba biforcuta” (pagine 39-40).

Serve altro? Nel primo romanzo non c’è una mappa del mondo, ma Approdo del Re (King’s Landing) e Pentos sono vicinissime, una di fronte all’altra, separate solo dal Mare Stretto. Abbastanza facile comunicare fra queste due città. Quanto ai rapporti fra i due, se ne scoprirà qualcosa solo molto più avanti.

George R.R. Martin, Daniel Abraham e Tommy Patterson: A Game of Thrones volume 2



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